Funerale di don Sergio Carapelli

Pomaio
25-10-2023

“Come fa un padre verso i figli…” (1Ts 2,11). È questo un passaggio della Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi che è stato proclamato. Don Sergio è stato per tutta la sua vita un padre, e oggi possiamo dire che è un padre, un babbo che ci lascia, che termina la sua avventura terrena. Accompagniamo all’incontro con l’Amore Misericordioso di Dio, nella pienezza della vita, don Sergio che è stato babbo, confidando che dal Cielo continuerà a guardare, guidare, consolare, accompagnare con la vicinanza del padre che non lascia mai i suoi figli. Tutta la vita di don Sergio è il racconto di una paternità, umana anzitutto e spirituale. E insieme è testimonianza e narrazione della grande paternità di Dio, del Dio di Gesù Cristo, da don Sergio amato, incontrato, testimoniato. Don Sergio è stato ordinato prete il 26 giugno del 1961, più di sessant’anni fa, iniziando il suo ministero a Castiglion Fiorentino. Il Vescovo Cioli però nel 1967 lo chiama nella Città di Arezzo, per dedicarsi al mondo giovanile, all’educazione dei giovani, affidandogli l’insegnamento della Religione Cattolica al Liceo Classico e incaricandolo di curare la piccola parrocchia di Pomaio-Molinelli per essere più libero di dedicarsi ai giovani della città. Dopo un breve incarico alla Zenna diventa parroco di Sant’Agostino in città, dove rimarrà per ben 23 anni come pastore di quella comunità. Il suo servizio si estende all’orizzonte diocesano, in particolare diventando Vicario Generale dal 1992 al 1995. Il ministero di don Sergio è arricchito anche dall’esperienza di docente di materie filosofiche presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale a Firenze e dal compito di padre spirituale del Seminario. Con Don Sergio nasce in città una bella esperienza di cammino e di gruppo giovanile, che porterà abbondanti frutti di bene e di cammino spirituale, raccontato da tanti volti di voi che siete qui oggi e che nella verità potete riconoscere in don Sergio il volto del padre per voi.

Non ultimo con don Sergio nasce fin dal 1982 la Fraternità di San Lorenzo, una esperienza di vita fraterna consacrata e dedicata alla Chiesa, in ascolto della Parola e nella testimonianza di una vera fraternità, che con gratitudine accompagna oggi, e con noi, in questo momento di saluto e di preghiera, il padre don Sergio alla bellezza della vita eterna.

Negli ultimi tempi, segnati dalla malattia, quelli in cui anche io ho potuto conoscere e apprezzare la parola e soprattutto il sorriso di don Sergio, egli è stato presenza vigilante, fratello orante, testimone del legame profondo con la Chiesa e con la Parola del Signore. Sono queste le tracce della avventura umana e vocazionale, personale e sacerdotale di don Sergio che diventano per tutti noi oggi racconto di una bella paternità.

Il brano di Vangelo, che abbiamo ascoltato, ci presenta Gesù che invia (cfr. Lc 10, 1-9). Il testo richiama le condizioni della missione, come si deve portare l’annuncio del vangelo, ma più profondamente esse indicano che come si vive la missione è allo stesso tempo il contenuto. Il Vangelo lo annunci vivendolo, porti l’annuncio della Buona Notizia e la tua vita lo potrà raccontare. La vita di don Sergio è stato il racconto evangelico, l’annuncio della bellezza del dono della vita, di vivere e la vissuta testimonianza di un amore di Dio che è misericordia, amore paterno, sorriso e abbraccio, condivisione. Don Sergio ha annunciato, vivendo il Vangelo, come chiede questa pagina evangelica.

Ma ci soffermiamo un istante su Gesù, Colui che invia. Il cuore dell’annuncio, della missione, della bella notizia sta in Colui che manda. È Lui il centro di tutto: della vita, della vocazione, dell’affrontare il sacrificio, del vivere la missione e il dono della vita, del superare fatiche e ostacoli e insieme gioire della luce dell’alba, che sempre ci è promessa e ci accompagna. Gesù è il centro. Don Sergio aveva ben presente nella sua vita questo volto e la relazione con Lui: Gesù. Don Sergio era un amico di Gesù e per questo ha vissuto la sua vita con una splendida testimonianza evangelica di vita sacerdotale, della paternità di Dio.

La vita e il ministero di don Sergio, fissando lo sguardo su Gesù che invia, sperimenta la dinamica della missione, le urgenze e lo stile della missione che la pagina evangelica evoca. Anzitutto per don Sergio missione voleva dire preghiera, incontro con il Signore, contemplazione. In questo orizzonte si collocano tante esperienze e riferimenti vissuti con i suoi giovani: le giornate a Taizé, l’incontro con la Comunità di Bose, l’amicizia con la comunità di Fontanelle e con David Maria Turoldo, le estati vissute a Spello a stretto contatto con Carlo Carretto.

Don Sergio era un animo aperto all’incontro e al nuovo. Ha saputo far tesoro delle tante testimonianze di vita evangelica sopra richiamate per sostenere per sé e per i giovani la dimensione della preghiera, la prima e più necessaria per vivere la missione.

Un secondo passo educativo di don Sergio con chi ha camminato con lui è stato l’invito a “pensare”, a vivere quella ricerca e formazione umana, intellettuale, teologica che sola può dare ragione della speranza che è in noi. Educare per lui voleva dire pensare e pensare in grande, andando oltre il visibile, verso il Mistero, cercando le grandi ragioni del senso della vita. L’incontro con Gesù, guardare a Lui non distrae dal vivere in pienezza la propria umanità, ma stimola invece a pensare per cogliere, in Gesù, la grandezza dell’uomo. In questo don Sergio ha fatto una grande opera di educazione, è stato grande educatore e quindi padre: accompagnare i suoi giovani alla libertà della pienezza di umanità da vivere. E a Pomaio ha portato grandi nomi che accompagnano il pensare: Giuseppe Lazzati, Bruno Forte, Dionigi Tettamanzi, Severino Dianich, Jacques Dupont, Maurice Gilbert, Jean Louis Ska e altri ancora, con l’arte del padre che nutre di buon cibo i suoi figli. È l’avventura educativa che Paolo evoca nella prima lettura là dove dice: “Abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (1Ts 2, 11-12). Queste potrebbero essere parole di don Sergio, che oggi ci lascia in eredità.

Un ultimo passo della esperienza di fede e di testimonianza di don Sergio è l’avventura e il comandamento dell’amore. Don Sergio ha accompagnato tanti a vivere la bellezza di amare e di vivere la carità. Basti pensare all’aiuto e alla condivisione con la comunità di Nomadelfia, la vicinanza ai bambini in difficoltà e agli anziani nelle case di riposo, l’amicizia con giovani disabili, la bella esperienza di accoglienza di Montagnano.

Pregare, pensare, amare l’eredità che don Sergio, come buon padre, lascia a tutti noi e che per prima è chiamata a raccogliere la Fraternità di San Lorenzo che oggi, pubblicamente e come Vescovo, confermo quale dono nella nostra Diocesi e incoraggio a proseguire la propria presenza qui e la bella testimonianza di ascolto della Parola e di amore per i più piccoli.

Ci lascia oggi un padre, ma rimane tra noi una fecondità, la sua, che brilla ancora di una straordinaria vitalità e di amore per il Vangelo.

Mi piace concludere con un pensiero che prendiamo da don Sergio e da una sua omelia del 1998. Così egli diceva:

“Questa festa (trent’anni dall’inizio della esperienza con i giovani) trova occasione in un sogno nato trenta anni fa. Il sogno è diventato parabola; da quel punto, poi, sono nate tante arcate, tante parabole, a volte simili, a volte molto diverse… Vorrei chiarire queste due parole: parabola e sogno.

Il sogno. Sappiamo che ogni uomo affida da sempre a questa parola le sue aspirazioni più profonde… E la parabola. Si tratta di un’altra parola ricca. Qui vuole esprimere il lancio, la traiettoria, l’arco, la forma di un cammino: partire, innalzarsi e cadere e, nel medesimo tempo, vuole esprimere un’immagine di vita reale per insegnare o illustrare il significato di un percorso e di una storia. Tuttavia è stata scelta, soprattutto per il suo tratto di umiltà. La parabola nasce per finire. Ora c’è e poi non c’è più. Può brillare anche intensamente e poi spegnersi. Non fallisce, ma semplicemente ha terminato la sua corsa… Adesso è legittimo domandarsi: quali i frutti di questa azione educativa, di questa parabola? La risposta è difficile… Credo che da quel fuoco che fu acceso sono partite non una, ma tante parabole… È legittimo domandarsi anche: dove si spegneranno? Quando? La parabola porta con sé la bellezza dell’umiltà. La transitorietà della sua corsa, anche se intensa, fa parte della sua natura”.

Don Sergio è stata una bellissima parabola che ha conservato, custodito e annunciato la bellezza di un sogno. Una parabola che, come lui ci ha detto, è destinata a finire e per questo custodisce in sé stessa l’umiltà.  Anche la parabola di don Sergio, quella terrena, si è conclusa, ma forse con maggiore lucidità ed evidenza mostra oggi la ricchezza e la bellezza dei frutti che ha saputo portare e che sono vivi, grazie a questa parabola di vita, in mezzo a noi e ora nella dimora del Dio vivente.