Iniziamo dalle scale. Nel senso che quando mi presento al Convento delle Celle di Cortona per l’intervista con fra’ Ferruccio, il primo commento che ci sale alle labbra è sulla salubrità del posto e sugli effetti benefici dei circa tre chilometri di strada che conducono qui dal centro di Cortona. «È così.- considera il frate.- Bisogna mantenere l’abitudine di fare movimento, altrimenti poi porre rimedio alle conseguenze della sedentarietà non è tanto semplice». Annuisco e getto uno sguardo attento oltre la finestra al via vai di persone lungo i sentieri dell’area conventuale; mi chiedo per un attimo quali siano i doni che i pastori di questo presepe in miniatura offrono a Cristo e concludo che deporranno ai piedi della Vergine le loro gioie e la loro sofferenza, le loro preghiere e i loro silenzi. In una parola, il loro esserci. Padre Ferruccio Perini, il nuovo padre guardiano delle Celle, giunge in questo monastero dopo 26 anni trascorsi nel Convento dei Cappuccini di Ponte a Poppi. «Rimpianti?», domando con interesse. «Nessuno», risponde con un sorriso che sa di pace e in cui è facile scorgere la prova che il Paradiso inizia in terra, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta. «Sono stato molto bene. Anche molto amato. Credo che questo, anche se è una cosa che potrebbe sembrare da rimpiangere, sia un motivo per ringraziare perché in fondo c’è stato questo periodo. Dio conduce per vie giuste… le sue vie vanno sempre a buon fine. (cfr sal 10, 5)». Osservo il religioso di fronte a me: padre Guardiano di 7 frati – il termine equivale a ‘superiore’, ma ‹‹Francesco non avrebbe mai usato termini che indicano la superiorità di qualcuno su un altro››. Padre Ferruccio è entrato in seminario a 12 anni e a 16 ha iniziato il noviziato di circa un anno. Poi c’è stata la professione temporale di tre anni. ‹‹A quei tempi la maggiore età era a 21 e dovevi rinnovare per un anno la Professione prima della scelta definitiva››. Infine la professione solenne. Ecco, la vocazione di questo frate è tutta qui: nel sorriso a fior di labbra; nella fede che intride ogni sua parola; nella serenità che accende i suoi occhi e che si traduce nella pacatezza dei gesti. Forse quando san Francesco affermava che ogni uomo porta in sé un sogno e può costruirlo con amore ed umiltà aveva in mente e nel cuore la spiritualità di uomini come padre Ferruccio: anime come nidi di saggezza in cui la Parola possa schiudersi e generare vita. La chiamata di ognuno, rifletto, è la santificazione, vale a dire vivere in pienezza la propria dimensione di Sacerdote, Profeta e Re: ‹‹Sacerdote – spiega padre Ferruccio – in quanto offriamo Cristo; profeta, perché parliamo al posto di Cristo; re, poiché serviamo la gente››. «Di questa nuova esperienza cosa ne pensa?», domando. «Qui di bello c’è tutto. Dalla presenza, alle orme vere di san Francesco, a un modo di vivere che nei secoli è stato molto austero e che oggi tende a riprendere quest’essenzialità, senza dare grossi spazi al modo di essere, vivere e costruire del mondo. La mia idea è quella di fare il possibile per preservare le cose, così come l’avevano organizzate i frati che mi hanno preceduto perché non ritengo sia bene togliere quello che c’è ed è vivo ed incarnato nelle persone. Il tempo ci suggerirà quello che va corretto. Comunque, non puoi annullare la preghiera, la povertà e l’accoglienza; poi, il modo di metterla in pratica probabilmente prenderà sfumature diverse». «Ha ragione, padre», ammetto. «Vedi, – continua lui – occorre scoprire la propria vocazione; ognuno è la memoria storica di un certo posto. Gesù si è fatto uomo perché noi recuperassimo questa vocazione e “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Filippesi, 2,6)». Annuisco e mi congedo. Negli occhi, la bellezza del luogo; nel cuore, le parole del padre. con la luce dentro, ripeto tra me e me le parole di San Paolo che ormai mi sono familiari per la loro presenza nella liturgia delle Ore: apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato… perché ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
Elena Valli