Messa in Coena Domini

Omelia del Vescovo in Cattedrale di Arezzo
17-04-2025

La sera dell’ultima cena, in quella stanza superiore a Gerusalemme, Gesù vive con i suoi il dono più grande di amore che la croce poi e lui crocifisso offre al mondo, a tutti, sempre. “Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine” ed è il senso di questa cena e della croce.

Insieme al pane e al vino che sono dati e versati e sono il sacramento della sua presenza e del suo dono di amore, il dono lasciato alla Chiesa per noi e che con fede celebriamo, vi sono due strumenti che rendono il senso dei gesti di Gesù: un asciugamano, un catino.

Insieme al pane e al vino, di cui San Paolo ci parla nella seconda lettura, e che sono l’Eucaristia, questi strumenti domestici ci raccontano il significato profondo del dono della vita di Gesù, al punto che anche Pietro dovrà accettare di farsi lavare i piedi da Gesù per avere la forza del suo amore, la salvezza.

 

Vorrei soffermarmi a riflettere brevemente su uno di questi strumenti: il catino.

E’ lo strumento che anzitutto raccoglie e custodisce l’acqua che Gesù usa per lavare i piedi di Gesù. Mi piace immaginare che quest’acqua rappresenti tutti i sacramenti della Chiesa e il dono della Parola che salva. E allora il catino è per noi come la Chiesa, una comunità che cerca di vivere il vangelo e custodisce i doni preziosi che il Signore le ha consegnato, primo fra tutti proprio l’Eucaristia.

E’ tanto prezioso questo catino che è la Chiesa. Magari nel tempo si è un po’ rovinato, possono esserci delle crepe, forse è un po’ scolorito, ma è un segno fragile che accoglie doni preziosi, soprattutto l’amore di Gesù che la Chiesa annuncia e amministra.

 

Questo recipiente è anche il catino dove cade l’acqua dei piedi lavati.

Possiamo immagine che non sia acqua pulita e limpida, ma è intorpidita e sporca per la terra che scende dai piedi. E’ acqua sporca perché ha lavato per bene, perché è acqua che purifica. Ed è sporca perché raccoglie e lascia cadere tutte le impurità, le sporcizie del camminare e soprattutto della vita. E’ acqua che cade nel catino e che raccoglie la vita intera, le vicende vere della vita, anche le più povere, quelle deludenti, perfino i peccati… E tutto riversa in questo catino in cui si specchia il volto di Gesù e può così guardare a tutta questa sporcizia, alla vita qui riassunta, con lo sguardo di chi ama e dona misericordia… e salva.

 

Dai piedi che è la vita non solo degli apostoli, ma dei tanti uomini e donne della storia e del tempo di oggi l’acqua lava e cade in questo catino e sorprendentemente mi pare colorarsi di rosso, rosso sangue e forse è il segno del tanto sangue innocente versato ancora oggi nelle tante guerre in corso, in particolare a Gaza e in Ucraina dove tanti morti innocenti insanguinano la storia e tra questi anche tanti bambini. Questo catino è il recipiente che raccoglie tutte le sofferenze e le tragedie dell’umanità, del mondo di oggi, la violenza nelle sue svariate manifestazioni e soprattutto dell’assurdità della guerra, perché tutte le guerre sono assurde e ingiuste. Il sangue raccolto in questo catino e le tante sofferenze penso sia redento, benedetto dal sangue del Signore, innocente crocifisso, ma diventa allora annuncio di vita, di salvezza. E’ un catino che raccoglie, benedice, rinnova, porta a salvezza e vita nuova.

 

E forse in questo catino del vangelo sono cadute anche le lacrime degli apostoli, e anche di Pietro, commossi per il gesto del Signore. Penso che cadano in questo catino anche le lacrime di quelle madri e quei padri che hanno perso un figlio o quello di chi vive la fatica della malattia o ancora la disperazione di un fallimento; raccoglie le lacrime di chi è in carcere ed è nostro fratello, e quelle di chi si sente solo. C’è acqua nel catino, ma non mancano le lacrime che la alimentano e che, come ci ricorda l’apocalisse, vengono raccolte qui perché siano da Dio asciugate. Il Signore asciugherà ogni lacrima, ci ricorda l’Apocalisse.

 

Forse qualcuno avrà portato questo catino anche sotto la croce e avrà raccolto le lacrime di Maria, la Madre, quelle del discepolo amato, quelle della gente accorsa lì per guardare e anche quelle del centurione che riconoscerà che “davvero costui era il figlio di Dio” e sarà il catino che ha raccolto anche il sangue di Gesù crocifisso, un sangue che mescolandosi a tutto quanto quel catino aveva raccolto, e che abbiamo raccontato, redime, purifica, salva, rinnova, accompagna a vita nuova.

 

In quel catino, nel cenacolo, ci sta anche la nostra vita, ci sta con le sue lacrime e con le nostre preoccupazioni, ma poi forse si può specchiare in quell’acqua raccolta anche un sorriso, il nostro, un sorriso che nasce dalla speranza di vederci in questa custodia amati e benedetti dal Signore.

 

Gesù nel vangelo dice: “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Si tratta allora di prendere in mano noi ora questo catino e metterci a vivere l’amore reciproco, questo lavarci i piedi gli uni gli altri, e raccoglieremo nel catino tanta acqua che è vita di fratelli e sorelle e che è speranza che ci redime.

 

Così racconta una grande della spiritualità cristiana, Madeleine Delbrel.

“Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca.

Girare il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dell’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio, finché tutti abbiano capito nel mio il tuo Amore”.

 

E se guardiamo bene in questo catino forse ci accadrà di vedere quanto ha dipingo Sieger Köder in un celebre quadro, dove nel catino colui che si specchia vede riflesso non il proprio volto, ma il volto di Gesù. Sia questo per noi il dono di questo triduo pasquale: usiamo questo catino, specchiamoci nell’acqua versata e raccolta e scopriremo il volto di Gesù che si dona a noi per amore e ci salva.

 

         + Andrea Migliavacca