Mercoledì 1 maggio è morto don Albano Fragai, parroco di San Leopoldo alla Pietraia e canonico del Capitolo della Concattedrale di Cortona. D’accordo con i suoi più stretti congiunti, con i sacerdoti dell’Area Pastorale e con i parrocchiani subito accorsi, le esequie sono state concelebrate giovedì 2 maggio alle 16 nella Concattedrale di Cortona. Don Albano era nato il 10 ottobre del 1934 a Cortona ed era stato ordinato presbitero il 29 giugno del 1960.
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L’Arcivescovo ad Anghiari per la festa del Crocifisso

Anghiari si prepara ai tradizionali festeggiamenti in onore del SS. Crocifisso, in programma per il prossimo 3 maggio. Nata come festa della locale Confraternita di Misericordia, la festa del 3 maggio diventò con il passare degli anni la festa patronale di Anghiari e oggi è la data che più di tutti caratterizza la comunità anghiarese. Al mattino sono previste delle Messe nella piccola chiesa della Badia, la più antica di Anghiari, che conserva un antico Crocifisso del XIV secolo particolarmente venerato. Nel pomeriggio di sarà l’Arcivescovo Riccardo a presiedere la Messa solenne nella Propositura di Anghiari, durante la quale amministrerà il sacramento della Cresima a circa trenta ragazzi della parrocchia. Alla Celebrazione sarà presente la Corale “don Vittorio Bartolomei” di Anghiari.
All’oratorio di San Leo torna lo Junior Tim Cup

Domenica 28 aprile si svolge all’oratorio di San Leo la seconda giornata della Junior Tim Cup, il “calcio negli oratori”. L’iniziativa lanciata a livello nazionale, ha visto l’adesione anche degli oratori della nostra diocesi grazie all’impegno del Centro Sportivo Italiano aretino che ha rilanciato le proprie attività. Sono sei le squadre che si affrontano nelle fasi oratoriali, quindici match in una struttura adatta a veicolare il valore che sta alla base della Junior Tim Cup: vivere lo sport anche alla luce della fede.
Le proposte aretine per la settimana sociale dei cattolici toscani

Il numero 16 de La Voce di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il fascicolo diocesano di Toscana Oggi propone uno speciale in vista della Settimana sociale dei cattolici toscani, che si terra a Pistoia da venerdì 3 a domenica 5 maggio. Dall’economia alla politica le proposte degli aretini per un’agenda di speranza toscana.
“Giovani, la gioia di credere” è invece il titolo di apertura del nuovo numero del fascicolo regionale di Toscana Oggi. All’interno un’inchiesta sulle carceri in Toscana: “Strutture vecchie e sovraffollate”. In prima pagina, l’editoriale di Leonardo Bianchi: “E adesso nessuna attenuante per la classe politica”.
Gli scout della diocesi celebrano San Giorgio con l’Arcivescovo

I gruppi scout della diocesi celebrano insieme San Giorgio, patrono del movimento. Dal 26 al 28 aprile oltre 350 giovani si ritroveranno a Montalto, nei pressi di Papiano in Casentino, per il “San Giorgio di Zona”, un evento svoltosi l’ultima volta nel 2005. A partecipare al raduno saranno gli esploratori e le guide, i ragazzi dagli 11 ai 16 anni, accompagnati dai loro capi degli otto gruppi Agesci della diocesi e sparsi tra Arezzo, Cortona, Casentino e Valtiberina. Il campo, in stile scout e con pernottamento in tenda, sarà diviso in sette sottocampi, dove i partecipanti saranno impegnati in attività quali alpinismo, esplorazione, artigianato, campismo, laboratori di tecniche espressive e attività sportive.
Mons. Vittorio Gepponi nominato Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico d’appello di Roma

Monsignor Vittorio Gepponi, è stato nominato da Papa Francesco, Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico d’appello di Roma. L’annuncio ufficiale è stato fatto oggi dal Cardinale Vicario Agostino Vallini. “Un incarico di così grande responsabilità porta con sé un po’di preoccupazione, ma allo stesso tempo, la gioia per l’atto di fiducia nei propri confronti” ha spiegato monsignor Vittorio Gepponi. Originario di Monte San Savino, 51 anni compiuto l’8 gennaio scorso, monsignor Vittorio Gepponi è Vicario Giudiziale aggiunto del tribunale ecclesiastico d’appello di Roma dal 2004. In diocesi ricopre l’incarico di moderatore della Curia, Vicario per la vita consacrata e docente dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Beato Gregorio X”di Arezzo.
Dall’economia a Camaldoli. Sandro Rotili ordinato sacerdote

“Il monaco che diventa pastore è chiamato a un ulteriore cambio di vita. Gli è chiesto di sacrificare se stesso fino alla fatica della croce quotidiana del servizio agli altri. Sì, la sequela, diventa imitatio, l’ideale si fa conformatio. Gesù, nella sua vita terrena non badò a se stesso e al suo vantaggio, ma a tutti noi, cominciando dai più poveri e bisognosi”. Con queste parole l’arcivescovo Riccardo Fontana ha ordinato sacerdote Sandro Rotili. Nato ad Ascoli Piceno nel 1956, è monaco camaldolese dal 1985. Prima dell’ingresso in monastero si è laureato in Economia e Commercio ad Ancona; ha successivamente lavorato per cinque anni presso la Price Water House Coopers. A Camaldoli, è stato economo generale e anima vari incontri di spiritualità legati al dialogo con la contemporaneità.
Il successo di “Rete Redi” sul canale 217

È partita a pieno ritmo “Rete Redi”, lo spazio televisivo gestito dal Liceo Scientifico Redi all’interno di TSD Format, il canale formativo 217. La troupe degli studenti, che si è realizzata grazie all’impegno e all’interesse del Dirigente Anselmo Grotti, è diretta dalla professoressa Rosaria Amante, giovane docente di matematica appassionata di telecomunicazioni e multimedialità. E’ lei a scegliere, insieme ai suoi ragazzi, i contenuti da mandare in onda e a strutturare la programmazione settimanale, oltre a seguire in prima persona la registrazione di conferenze, interviste, fiction, mini reportage.
Omelia dell’Arcivescovo per l’Ordinazione presbiterale di dom Sandro Rotili
La santa assemblea si raccoglie quest’oggi attorno all’altare di Dio, per invocare sul nostro fratello dom Sandro Rotili il dono dello Spirito, la grazia del sacerdozio ministeriale.
È la domenica del Buon Pastore, nella quale tutto il popolo di Dio è chiamato a meditare la presenza del Risorto accanto a ciascuno di noi. Gesù ci chiede un rapporto di particolare vicinanza, che nasce dall’ascolto della Parola e si fa esperienza di vita nel riconoscere Lui nella Scrittura e nella storia, fino al particolare rapporto di fiducia, di affidamento, cioè la confidenza che ogni battezzato è chiamato ad acquisire con il Signore: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”[1].
Lui è il solo vero sacerdote. Obbediente al suo comando, “fate questo in memoria di me”[2],
1. La “onerosa” grazia del ministero: “Sacerdos propter populum”[3]
La scelta monastica, come tutti sappiamo, è una radicale conversione della propria vita. Per coloro che scelgono di “nulla anteporre all’amore di Cristo”[4], il rapporto con il Cristo è intenso e forte che è porre la propria esistenza nelle mani del Signore. Il frutto di questa radicalità è la pace: pace dell’anima e “tranquillitas ordinis”.
Il sacerdozio è sacramentale configurazione a Cristo, ci trasforma da uomini in cerca di pace, a strumenti della sua pace per gli uomini e le donne della terra, per il mondo intero. Gesù inaugura un sacerdozio nuovo e a quello ci chiama, con un atto di soprannaturale elezione. Secondo l’insegnamento della Lettera agli Ebrei, l’ordine di Melchisedech, non è radicato sull’ufficio da adempiere gesti, azioni, stile di vita come il sacerdozio di Aronne, ma sul dono di sé, per gli altri[5]. Il modello è Gesù. San Paolo ci ricorda che il Signore “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo”[6]. Il sacerdozio del nuovo testamento non pone in una condizione di privilegio rispetto agli altri, ma di ministero; non è un onore a cui aspirare ma un privilegio a cui sottomettersi “pro mundi vita”[7]. A imitazione della carità del Cristo, per amore del prossimo, siamo chiamati a mettere in discussione il nostro stesso progetto di vita, la nostra stessa ricerca della pace nel chiostro, perché le moltitudini possano trovare, nella sequela del Signore, la stessa pace.
Il monaco che diventa pastore è chiamato a un ulteriore cambio di vita. Gli è chiesto di sacrificare se stesso fino alla fatica della croce quotidiana del servizio agli altri. Sì, la sequela, diventa imitatio, l’ideale si fa conformatio. Gesù, nella sua vita terrena non badò a se stesso e al suo vantaggio, ma a tutti noi, cominciando dai più poveri e bisognosi. Per giungere a tutti gli uomini e le donne della terra in ogni tempo ha coinvolto alcuni di noi nella sua stessa scelta. Da Betlemme al Calvario ci ha dato l’esempio. Il Risorto presiede questa stessa assemblea. A noi, per ritus et preces, ci è chiesto di riconoscerlo presente e operante in questo coro, dove ancora risuona l’insegnamento di Cipriano Vagaggini e di molti altri maestri di vita interiore. A noi sacerdoti che partecipiamo al nostro fratello Sandro lo stesso sacramento, che è la nostra identità nella Chiesa, il Risorto chiede di promettere ancora quella disponibilità alla costruzione del Regno, che è la nostra vocazione santa.
Al pastore è chiesto di incarnarsi nella concretezza della storia che gli è dato di vivere.
Al pastore è chiesto di sacrificarsi. Gli antichi monaci percepirono con molta chiarezza il peso del ministero, che inevitabilmente interferisce con la pace del chiostro. La tradizione cattolica ricorda che non pochi abbiano tentato di sottrarsi, con la fuga, al ministero. Le ragioni della carità, il bene altrui, anche a discapito del proprio, convinsero santi monaci ad assumere, con il sacerdozio ministeriale, i sacrifici che esso comporta. Papa Gregorio Magno rammenta questa non lieve questione di coscienza. Ad essa, come noto, dedicarono la propria riflessione anche Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo. La via della santità proposta a ogni pastore è diversa da quella di chi nel silenzio e nel nascondimento si studia di conseguire la perfezione della propria anima. L’esempio dei santi monaci ci conforta sulla possibilità di ottenere, obbedendo alla divina vocazione, frutti ancor più copiosi che quelli che si meritano nell’esercizio del progresso personale.
Il Sacerdozio per il monaco è un’ulteriore rinunzia. Gli è chiesto di “assumere le responsabilità del ministero pastorale… che non sono lievi… perché chi è libero non vi aspiri in modo incauto, e chi le assume in modo sconsiderato provi timore per il passo compiuto”[8].
Chi assume l’onere del sacerdozio deve ricordare ogni giorno che adempirà la sua missione, sull’esempio di Cristo, ripetendo nella vita, ancor prima che nella liturgia la “oblatio sui”, che fa di ogni sacerdote cattolico, l’icona di Cristo, che è ad un tempo “sacerdos et hostia”[9].
2. La trasformazione della persona in pastore del gregge di Cristo
La liturgia, nell’Antico Testamento si esauriva nell’atto di culto da rendere a Dio. Sull’esempio di Gesù,
Divenuti pastori, alla misura del Cristo, ci è chiesto di presentarci ogni giorno davanti a Dio per intercedere per il suo popolo: “Vuoi insieme con noi implorare la divina misericordia per il popolo a te affidato, dedicandoti assiduamente alla preghiera, come ha comandato il Signore?”[10].
Il nostro servizio sarà compiuto solo se, accanto all’orazione, vi sarà la carità; se il nostro stesso pregare sarà fatto assieme e a vantaggio della Chiesa intera: “Infine, i presbiteri si trovano in mezzo ai laici per condurre tutti all’unità della carità, ‘amandosi l’un l’altro con la carità fraterna, prevenendosi a vicenda nella deferenza’ (Rm 12,10). A loro spetta quindi di armonizzare le diverse mentalità in modo che nessuno, nella comunità dei fedeli, possa sentirsi estraneo”[11].
“Agere in persona Christi capitis” è una trasformazione ontologica, non un mero assumere funzioni e ruoli. Come insegna tuttavia il grande Agostino: “Se mi spaventa l’essere per voi, mi rassicura l’essere con voi. Perché per voi sono Vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza”[12].
Prima viene il popolo di Dio, poi noi. La rappresentazione sacrale del sacerdozio ci fa dimenticare che Gesù stesso non fu della tribù sacerdotale. Noi, come lui, siamo sacerdoti nel sacrificio delle nostre esigenze, nell’offerta di noi stessi, nell’ascolto dei bisogni, nella risposta alla voce dei poveri, nella guida degli smarriti di cuore, nella continua riproposta della santità, come medicina del mondo, perché “la gioia sia piena”[13], il progetto di Dio per l’uomo si realizzi.
3. La cura pastoralis: pastore e pescatore, guida e missionario
La preoccupazione per la salvezza del mondo comincia con l’attenzione per chi ci è vicino. Si arriva al servizio della Chiesa universale, praticando la cura alla Chiesa particolare, si è membri del presbiterio dedicandoci con speciale impegno di carità verso la propria comunità, nella logica apostolica del “vieni e vedi” di Filippo, nell’evangelo di Giovanni[14].
La tua scelta, caro Sandro, ci fa misurare ancora con gli impegni che assumemmo quanti siamo sacerdoti. L’attenzione del popolo qui accorso stamane ci responsabilizza e ci attiva a cercare in Dio rinnovato entusiasmo per servire il suo corpo che è
Il ministero della consolazione che è del presbitero chiede la costruzione della pace degli altri, attraverso la vicinanza e la condivisione, nella ricerca di una profezia quotidiana, perché sminuisca il nostro ruolo e si riconosca sempre più la presenza di Gesù. A noi tocca caro fratello, la parte bellissima di Giovanni Battista. Noi poco contiamo. Importante è che i cercatori di Dio, con il nostro aiuto, siano facilitati a trovarlo.
Come Paolo e Barnaba ad Antiochia anche a noi è dato di contemplare lo straordinario prodigio che
Neanche a noi sono risparmiate le persecuzioni:
Anche a noi il Signore ha dato lo stesso ordine che agli Apostoli: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza fino all’estremità della terra”[16].
Caro Sandro la tua catechesi, il tuo ministero di riconciliare, la tua cura per i figli di Dio faranno meraviglie: faranno ancora rallegrare i pagani del nostro tempo, raggiunti dal Vangelo e dalla Grazia. Non ti spaventare mai se, al dialogo con tutti, alcuni proveranno a sostituire strategie umane e logiche mondane. Il Signore ha vinto e noi ne siamo testimoni volendoci bene e sacrificandoci per gli altri. Al resto, cioè all’efficacia del nostro ministero, provvedere il Signore stesso.
La nostra parte è bellissima, se riusciremo a rimanere fedeli al mandato ricevuto, se anche noi saremo in grado di appartenere, oltre che alla famiglia dei bianchi monaci di San Romualdo, alla “bianca schiera” dell’Apocalisse[17], superate le tribolazioni del mondo, lavate le vesti col sangue dell’Agnello, per partecipare un giorno alla liturgia del Cielo, nella Gerusalemme nuova.
TSD torna visibile in tutta la Valtiberina

Dopo il passaggio al digitale terrestre molti telespettatori della Valtiberina hanno problemi di ricezione del segnale di TSD. Grazie ai lavori di miglioramento realizzati sulla rete è possibile adesso tornare a seguire l’emittente diocesana in tutta la Valle del Tevere. I telespettatori interessati a vedere i programmi devono effettuare la sintonia dei canali sul proprio decoder digitale. Per chi invece ha un televisore di ultima generazione con il decoder incorporato l’aggiornamento è automatico ogni 24 ore. Il Mux di TSD è composto da 3 canali: TSD in onda sul canale 85, TSD Format sul canale 217 e TSD +1 sul canale 631, dove è possibile rivedere i programmi del canale 85 conun’ora di differita. Per segnalazioni e ulteriori chiarimenti è possibile scrivere un’email a: tecnica@tsdtv.it.