Questa mattina, lunedì 17 giugno, don Ivan Marconi è stato chiamato alla Casa del Padre. Il funerale sarà celebrato mercoledì 19 giugno, alle ore 16:00, in Cattedrale.
Lutto in diocesi

Diocesi di
Questa mattina, lunedì 17 giugno, don Ivan Marconi è stato chiamato alla Casa del Padre. Il funerale sarà celebrato mercoledì 19 giugno, alle ore 16:00, in Cattedrale.
Oggi, giovedì 13 giugno, Mons. Vezio Elii è stato chiamato alla Casa del Padre. Il funerale sarà celebrato sabato 15 giugno alle ore 16:00 presso la parrocchia di Castelnuovo Berardenga.
Nei giorni scorsi, il Ministero della Cultura ha dato notizia di aver stanziato ulteriori 129 milioni di euro, tratti dalle risorse del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), per il restauro e la messa in sicurezza sismica di edifici di culto, portando così a circa 374 milioni di euro l’ammontare complessivo dei contributi erogati per tali interventi da giugno 2022: fra questi, nell’ultimo stanziamento, 940mila euro sono stati destinati all’adeguamento sismico della Pieve di San Pancrazio a Sestino, nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Della struttura originaria di quell’antica chiesa – edificata fra il IX e il X secolo – resta oggi soltanto la cripta: nel corso dei secoli, infatti, l’edificio ha subito numerosi interventi di restauro e rimaneggiamento, spesso in conseguenza di terremoti, il più grave dei quali, avvenuto il 3 giugno 1781, richiese la sostanziale ricostruzione della chiesa da parte del granduca Pietro Leopoldo I.
Per lungo tempo Pieve ha fatto parte della diocesi di Montefeltro; nel corso del XV secolo assunse giurisdizione ecclesiastica autonoma come nullius diocesis, conservata fino al 1779, quando il granduca di Toscana favorì l’unione del territorio della Pieve di Sestino, che raccoglieva circa 22 “popoli” e parrocchie, alla diocesi di Sansepolcro; dal 1986, è parte della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Anche nel corso del ‘900, eventi sismici hanno compromesso l’antica Pieve e costretto a numerosi restauri: da ultimo, i terremoti del 1997 e del 2001 hanno nuovamente richiesto interventi di consolidamento della struttura che, tuttavia, specie dopo il sisma del 2001, necessita ancora di opere di miglioramento sismico con interventi alle fondazioni, alla chiesa, alla canonica, nonché lavori di restauro conservativo alle mura in pietra dell’abside duecentesca, agli intonaci, alle tinteggiature, alla scala di ingresso della canonica, alla pavimentazione esterna antistante i locali della canonica e alla regimazione delle acque meteoriche.
Per queste ragioni, nell’autunno dello scorso anno, l’Ufficio beni culturali della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro ha inoltrato al Ministero della Cultura, per il tramite della Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo, un’approfondita relazione con la richiesta di finanziamento dei lavori di consolidamento e di restauro, da tempo auspicati dalla comunità civile e religiosa di Sestino.
«Siamo davvero grati al Ministero, nelle sue articolazioni centrali e territoriali, per questo importante contributo – il più ingente fra quelli destinati, con quest’ultimo provvedimento, a sette edifici di culto della Toscana – e a tutti coloro che hanno reso possibile un risultato del genere che ci consentirà di mettere in sicurezza e di restaurare l’insigne Pieve di Sestino», ha dichiarato il vescovo monsignor Andrea Migliavacca.
«Quell’antica chiesa», ha proseguito il Vescovo, «costituisce da più di mille anni il cuore della vita liturgica delle comunità cristiane che hanno vissuto e vivono ancora a cavallo delle valli del Marecchia, del Foglia e del Metauro, ricalcando abbastanza fedelmente i confini dell’antico municipio romano di Sestino; nelle diverse occasioni in cui ho avuto modo di recarmi a Sestino e di incontrarne la gente, ho avvertito il carico di storia e di memoria rappresentato dalla Pieve di San Pancrazio, come pure la dedizione e la cura che quella comunità le riservano; per questo, sono davvero lieto che possano avviarsi presto i programmati interventi di consolidamento sismico e di restauro».
Si comunica che oggi, giovedì 30 maggio, il nostro caro DON CARLO CANNELLI è stato chiamato alla casa del Padre.
Il funerale sarà celebrato domani venerdì 31 maggio alle ore 15.00 nella Chiesa parrocchiale di Carda.
Ai presbiteri si ricorda per la Celebrazione di portare camice e stola viola. I Vicari Zonali e i Vicari Foranei sono pregati di comunicare la notizia ai confratelli.
Nella giornata di ieri è venuto a mancare don Antonio Reges, sacerdote che per anni ha svolto il suo servizio pastorale in Diocesi.
Era a Porto Alegre in Brasile; i funerali saranno celebrati oggi alle 17,00 ora locale a Pelotas, la sua Diocesi di origine.
La tragica morte di Manuel Cavanna, il giovane cortonese che ieri, a Montepulciano, ha perso la vita in seguito a un grave incidente sul lavoro, ha destato dolore e sgomento anche nella comunità cristiana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Il vescovo monsignor Andrea Migliavacca, appresa la notizia, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Desidero esprimere, anzitutto, il mio cordoglio e la mia preghiera per Manuel, il giovanissimo meccanico che ieri è morto mentre stava lavorando. Vorrei manifestare i miei sentimenti di vicinanza alla sua famiglia e a tutti i suoi cari. Ancora una volta ci troviamo, attoniti, a piangere la morte di un giovane lavoratore, a causa di un incidente; sono notizie che ci raggiungono troppo spesso: dobbiamo riflettere su quello che è accaduto per promuovere e per impegnarci, tutti, a favorire e sviluppare maggiore attenzione per la sicurezza nel mondo del lavoro».
A questo proposito, il Vescovo ricorda che il tema della sicurezza sul luogo di lavoro è da tempo al centro anche della riflessione del mondo cattolico: «In più di un’occasione, papa Francesco ha indicato come prioritaria la considerazione della responsabilità verso i lavoratori»; il riferimento di monsignor Migliavacca è, in particolare, a un intervento del Papa tenuto nel settembre scorso, in occasione di un incontro con l’Associazione mutilati e invalidi del lavoro.
È stato annunciato oggi, a mezzogiorno, che papa Francesco, accettando la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Firenze, presentata dal cardinale Giuseppe Betori, ha eletto nuovo arcivescovo metropolita il reverendo don Gherardo Gambelli, finora Parroco dellaMadonna della Tosse, nella stessa arcidiocesi di Firenze.
Il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Andrea Migliavacca, ha espresso all’arcivescovo eletto, don Gambelli, le felicitazioni sue e della Chiesa diocesana per la nomina del Santo Padre: “Desidero rivolgere all’arcivescovo eletto i miei fraterni auguri, assicurandogli fin d’ora la vicinanza e la preghiera mie e della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro; la nostra Chiesa diocesana, che è legata da vincoli di comunione ecclesiale con la Chiesa metropolitana fiorentina, di cui è suffraganea, gioisce insieme con l’arcidiocesi di Firenze, per la nomina del nuovo Pastore”.
Il vescovo Andrea ha voluto rivolgere anche un pensiero grato e affettuoso al cardinale Giuseppe Betori, che ha retto dal 2008 l’arcidiocesi di Firenze per il generoso e importante contributo che ha offerto in questi lunghi anni sia come nostro metropolita, sia come presidente della Conferenza episcopale toscana: “In numerose occasioni il cardinale Betori è stato presente anche in mezzo a noi, nella nostra Diocesi, e ha accompagnato momenti importanti per la nostra comunità;molti lo ricordano, in particolare, accanto al Santo Padre Benedetto XVI, il 13 maggio 2012, in occasione della visita pastorale ad Arezzo e a Sansepolcro”. Il Vescovo Andrea è legato da particolari vincoli di amicizia con il cardinale Betori sin dal suo arrivo in Toscana nel 2015: “Sono grato al cardinale Betori per i segni di accoglienza che mi ha riservato quando dalla Lombardia sono arrivato in Toscana come Vescovo di San Miniato”.
Il vescovo Andrea ha voluto rivolgere anche un pensiero grato e affettuoso al cardinale Giuseppe Betori, che ha retto dal 2008 l’arcidiocesi di Firenze per il generoso e importante contributo che ha offerto in questi lunghi anni sia come nostro metropolita, sia come presidente della Conferenza episcopale toscana: “In numerose occasioni il cardinale Betori è stato presente anche in mezzo a noi, nella nostra Diocesi, e ha accompagnato momenti importanti per la nostra comunità; molti lo ricordano, in particolare, accanto al Santo Padre Benedetto XVI, il 13 maggio 2012, in occasione della visita pastorale ad Arezzo e a Sansepolcro”. Il Vescovo Andrea è legato da particolari vincoli di amicizia con il cardinale Betori sin dal suo arrivo in Toscana nel 2015: “Sono grato al cardinale Betori per i segni di accoglienza che mi ha riservato quando dalla Lombardia sono arrivato in Toscana come Vescovo di San Miniato”.
“Sub tutela Dei. Sotto la protezione di Dio”. È questo il titolo della mostra sul giudice Rosario Angelo Livatino, assassinato dalla mafia nel 1990 e proclamato beato nel 2021, che è possibile visitare fino al 23 aprile ad Arezzo nel Loggiato di San Donato. La mostra, presentata per la prima volta al Meeting di Rimini, nasce per far conoscere la figura attualissima del beato Livatino, ed è articolata su pannelli con foto e documenti in cui vengono rappresentati i vari momenti della vita del giovane magistrato, incluso il giorno dell’agguato e della sua uccisione. Il taglio del nastro dell’esposizione, realizzata in collaborazione tra Diocesi, Acli della provincia di Arezzo e Comunione e Liberazione di Arezzo, è stato effettuato dal vescovo Andrea Migliavacca.
“La peregrinatio delle reliquie del beato Livatino nella nostra diocesi – spiega il vescovo Andrea Migliavacca – è occasione per richiamarci sui temi della giustizia, dell’equità, della ricerca del bene comune e della testimonianza del Vangelo anche nella cosa pubblica. È un’importante testimonianza che vogliamo raccogliere soprattutto per i giovani e pensando a un mondo migliore”.
L’inaugurazione della mostra (modalità di accesso e orari nel volantino allegato) precede e accompagna la peregrinatio della reliquia del beato Rosario Angelo Livatino che verrà accolta dal 17 al 19 aprile nella Cattedrale di Arezzo. Il pensiero del giovane magistrato infatti oggi raggiunge scuole, parrocchie, enti grazie anche alla peregrinatio di una reliquia. La camicia che Livatino indossava il giorno del suo assassinio, consunta dal sangue del martirio, che per 32 anni è stata un reperto processuale conservato negli armadi blindati del Tribunale di Caltanissetta, chiesta in affidamento dalla Curia di Agrigento e conservata in una teca d’argento e che dal 19 settembre 2021 viaggia per l’Italia.
“Questa iniziativa è stata voluta per avvicinare la cittadinanza, specialmente i giovani, a una figura positiva del nostro tempo – dice il prof. Luca Vanni, direttore dell’Ufficio Scuola della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro -. Non è giusto chiamarlo eroe, ma una persona giusta, non solo perché amministrava la giustizia, ma perché lo faceva con equità, mosso da un grande senso civico. Una grande figura quindi dal punto di vista civile e della storia della Repubblica Italiana, ma anche dal punto di vista della fede. Diceva che il giudice giusto non può valutare solo l’errore, ma deve farsi guidare anche dal non svalutare mai la persona che si ha di fronte. Per evitare questo diceva che la fede gli era stata di grande aiuto. Per questo andava tutte le mattine alla Messa nella parrocchia vicina al tribunale. Lo faceva in incognito, senza dire chi fosse. lo stesso parroco scoprirà solo dopo la morte che si trattava del giudice Livatino”.
Il pellegrinaggio della reliquia in terra aretina prevede vari momenti liturgici e culturali (programma dettagliato in allegato). In particolare si segnalano il convegno di giovedì 18 aprile alle 10 nel Palazzo Vescovile dedicato al tema “La giustizia riparativa” che vede intervenire, dopo i saluti del vescovo Andrea Migliavacca e mons. Giuseppe Cumbo, Vicario Generale di Agrigento, Sebastiano Mignemi, presidente della Corte d’Assise di Catania, Linda Gambassi, Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Pistoia, Maria Grazia Giampiccolo, Direttrice della Casa di reclusione a San Gimignano; il convegno è moderato da mons. Alessandro Conti, Vicario Generale della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. Alle 16, in Seminario si svolgerà il convegno pensato soprattutto per gli insegnanti di religione dal titolo “Giustizia riparativa, ascolto….accoglienza” con interventi di don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, Marco Pappalardo, autore del libro “Non chiamatelo ragazzino”, Virginia Drago, studentessa di giurisprudenza e il canonico don Andrzej Zalewski, Rettore del Seminario di Arezzo; modera l’incontro Luca Vanni, direttore dell’Ufficio Scuola diocesano. Un terzo convegno si svolge venerdì 19 aprile alle 10 in Cattedrale ed è intitolato “Chiesa cristiana e contrasto alle mafie” con interventi di mons. Giuseppe Cumbo, Vicario Generale di Agrigento e don Andrea Bigalli, Referente regionale Libera Toscana.
Nato a Canicattì (AG) il 3 ottobre 1952 e compiuti gli studi di giurisprudenza nell’Università di Palermo (1975), ha prestato inizialmente servizio come vicedirettore presso l’Ufficio del Registro di Agrigento (1977-1978). Entrato in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta (1978), ha ricoperto la carica di sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento (1979-1989) e successivamente quella di giudice a latere.
Nell’esercizio della professione, come nella vita personale, ha incarnato la beatitudine di «quelli che
hanno fame e sete della giustizia» e che per essa «sono perseguitati» (Mt 5,6.10), mettendo pienamente a frutto il dettato conciliare sull’apostolato dei laici, sulla scorta dell’esperienza maturata in seno all’Azione Cattolica.
La preghiera costante e la quotidiana partecipazione al mistero eucaristico, insieme alla solida educazione cristiana ricevuta in famiglia e corroborata dalla meditazione assidua della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa, hanno fatto di lui un autentico profeta della giustizia e un credibile testimone della fede, in un momento storico e in un contesto sociale tristemente segnati da una mentalità antievangelica e, sotto diversi aspetti, disumana e disumanizzante.
Con una coscienza profondamente libera dall’asservimento alle logiche umane e dai compromessi con i poteri forti di turno, caratterizzata da un’altissima levatura morale e da uno spiccato senso del dovere, si è consacrato “sub tutela Dei” a restituire dignità a un territorio ferito e offeso dalla mentalità e dalla prassi mafiose, annunciando il Vangelo attraverso la lotta all’ingiustizia, il contrasto della corruzione e la promozione del bene della persona e della comunità.
A pochi giorni dal suo trentottesimo compleanno, ha infine sigillato il suo prezioso ministero con il martirio, avvenuto il 21 settembre 1990 per mano di locali cosche mafiose, mentre si recava a svolgere il suo lavoro in tribunale.
Raccogliendo le molteplici attestazioni di santità a suo carico, il 19 luglio 2011 la Chiesa Agrigentina ha avviato il processo diocesano di beatificazione, che si è aperto ufficialmente il 21 settembre dello stesso anno nella chiesa di San Domenico in Canicattì e si è concluso il 6 settembre 2018. Dopo la solenne celebrazione di chiusura, che ha avuto luogo il successivo 3 ottobre nella Chiesa di Sant’Alfonso in Agrigento, gli atti del processo, integrati da un’inchiesta suppletiva, sono stati trasmessi alla Congregazione delle Cause dei Santi per i successivi adempimenti, che si sono finalmente conclusi con l’approvazione del Santo Padre, che in data 21 Dicembre 2020, ricevendo in udienza il Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione della Cause dei Santi ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto che ne riconosce il martirio . Ad Agrigento l’annuncio è stato dato, Lunedì 22 dicembre alle ore 12, nella Basilica Cattedrale dall’arcivescovo metropolita Card. Francesco Motenegro e dall’arcivescovo coadiutore Mons. Alessandro Damiano, alla presenza dei direttori e collaboratori degli uffici e servizi della curia e una rappresentanza di autorità civili delle comunità di Canicattì e Agrigento.
Il Rito di Beatificazione ha avuto luogo nella Basilica Cattedrale di Agrigento il 9 maggio 2021, A presiedere la celebrazione eucaristica il Card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e delegato pontificio. A concelebrare il Card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, il Card. Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo, Mons. Alessandro Damiano arcivescovo coadiutore, Mons.Vincenzo Bertolone, Postulatore, arcivescovo di Catanzaro- Squillace e i Vescovi delle Chiese di Sicilia. (vedi)
In preparazione a questo evento diocesano sono disponibili per i catechisti materiali per i bambini delle scuole elementari e medie.
MATERIALE PER I CATECHISTI
SCUOLA PRIMARIA: attività sulla figura del Beato R. Livatino per i catechisti dei bambini di scuola primaria.
👉🏻“Ti ringrazio, mio Signore” testo
👉🏻“Ti ringrazio, mio Signore” accordi
👉🏻 “Ti ringrazio, mio Signore” audio
SCUOLA MEDIA: attività sulla figura del Beato R. Livatino per i catechisti dei ragazzi di scuola media.
👉🏻“Perché la vostra gioia sia piena” testo
👉🏻“Perché la vostra gioia sia piena” accordi
👉🏻 “Perché la vostra gioia sia piena” audio
Sarà accolta e presentata martedì 16 aprile nella basilica concattedrale di Sansepolcro la grande pala d’altare raffigurante la Trinità e i santi Andrea apostolo, Maria Maddalena e Cristina, realizzata da Durante Alberti tra 1575 e 1576. Come già annunciato lo scorso novembre, l’opera, già esposta al pubblico nel 2012 in occasione del millenario di fondazione della basilica, è stata donata alla concattedrale dagli attuali proprietari, Eleonora e Bruno Botticelli e Fabrizio Moretti, in ricordo dei loro genitori Veria e Franco Botticelli e Alfredo Moretti.
La pala d’altare (olio su tela, cm 373 x 192,5) rappresenta al meglio le qualità pittoriche di Durante Alberti, originario di Sansepolcro e appartenente a una vera e propria dinastia di artisti (suo padre era l’intagliatore Romano, detto Nero, suoi cugini i pittori e incisori Alessandro, Cherubino e Giovanni). Durante Alberti (Sansepolcro 1538 circa – Roma 1613), a lungo attivo a Roma e nel Lazio, dove si inserì fra le fila dei pittori incaricati di ornare gli altari nel periodo della Controriforma, eseguì opere di severa impostazione spirituale, dovuta in particolare alla frequentazione dell’ordine cappuccino, per il quale lavorò a più riprese. Nella Trinità e i santi Andrea apostolo, Maria Maddalena e Cristina, in cui le figure in primo piano si stagliano sullo sfondo di architetture classiche, si ravvisano inoltre influssi dai pittori veneti, filtrati attraverso atmosfere di stampo baroccesco. La grande pala, databile fra il 1575 e il 1576 sulla base di documenti recentemente rinvenuti presso l’Archivio Storico Diocesano di Sansepolcro, fu realizzata per la cappella della famiglia Artini, o Aretini, addossata alla parete di sinistra dell’antica abbazia camaldolese, divenuta nel 1520 cattedrale della nuova diocesi di Sansepolcro. L’opera, ricordata nelle visite pastorali dal 1582, fu alienata dalla cattedrale nel 1859, durante un riallestimento della chiesa che comportò l’eliminazione di ben tredici altari. Entrò quindi a far parte della collezione della famiglia Lilloni Alberti, discendente dalla dinastia di artisti borghesi. A causa delle sue grandi dimensioni, all’epoca la tela era divisa in due frammenti, uno con la Trinità e l’altro con i Santi Andrea, Maria Maddalena e Cristina. I due frammenti furono acquistati a un’asta nel 2002 e correttamente restaurati e riuniti fra loro dagli attuali proprietari.
Con la donazione, i proprietari intendono risarcire la chiesa di una grave perdita subita in passato, commemorando così la memoria dei loro rispettivi genitori. “Questa donazione”, affermano Fabrizio Moretti e Bruno Botticelli, “oltre a legare la memoria dei nostri genitori alla restituzione di un’opera importante per la cattedrale di Sansepolcro, vuole essere un gesto significativo di affezione delle nostre famiglie nei confronti del patrimonio culturale del nostro paese, di distensione e positività per quei momenti difficili e di incomprensione tra il pubblico e il privato. È anche un gesto che suggella la nostra amicizia nata nella metà degli anni ’90 tra le pareti degli stand della mostra dell’Antiquariato di Assisi e arrivata fino ai nostri giorni. Abbiamo scelto questo momento particolare in cui ricopriamo due cariche importanti nel nostro settore, rispettivamente come Segretario Generale della BIAF e come Presidente degli Antiquari d’Italia”.
La sensibilità degli antiquari Botticelli e Moretti ha reso possibile questo ritorno dell’opera nel luogo per il quale fu realizzata e, sebbene l’assetto attuale non sia più quello cinquecentesco a motivo dei restauri architettonici degli anni 1934-43, nella chiesa l’opera sarà nuovamente accostata, dopo oltre un secolo e mezzo, a un altro raffinato dipinto eseguito da Durante Alberti e tuttora presente nella concattedrale, l’ancona raffigurante l’Adorazione dei pastori realizzata per la cappella Pichi. In tal modo è arricchito il patrimonio artistico della basilica, già cospicuo e impreziosito dalla presenza di opere quali il monumentale crocifisso ligneo detto Volto Santo(secc. IX/XIII), varie terracotte dei Della Robbia e pitture di Niccolò di Segna, Bartolomeo della Gatta, Pietro Perugino, Raffaellino del Colle, Iacopo Palma il Giovane, Santi di Tito, Federico Zoi e Romano Alberti.
A fare gli onori di casa, martedì pomeriggio, e a esprimere ai donatori la gratitudine dell’intera diocesi sarà il vescovo, mons. Andrea Migliavacca. Interverranno anche mons. Giancarlo Rapaccini, arciprete della concattedrale, Fabrizio Innocenti, sindaco di Sansepolcro, Serena Nocentini, direttrice dell’Ufficio diocesano beni culturali e arte sacra, e il dott. Andrea Di Lorenzo, storico dell’arte che illustrerà l’opera. La presentazione della pala d’altare avrà luogo alle ore 18.30. La giornata del vescovo a Sansepolcro si concluderà alle ore 21 con un incontro pubblico presso il Cinema Nuova Aurora.
Ha fatto ritorno a Sansepolcro la preziosa pala della Deposizione di Cristo, capolavoro cinquecentesco di Rosso Fiorentino, che aveva lasciato sette anni fa il capoluogo valtiberino per essere sottoposto a un importante restauro divenuto ormai improrogabile, affidato all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Com’è nato il restauro
Il progetto per il restauro della tavola di Rosso Fiorentino nasce in occasione della grande mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della ‘maniera’” ospitata nel 2014 a Palazzo Strozzi a Firenze. In tale occasione, la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro con la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo facevano notare la grande sofferenza della pellicola pittorica. La principale criticità era dovuta ai numerosissimi sollevamenti diffusi sull’intera superficie, causati dall’estrema rigidità del supporto ligneo, rigidità dovuta a un precedente intervento di restauro, avvenuto probabilmente tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 dopo il terremoto che colpì Sansepolcro nel 1789. Infatti a seguito di questa calamità furono aggiunte cinque traverse in legno di pioppo avvitate sul supporto, che hanno ostacolato i naturali movimenti del legno, e le forze così scaturite si sono ripercosse sul fronte del dipinto creando i sollevamenti. Al termine della mostra l’opera fece ritorno a Sansepolcro nel 2015 e grazie alla disponibilità dell’Opificio delle Pietre Dure a far eseguire il restauro nei propri laboratori e alla volontà manifestata dall’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, furono avviate dalla Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo le procedure tra le istituzioni coinvolte. Il 20 gennaio 2016 il delicato dipinto fu movimentato in sicurezza presso il laboratorio di restauro della Fortezza da Basso di Firenze.
Il restauro
Come consueto per l’Opificio l’intervento è stato preceduto da una diagnostica completa ed approfondita che ha permesso di conoscere tecniche esecutive e materiali presenti, tanto originali che di restauro.
In primo luogo si è intervenuti sulla struttura, con la rimozione meccanica dell’ammannitura e delle cinque traverse non originali. Dopo aver completato il risanamento del tavolato le due traverse originali sono state rifunzionalizzate mediante un sistema a molle che asseconda, controllandoli, i naturali movimenti del legno. Si è poi proceduto al restauro degli strati pittorici. Prima di poter effettuare la fermatura del colore è stata necessaria una prima pulitura degli spessi strati di vernice non originale. Conclusa la fermatura la pulitura, complessa e delicata, è stata condotta a più riprese: l’opera presentava molte patinature, ridipinture a coprire una superficie molto compromessa in quanto abrasa da puliture aggressive di antichi restauri (le abrasioni interessavano più di ¼ della superficie pittorica);erano presenti anche molte sgocciolature e ritocchi alterati. Le lacune, dovute per la maggior parte a pratiche devozionali, non erano fortunatamente di grandi dimensioni e comunque compromettevano parti figurative importanti. Su di esse, dopo aver effettuato la stuccatura e il ricollegamento materico della superficie, è stata eseguita l’integrazione cromatica mediante selezione, mentre le diffuse abrasioni sono state abbassate di tono mediante leggere velature.
Il restauro, le cui tempistiche sono state dettate oltre che dalla complessità dell’intervento anche e soprattutto dalla pandemia, si è concluso nel maggio 2023.
“Il complesso intervento di restauro ha permesso di restituire la completa leggibilità a un testo fondamentale nello svolgimento della pittura della prima Maniera italiana – spiega Sandra Rossi, Direttore del Settore di restauro dei dipinti mobili, Opificio delle Pietre Dure -. Le indagini sulla tecnica pittorica dell’artista ne hanno, infatti, rivelato l’espressività e la modernità fuori dal comune: una pennellata caratterizzata da un tratteggio incrociato continuamente spezzato, quasi grafico. Sono emersi, inoltre, interessanti dettagli operativi come l’utilizzo della tecnica detta ‘al risparmio’ che, lasciando intenzionalmente a vista il fondo cromatico bruno, lo rende elemento figurativo. Il restauro ha, infine, svelato commoventi dettagli, come la presenza di una piccola margherita in primo piano, da tempo non più visibili a causa delle precarie condizioni di conservazione della pellicola pittorica”.
“È un momento di grande soddisfazione – dice mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro – il ritorno a Sansepolcro della Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino perché è il frutto di un lavoro in sinergia di diversi enti, in particolare l’Opificio delle Pietre Dure, la Soprintendenza, il Comune di Sansepolcro, la Diocesi, la parrocchia, l’associazionismo e tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questo evento e di questo recupero. È motivo di soddisfazione e anche significativo perché viene ricollocato in prossimità della Settimana Santa che ci prepara a vivere il mistero di Cristo morto e risorto. Questo dipinto presentandoci proprio la deposizione di Cristo è un grande invito a riscoprire la bellezza dell’arte nella nostra Diocesi e insieme a viverla come proposta di meditazione”.
“Sansepolcro – dice Emanuela Daffra, Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure – nonostante le perdite subite nel corso del tempo, ha ancora la fortuna di custodire uno straordinario patrimonio di opere d’arte collocate nei luoghi per le quali furono pensate. Non è scontato e spiega la particolare soddisfazione nel vedere nuovamente la tavola di Rosso all’interno della sua cornice settecentesca, a suggello di una collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure ormai ‘storica’ per continuità e qualità di risultati, come mostrano i casi pierfrancescani del Polittico della Misericordia e dellaResurrezione”.
“Questo episodio – commenta Gabriele Nannetti, Soprintendente alle Belle Arti, Archeologia e Paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo è la conferma di un modello virtuoso di interazione tra gli uffici della diocesi e quelli del Ministero della cultura, sia per quanto riguarda la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo, ma anche per quanto riguarda l’Opificio delle Pietre Dure che opera su tutto il territorio nazionale e che ha sede a Firenze, il risultato si è raggiunto anche grazie a un percorso condiviso e accompagnato in tutte le sue fasi”.
Altri lavori
Già nel 2022, grazie al contributo dei fondi 8×1000 della Conferenza Episcopale Italiana la Diocesi aveva investito circa 7mila euro nella chiesa di San Lorenzo in Sansepolcro – la sede dove è custodito da secoli – per la realizzazione di un moderno impianto antintrusione e di videosorveglianza di ultima generazione. Contestualmente, per completare le verifiche sulla sicurezza della chiesa – dove l’opera avrebbe fatto ritorno – veniva fatta istanza all’Opificio delle Pietre Dure per la collaborazione con il Laboratorio di Climatologia e Conservazione preventiva; il laboratorio installava tre sonde per la rilevazione e la registrazione dei parametri termoigrometrici nell’arco dei dodici mesi.
“Le mostre d’arte quando sono di alto valore scientifico diventano iniziative molto importanti – dice Serena Nocentini, dell’Ufficio diocesano per i Beni Culturali -. Esse sono da considerare grandi eventi anche per la vita culturale della Diocesi e non solo della comunità civile. Proprio in occasione della mostra ospitata a Palazzo Strozzi e in sinergia con la nostra Soprintendenza, è nata questa prestigiosa collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure. Grazie alla loro dedizione e all’altrettanta maestria è stato permesso di restituire alla comunità la bellezza e la forza espressiva di questa inestimabile opera. La Deposizione di Rosso Fiorentino è tra i capolavori più ammirati e studiati nella nostra Diocesi, ma prima di tutto usando le parole di san Giovanni Paolo II in merito all’arte sacra ‘è esperienza di universalità. Non può essere solo oggetto o mezzo. È parola primitiva, nel senso che viene prima e sta al fondo di ogni altra parola’. E proprio per questo, la nostra più grande gioia è che l’opera sia tornata nella sua chiesa originaria, perché quando vi sono le condizioni, le opere sacre devono restare nel loro contesto”.
Il pavimento e la cornice
Nel frattempo, in molti, a Sansepolcro, si erano fatti portavoce dell’esigenza di intervenire sul pavimento della chiesa, realizzato negli anni ’60 con piastrelle in ceramica blu. Per assecondare questa richiesta, la Diocesi si è attivata per la progettazione e per richiesta di autorizzazione presso la Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio, del nuovo pavimento in cotto, il cui costo, 36.300 euro, è stato coperto per tre quarti con le risorse rinvenienti dagli oneri di urbanizzazione destinati agli edifici di culto e, per la quota rimanente, circa 8mila euro, attraverso iniziative di auto finanziamento di cui si è fatta promotrice la parrocchia del Duomo di Sansepolcro e alcune associazioni cittadine (Compagnia Artisti e Vivere a Sansepolcro, Rotary Club Sansepolcro, Lions Club Sansepolcro, Caserma Archeologica, Amici del Poliedro, Associazione Campanari, Gruppo Lunedì d’Estate, Gruppo Cavalieri del Trebbio, Teatro Popolare, Volontariato San Lorenzo, Gruppo Filarmonica e alcuni privati). I lavori sono stati diretti dall’architetto Andrea Mariottini con la collaborazione di David Tripponcini e realizzati dall’impesa Stema di Nako Nasi. Sono state utilizzate pianelle delle Badie di Montefioralle lavorate artigianalmente acquistate dalla ditta Giorni Aldo che si ringrazia per la sponsorizzazione tecnica. Inoltre, con l’autorizzazione della Soprintendenza, e sempre con il contributo della comunità locale è stata eseguita, a opera di Rossana Parigi, la manutenzione della cornice e delle decorazioni in gesso dell’altare maggiore che racchiude la Pala di Rosso Fiorentino.
“Finalmente si riapriranno le porte dell’antica chiesa di San Lorenzo – dice mons. Giancarlo Rapaccini, parroco della Concattedrale di Sansepolcro -. I cittadini e i turisti potranno finalmente ammirare il nuovo pavimento in cotto artigianale dell’Impruneta e soprattutto estasiarsi dinanzi al meraviglioso dipinto della Deposizione di Cristo. Un’opera di straordinario valore artistico restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Un ritorno attesissimo da tutti i biturgensi. È stato emozionante vedere come tante associazioni della città si sono adoperate per reperire i fondi necessari per ridare una degna collocazione al dipinto. La parrocchia, e io personalmente, ci siamo fatti promotori di tale iniziativa senza trovare resistenza. È stato bello lavorare così, tutti insieme, per arricchire la nostra città. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno contribuito, con la speranza di continuare per altri interventi. Chi viene a Sansepolcro, città di Piero della Francesca, deve riempirsi gli occhi di bellezza. E ripartire con il proposito di ritornare”.
La nuova illuminazione
Grazie al fondamentale contributo dell’Amministrazione comunale di Sansepolcro si è provveduto al rifacimento dell’illuminazione; quest’ultima, difatti, per quanto risalente a non molti anni fa, si era dimostrata inadatta per l’adeguata lettura del dipinto: si è così costituito un tavolo tecnico tra Diocesi, Parrocchia e Amministrazione comunale per predisporre il nuovo sistema illuminotecnico affidato alla ditta Opera.
“Il ritorno dell’opera rappresenta un grande evento per l’Amministrazione comunale e per l’intera comunità – dichiara Fabrizio Innocenti, sindaco di Sansepolcro -. Si tratta indubbiamente di una splendida realtà, quella di poter nuovamente ammirare l’opera di Rosso Fiorentino alle nostre latitudini dopo il delicato intervento di restauro che l’ha riguardata. Colgo l’occasione per ringraziare la Diocesi, il costante impegno di monsignor Giancarlo Rapaccini, il generoso contributo delle associazioni cittadine. Anche il Comune ha fatto la sua parte, destinando la somma di 15mila euro per la corretta illuminazione del dipinto. La Deposizione di Rosso Fiorentino sarà così nuovamente fruibile in tutta la sua bellezza e nel suo fascino evocativo, un arricchimento ulteriore al prezioso patrimonio artistico che custodiamo in città e che fa parte del nostro Museo diffuso”.
Notizie storiche
La Deposizione di Sansepolcro è tra i capolavori di Giovan Battista di Jacopo, detto il Rosso Fiorentino (Firenze, 8 marzo 1494 – Fontainebleau, 14 novembre 1540). L’opera fu eseguita a Sansepolcro dove l’artista, fuggito nel 1527 dal Sacco di Roma, aveva trovato rifugio. Secondo il celebre biografo delle Vite, Giorgio Vasari, egli ricevette questa preziosa occasione di lavoro alla generosa rinuncia del pittore biturgense Raffaellino del Colle che, in un primo tempo, aveva ricevuto l’incarico per il dipinto dalla Compagnia di Santa Croce “acciò che in quella città rimanesse qualche reliquia di suo”; ma anche grazie alle raccomandazioni del vescovo Leonardo Tornabuoni, cui il pittore era legato da vincoli professionali e di amicizia. Il Rosso aveva già rappresentato il tema della Deposizione nella bella tavola di Volterra (1521), ma la critica riconosce nell’esemplare di Sansepolcro una più cupa drammaticità che lo spinge a ricorrere perfino al grottesco, come nella mostruosa figura a lato della scala. Siamo di fronte a un’opera di eccezionale forza espressiva, che rivela una religiosità personale intensa, segnata dalla nascente Controriforma e dalla gravità dei tempi, che vedono la stessa Roma in balìa delle milizie e delle bande dei regnanti; nonché a un esempio tra i più illustri del legame con Roma – e dunque degli esempi figurativi moderni quali le opere ultime di Raffaello e della sua scuola, o la potenza cromatica e le torniture poderose degli affreschi della Sistina realizzati da Michelangelo – dei territori della Valtiberina.
Al seguente link è possibile scaricare immagini e ulteriore materiale.
Ufficio Stampa Opificio delle Pietre Dure:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo
tel. +39. 049.663499
simone@studioesseci.net (rif. Simone Raddi)
Ufficio Stampa Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro:
Luca Primavera
ufficiostampa@diocesi.arezzo.it