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“Un umanesimo d’incontro e dialogo”, sabato un convegno in vista del Convegno di Firenze

convegno-28-marzo-2015

«Chi ama veramente la pace ama anche i nemici della pace». È questo pensiero di Sant’Agostino che darà lo spunto per il convegno sul tema «Verso un umanesimo dell’incontro e del dialogo con l’altro». L’iniziativa è organizzata dall’ISSR «Beato Gregorio X» e si terrà sabato 28 marzo, nell’Episcopio di Arezzo. A partire dalle 9, dopo i saluti dell’arcivescovo Riccardo Fontana, è prevista l’introduzione di Luca Grion, dell’Università di Udine e presidente dell’Istituto Jacques Maritain. Poi, la relazione di Alberto Melloni dell’Università di Modena e Reggio Emilia, sul tema «Radicalismo della pace e violenza religiosa». A seguire, Roberto Gatti dell’Università di Perugia affronterà il tema «Quale cittadinanza nella società multiculturale?».

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È morto don Giorgio Basacca, mercoledì 25 marzo il funerale

All’alba di martedì 24 marzo è morto all’età di 81 anni don Giorgio Basacca, mercoledì 25 marzo il funerale viene celebrato nella parrocchia di Sant’Agnese in Pescaiola ad Arezzo. Don Giorgio era nato a Procenti (Vt) l’11 ottobre del 1934 ed era stato ordinato presbitero nel 1960. Trasferitosi nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro nel 2005, era subito diventato responsabile del servizio diocesano per la promozione del sostentamento del clero. A partire dal 2006 era poi diventato amministratore parrocchiale a Farneta, Montecchio e Monsigliolo e nel 2008 divenne consigliere per l’amministrazione dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Dal 2006 al 2010 era stato membro del Consiglio presbiterale.

Omelia dell’Arcivescovo nella V Domenica di Quaresima

Fratelli e sorelle nel Signore:
Dio ci dia pace
in questa quinta tappa del cammino quaresimale!
I. Il nostro Dio è misericordia 
Il cammino quaresimale ci ha condotto anche quest’anno alle soglie della Settimana Santa. Domenica prossima ricorderemo l’ingresso festoso di Gesù a Gerusalemme e poi i giorni della passione, morte e resurrezione del Signore, nostra Pasqua.
In questa quinta tappa del percorso penitenziale, la Chiesa ci propone il modo concreto perché la Pasqua che stiamo per celebrare abbia una valenza efficace per la nostra esistenza, segni un rinnovamento vero e profondo della nostra vita: un’alleanza nuova per essere graditi a Dio. 
La misericordia del Signore ci viene incontro, prendendoci per mano nell’ascolto della voce dei Profeti, nell’amicizia nuova con Gesù. Dio con bontà infinita cancella il nostro peccato, donandoci il suo Spirito. Purché nell’esercizio della nostra libertà siamo disposti a interiorizzare la Parola di Dio veniamo trasformati si cancellano i danni del peccato, si recupera la nostra identità di figli di Dio: a immagine di Lui siamo stati creati. Solo la fede ci libera dal formalismo della ritualità e dà consistenza alla nostra stessa volontà di conversione. 
La coscienza di ogni uomo è il santuario interiore da rendere mondo e libero, con quella fatica che è il prezzo della nostra dignità. Il cuore è il luogo d’incontro dell’uomo con Dio: ci liberi il Signore dalla banalità che pervade molta parte della vita del tempo che viviamo, dalla superficialità che dà importanza alle apparenze più che alla verità di noi stessi. Chiediamo al Signore in questa Pasqua che viene di farci passare dalla religiosità solo esteriore, dai riti che soddisfano il gusto del mistero ed esaltano la fragilità dell’uomo e le sue paure e di farci approdare al porto della salvezza, a incontrare Lui, il Signore. Il Profeta ci chiama a liberarci dal dominio degli istinti per convertirci al Dio vivente. I martiri cristiani furono condannati per essere “irreligiosi”, mai disponibili a gesti di culto, senza un vero riscontro interiore. Insegna la Scrittura religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: “Visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo”[1].
Il messaggio di Gesù fu chiamato Evangelo, notizia buona e bella: agli amici di Gesù in questo tempo complesso è chiesto di assomigliare a Lui, “mite e umile di cuore”. Pronti a perdonare, ad accogliere tutti, a non condannare nessuno. Si assomiglia a Gesù con un percorso di discepolato che non finisce che in Cielo. La poca frequentazione della Parola del Vangelo genera moralismo, non misericordia; allora quello che si dice e si fa, non è più né bella né “buona novella”.
La frequentazione costante della Parola di Dio dà dinamismo alla nostra vita e creatività alla Chiesa. Un’antica preghiera cristiana recita “la parola del Vangelo cancelli i nostri peccati”. La novità intrinseca del Vangelo infrange il male che vi è in noi. Ci fa alternativi alla logica del mondo, cambia le fondamenta della nostra esperienza umana: ci fa capaci di costruire una civiltà dell’amore.
II. Gesù, il Maestro, ci insegna a confrontarci con il male e a vincerlo
L’amarezza di Dio si trasforma in misericordia: il tradimento dell’Orto degli Ulivi a opera di un amico; la violenza fisica della flagellazione; la beffa della coronazione di spine, il crollo del mito della giustizia nella condanna del sinedrio; la volubilità della folla che grida: “Crocifiggilo”; la sofferenza fisica, il male, la morte. La risposta di Gesù è: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”[2].
La Chiesa, che è il corpo mistico di Cristo, riesce ad apprendere la lezione di Gesù? Al suo interno, di fronte al tradimento degli ideali: perché tanti ragazzi che hanno ricevuto il Vangelo se ne lavano le mani, nell’indifferenza? Perché il torpore e la flemma di tanti ministri e consacrati?
Nel consesso delle nazioni, perché ancora esiste la barbarie della tortura, della pena di morte, degli olocausti? Perché i poveri non hanno ancora giustizia sulla terra? Perché miracolismi ed empietà camminano insieme anche nel nostro tempo? Perché tanti malati ancora inguaribili, tanti handicappati, perché si muore a vent’anni?
La nostra preghiera, unita a quella di Gesù, è ancora capace di salvare la terra. 
Ecco cosa non sapeva Dio: l’esperienza dell’assurdo! “Imparò l’obbedienza dalle cose che patì”[3]: imparò quanto siamo capaci di farci del male: innocente fu perseguitato, benefattore fu ucciso. Ebbe pietà di noi e seguitiamo a non prenderlo in considerazione. Eppure l’amore di Gesù vince anche le nostre incongruenze, “rimane fedele”[4].
La fede insegnava Joseph Ratzinger quaranta anni fa, per il non credente è una grande tentazione . Affascina, fa riconoscere la novità del Vangelo di Gesù, che viene scoperto come “buono e bello”. È tentazione perché è atto dell’intelligenza e della volontà, di Dio e dell’uomo. È una partita che ogni generazione gioca, assieme al gioco della libertà.
La forza dell’obbedienza, come ci è insegnata dal Signore Gesù, è collaborazione con Dio e dunque efficacissima azione dell’uomo, che con la sua scelta diventa grande e significativo: il Figlio di Dio si fidò del Padre e riuscì a beffare il Maligno, sull’albero della croce.
L’obbedienza dei cristiani, che vuol dire farsi carico della situazione in cui la Provvidenza ti ha fatto trovare, diventa via di liberazione per il mondo che hai intorno, ma anche fonte di ogni personale dignità. La via cristiana per migliorare il mondo parte dall’impegno dalla persona.
III. Dal Vangelo tre lezioni
L’evangelista Giovanni ci offre tre maniere perché la Pasqua che tra breve celebreremo ancora non si esaurisca nella tradizione e nella ritualità. 
Il chicco di grano se non cade in terra e non muore non dà frutto.
Nessuna esperienza che non passi attraverso la persona è vera e significativa per chi la prova. 
Come in natura il seme per generare la vita deve rinunziare alla propria protezione e liberarsi dell’involucro, così ogni uomo e ogni donna, se vuole essere utile agli altri deve coinvolgersi nelle situazioni in cui si trova.
Occorre far scoppiare l’involucro delle contraddizioni che ciascuno si porta dentro e mettersi al servizio dell’altro, di chi è nel bisogno. Se fai come il bruco, esce ancora la farfalla che vola. Ma tu sei ben più che un piccolo insetto: non vi è nelle tue scelte il determinismo che presiede ai comportamenti degli animali. La persona umana è dotata di intelligenza e capace di libertà. Anche alla solidarietà è necessario essere educati pazientemente attraverso scelte etiche e allenamento alle responsabilità.
L’ora della glorificazione è il momento in cui risplende l’amore e si manifesta la tua verità. Gloria è una categoria biblica che connota il momento in cui tutti possono vedere la realtà delle cose. La gloria di Cristo è vedere che per noi va in croce e muore, affidandosi al Padre che, dopo tre giorni, lo farà risorgere. Noi siamo privi di pazienza: non sappiamo aspettare che Dio, vera guida della storia, valorizzi ciascuno dei suoi figli. Bonaventura da Bagnoregio insegna che la croce del Signore è l’unico legno capace di farci passare il mare rosso delle nostre contraddizioni e delle insicurezze che ci attanagliano [6].
La gloria di Cristo è la sua regalità, perché con la coerenza del suo amore conquista ancora oggi la nostra fiducia. Così nasce la fede.
Infine, il giudizio di questo mondo. La verità giudica le cose con la sua solarità. “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” [7]. 
[1] Gc 1,27
[2] Lc 23,34
[3] Ebr 5,8
[4] 2Tim 2,13 
[5] Ratzinger J., Introduzione al cristianesimo, Quesrininana 2014, pag. 38
[6] Bonaventura da Bagnoregio, Itinerarium mentis in Deum, cap. 7
[7] Gv 1,4-5

Pellegrinaggio diocesano a Lourdes dal 15 al 21 giugno

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L’UNITALSI della diocesi, l’Ufficio diocesano per la pastorale della salute e il Centro Pastorale per i pellegrinaggi promuovono un pellegrinaggio a Lourdes (scarica il volantino illustrativo). Il pellegrinaggio vuole essere una “gioiosa avventura per ricevere e annunciare il Vangelo di Gesù, facendolo risplendere in una vita buona, manifesta anche nei credenti di oggi… una fede operosa, un carità disinteressata e una ferma speranza delle comunità cristiane”. Il pellegrinaggio si svolge dal 15 al 21 giugno con la consueta modalità del viaggio in treno. Per iscriversi c’è tempo fino al 30 di aprile. Per ulteriori informazioni relative al programma e alle modalità di partecipazione si consiglia di contattare l’Ufficio pellegrinaggi, o l’Ufficio diocesano per la pastorale della Salute o l’UNITALSI diocesana.


Stazione quaresimale a Loro Ciuffenna

Domenica 22 marzo l’arcivescovo Riccardo Fontana sarà a Loro Ciuffenna per la consueta Stazione quaresimale. Alle 17 è prevista una liturgia penitenziale al Santuario di Santa Maria dell’umiltà e alle 18 la Messa della V Domenica di quaresima in parrocchia. L’incontro è rivolto a tutte le comunità della Zona pastorale del Valdarno.

Omelia dell’Arcivescovo per la Stazione quaresimale della Valdichiana

Fratelli e sorelle nel Signore:
Dio ci dia pace, 
mentre raccogliamo l’invito del Profeta “Rallegrati Gerusalemme” 
in questa domenica di mezza Quaresima
1. Il dialogo di Gesù con Nicodemo e il tema della salvezza 
Gesù è il fondamento della nostra speranza, è la misura dell’amore che Dio ha per noi. In croce il Figlio di Dio beffò il diavolo che credeva, con la sua morte, di aver vinto. Non sapeva che il Padre lo avrebbe resuscitato.
La resurrezione del Signore è l’avvio della vittoria sulla morte. L’amore ha vinto la morte nel primogenito della nuova creazione, in attesa di sconfiggerla in tutti gli uomini.
Nicodemo è incantato dalla persona di Gesù e dalle sue parole. Al suo desiderio di incontrare il Signore si frappone, da membro del Sinedrio, il timore delle possibili reazioni degli altri sinedriti; così va a raggiungerlo di notte. È davvero un personaggio del nostro tempo. Il fascino di Gesù seguita ad attrarre molti, ancor oggi. Chiediamoci il perché. Il Vangelo ci dice di dialoghi tra il Figlio di Dio e Nicodemo, che forse nelle parole del suo interlocutore intuisce che egli è il Verbo di Dio: la Parola che lo interpella in ordine alla salvezza.
Questa condizione particolare motiva la risposta di sapore quasi sinagogale di Gesù,: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell’uomo” . L’argomentazione, chiara per un ebreo, merita qualche nota perché sia chiara anche ai nostri contemporanei.
Nel deserto di fronte alla mormorazione del popolo un numero ingente di serpenti velenosi semina il terrore tra gli israeliti che, non paghi di essere stati liberati dall’Egitto, infieriscono contro Dio e contro Mosè, che ha condotto il popolo nel deserto.
In risposta alla preghiera di intercessione di Mosè Dio mostra il rimedio al male dei serpenti, ma ancor più al male dell’uomo. Occorre risanare la natura umana, che è resa fragile dal peccato. Fu vero allora, lo è ancor oggi. La condizione dell’uomo è segnata dal limite; ogni generazione, ogni persona si misura con la pochezza del suo agire. Solo il male che incombe ci fa rendere conto che non siamo onnipotenti, né eterni. 
Durante l’Esodo antico nel deserto Israele si disperò per l’insidia mortale dei serpenti che affliggevano il popolo. Mosè obbedendo a Dio fece innalzare su un legno, simile alla croce, un serpente di bronzo che rievocasse la causa della sofferenza del popolo. Quanti lo contemplavano venivano risanati. All’uomo che si rende conto della propria fragilità Dio non nega la grazia della salvezza.
Gesù spiega a Nicodemo che è necessario che “il figlio dell’uomo”, cioè lui stesso crocifisso nella sua natura umana fragile e debole, diventi il riferimento della salvezza del nuovo popolo di Dio nell’esodo pasquale verso il Paradiso. È Lui la fonte della grazia. Quanti a Lui si rivolgono ottengono la salvezza. 
Dio infatti – soggiunge il Vangelo – “ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” . Gesù è il nuovo Adamo, “il Figlio dell’uomo” già prefigurato dal profeta Daniele, mandato da Dio, che non cessa di amarci . La natura umana, pervertita dal peccato e dalla malizia, in Gesù è ricreata, per l’effusione dello Spirito Santo. Quanti cioè credono in lui divengono alternativi a se stessi, nuovi, come il pane azzimo di Pasqua, senza il lievito della malizia.
San Bonaventura, a La Verna, scriveva che la croce del Signore è il legno che ci fa passare il mare rosso delle nostre indecisioni e del nostro peccato, è la via della salvezza, se solo ci affidiamo al Crocifisso . “Rallegrati Gerusalemme” perché Dio ci ha offerto la possibilità di uscire dal cerchio perverso del peccato. C’è salvezza, se solo ci lasciamo coinvolgere con fede nel progetto di Dio che, per amore, ricrea un’umanità nuova nel suo Figlio amato, Gesù.
2. Per grazia siete stati salvati
La Chiesa ci invita a rallegrarci. Non per opera nostra, ma per grazia siamo stati salvati. Oggi è la domenica in cui si contempla la bontà di Dio che non ci ha abbandonato alle nostre responsabilità, ma ci aiuta, ci ricrea.
“Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù, per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminiamo”[5]. Tre cose ci sono chieste dalla Scrittura: credere che è possibile l’alternativa a questo mondo, spesso cattivo e disumano; che la fede, per il dono dello Spirito, ci fa nuovi a immagine di Dio; che da noi Dio si aspetta la disponibilità a riprendere il cammino, cioè la pratica della virtù della speranza.
Il sacrificio d’amore sulla croce, dove muore la morte e rinasce la vita per opera di Dio, comporta che gli amici di Gesù non si perdano di coraggio [6]. È possibile un’alternativa alla cattiveria che sembra dominare il mondo: la storia è riscattata e guidata da Dio: Cristiano non avere paura, combatti la tua battaglia, a Dio è gradito ogni uomo e ogni donna che, come il patriarca Giacobbe, scelga di lottare [7].
L’opera della divina Grazia, cioè l’opera dello Spirito Santo, giorno per giorno ci trasforma. Vivere in Grazia di Dio significa lasciare spazio a Dio perché cancelli in noi il peccato, le inclinazioni cattive verso il male e ci forgi sul modello di Gesù, l’uomo nuovo, giusto, pieno d’amore. 
La grazia Dio però non offre soltanto salvezza. Insegna anche ai credenti come vivere una vita santa e giusta evitando tutte le cose che non piacciono al Signore: “Ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”[8]. 
Fede è mettersi in cammino, realizzando nel dialogo e nella pace il progetto di Dio, un’umanità nuova, a immagine del Cristo: il carattere di cristiano ricevuto come dono al battesimo richiede che venga fatto manifestare nel tempo, attraverso un percorso che nel credente passa dalla sequela del Signore, all’imitazione di Lui, fino a essere configurati a Gesù, che è il modello perfetto dell’umanità nuova. Come insegna san Paolo “per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo”[9].
3. Rivisitare il proprio progetto di vita 
Il libro delle Cronache ci ha ricordato che il male che viene nella società è provocato dal nostro vivere male. 
È una fatale illusione, oggi assai diffusa, ritenere che il nostro comportamento non influisca sulla società. 
Ogni peccato ha una dimensione sociale, nell’insegnamento della Scrittura e nella costante dottrina della Chiesa: “Il peccato porta disordine oppressione e violenza nella famiglia nella città nella nazione e nei rapporti tra i popoli. Corrompe la convivenza tra gli uomini… I peccati personali moltiplicandosi si fossilizzano in strutture sociali di peccato; queste a loro volta condizionano fortemente le persone e le inclinano a nuovi peccati”[10]. 
Israele antico conobbe l’esilio babilonese e il pianto nella consapevolezza delle cose perdute. Si rese sordo al grido dei profeti fin quando fece dolorosa esperienza che il frutto del disordine aveva sovvertito la propria libertà. L’esilio babilonese fu percepito come l’effetto dell’abbandono della Legge di Dio e il frutto perverso di una società lasciata alla deriva dell’arbitrio del più forte.
Dio non abbandona mai il suo popolo. Il Profeta anche nel momento del pianto annunziò, che ascoltando la preghiera del suo popolo, Yahweh avrebbe liberato Israele dalla schiavitù. L’insperato ritorno a Gerusalemme, a opera di Ciro il Grande, fu concepito dall’agiografo come il segno della benevolenza divina che non abbandona.
Anche noi siamo invitati a “leggere i segni dei tempi”[11]: Papa Francesco, il Giubileo della Misericordia, una rinnovata attenzione alla famiglia, perché sia risanata anche nel mondo occidentale, manifestano i doni della Provvidenza.
Per rispondere alla Grazia, che è dono pasquale offerto a ciascuno di noi, ci è chiesto di rivedere il nostro stile di vita e di conformarlo al Vangelo con un serio e forte progetto quotidiano.
Siamo certi che a nessuno è negata la Grazia. Come la tradizione vuole che in queste settimane si ponga mano a pulire e rassettare le nostre abitazioni, il breve tempo che ci prepara alla Pasqua sia l’occasione propizia perché ciascuno di noi faccia ordine nella propria interiorità e si prepari a raccogliere l’invito dell’Apostolo: “Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” [12]. 
[1] Gv 3,14
[2] Gv 3,16
[3] Cfr Dan 7,13
[4] S. Bonaventura, Itinerario della mente di Dio, VII, 2 e 6
[5] Ef 2,10
[6] Sant’Agostino, Discorso nei giorni di Pasqua 233,4
[7] Cfr Gen 32,28
[8] Tit 2,12-13
[9] Ef 2,8-10
[10] Catechismo degli adulti [1087]
[11] Consilio ecumenico Vaticano II, Gaudium et Spes, n° 4
[12] 1Cor 5,8

Ad Arezzo incontro nazionale del Movimento apostolico ciechi

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Centinaia di aderenti al Movimento apostolico ciechi si recheranno ad Arezzo dal 20 al 22 marzo per le giornate nazionali della condivisione. Un momento importante per la vita dell’associazione che ogni anno si svolge in una città diversa d’Italia e che avrà per tema “Rinnovarsi per testimoniare la Sua gioia”. Un momento di incontro e confronto per far conoscere la missione dell’associazione e dare testimonianza del proprio impegno apostolico. I lavori si svolgeranno all’Hotel Minerva e prenderanno il via la mattina di sabato con un confronto aperto alla cittadinanza che prevede una conversazione-testimonianza di Franco Vaccari, presidente di Rondine cittadella della pace, seguita da altre testimonianze.

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Nuovo bando per il Servizio civile, sei posti disponibili alla Caritas

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La Caritas diocesana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro partecipa al bando di concorso di servizio civile nazionale per la selezione di sei giovani da impiegare all’interno del progetto “Arezzo, una terra accogliente”. Progetto che si pone l’obiettivo di rafforzare i servizi di prima accoglienza e ascolto che la Caritas porta avanti ogni giorno e promuovere una cultura di pace e accoglienza in cinque differenti realtà del territorio. Per i giovani che saranno selezionati l’inizio del servizio è previsto nei primi giorni di settembre.
Queste le realtà nelle quali sarà possibile svolgere il servizio civile:
Centro di Ascolto della Caritas diocesana (Arezzo, 2 posti);
Centro di Ascolto della Caritas di Cortona (Cortona, 1 posto);
Ufficio comunicazioni sociali – emittente comunitaria TSD (Arezzo, 1 posto);
Mensa diurna della Caritas diocesana del Sacro Cuore (Arezzo, 1 posto);
Rondine cittadella della pace (loc. Rondine, 1 posto).

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L’avvocato Marco Randellini è il nuovo direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro

Marco-Randellini

L’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, guidato a lungo da padre Antonio Airò ha adesso un nuovo direttore. Si tratta dell’avvocato Marco Randellini, dirigente della Camera di Commercio della provincia di Arezzo. Questo il testo integrale del decreto di nomina: “La Dottrina Sociale della Chiesa attribuisce ai laici l’animazione cristiana della società. Forte di questa consapevolezza la nostra diocesi intende sempre più valorizzare i ruoli e le competenze dei suoi figli. Dovendo pertanto nominare il Direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale Sociale e del Lavoro, Salvaguardia del Creato, Giustizia e Pace, lieto per aver avuto la tua disponibilità a coordinare una materia così delicata, dove è necessario esprimere l’attenzione del corpo ecclesiale per il modo del lavoro, con il presente Decreto, avvalendomi delle mie facoltà ordinarie, “ad triennium” nomino te Avv. Marco Randellini Direttore per la Pastorale Sociale e del Lavoro, Salvaguardia del Creato, Giustizia e Pace nella Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro”.

La Diocesi celebra la memoria liturgica del beato Torello da Poppi, eremita

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Nel calendario proprio della nostra Diocesi è iscritta al 16 marzo la memoria liturgica del beato Torello da Poppi, eremita. In questo Anno della Vita consacrata è opportuno che la memoria liturgica del beato Torello sia celebrata non solo nel territorio di Poppi, ma anche in tutte le Parrocchie e le Comunità religiose della Diocesi. Per aiutarci, in questo Anno dedicato alla Vita consacrata, l’Ufficio liturgico diocesano sta elaborando per il giorno della memoria liturgica di ognuno dei santi e beati della nostra diocesi dei sussidi per la celebrazione liturgica comunitaria e personale. A questo link è possibile scaricare un libretto con i testi liturgici e maggiori notizie agiografiche e storiche sul beato Torello da Poppi. L’intento è quello di favorirne per tutti la conoscenza, il culto, l’imitazione delle virtù e l’invocazione del patrocinio presso Dio. In particolare, per i religiosi la conoscenza del beato Torello sarà occasione di meditazione comunitaria e personale e potrà invogliarli a recarsi a pregare presso le sue reliquie nella Badia di San Fedele a Poppi e nella vicina località di Avellaneto, ove sorge ancora il suo eremo.

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