“Don Bosco ritorna fra i giovani ancor…”, non è rimasto il ritornello d’un canto di quando servivo messa in parrocchia con gli amici di scuola, ma il ricordo dell’intensa giornata, il 31 gennaio, con la proiezione della vita di don Bosco, i bomboloni delle suore e tante collegate iniziative che, da quasi mezzo secolo, ha permesso alla parrocchia il dialogo con il mondo intero. Anche quest’anno grazie a don Virgilio Annetti, le suore e i catechisti, continua lo sforzo di comunione spirituale e umana proposta al nostro paese. Tutto questo, ancora una volta, come alternativa alla crisi, termine così inflazionato, quanto certificato di sconfitta della cultura individualista. Ad essere andata in crisi è soprattutto l’idolatria dell’effimero, con tutte le sue conseguenze. L’antica proposta cristiana si attualizza come non mai: l’ansia di libertà e giustizia, in Dio fondate, riaccende in ognuno il desiderio di costrurire l’esistenza sulla roccia, anche se più impegnativa dell’argilla. Don Bosco, oggi santo, insegnava ai giovani del suo tempo – specialmente i più esclusi dalla società – proprio questo: scommettere con Cristo, per vivere della Sua luce!
Alcuni mesi fa ho avuto la fortuna di incontrare un biblista ebreo, Alexander Rofè. In visita alla città di Arezzo, rimase colpito dal crescente numero di giovani presenti alla messa domenicale. Molte volte, parlo prima di tutto a me stesso, respingiamo i frutti che il Signore elargisce sul nostro cammino, ritenendoli scontati, superflui, quando non addirittura soccombenti ai nostri risultati umani. Questo perché siamo ancora una volta catturati dall’apparenza, specie quando formalmente diciamo di contrastarla. Dalla crisi “uscirà una Italia più sobria e più giusta” ha detto il Presidente della Repubblica. Ancora ci è chiesto di realizzare la coesione sociale e di sforzarci oltre misura: dal basso questo obbiettivo si sta realizzando, la parrocchia di Rigutino, con le attuali difficoltà, continua a esserne esempio.