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Cortona celebra la patrona Santa Margherita

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Come ogni anno migliaia di fedeli saliranno al Santuario di Santa Margherita da Cortona per pregare ai piedi della santa penitente. Le Messe inizieranno dalle 7 mattino, con la prima celebrazione presieduta da fra Silvano Remaggi della fraternità del Convento di S. Margherita. Alle 11 sarà la volta della Messa Solenne presieduta dall’Arcivescovo Riccardo Fontana. La Messa delle 16 sarà presieduta invece dall’Arcivescovo di Lucca Italo Castellani, originario proprio di Cortona e animata dalla corale S. Cecilia.

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Omelia dell’Arcivescovo per la Solennità di Santa Margherita da Cortona

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Reverendissimo e caro Ministro Provinciale dell’Ordine dei Frati Minori,
miei fratelli nel sacerdozio,
figli e figlie della nostra Chiesa, qua convenuti per far festa accanto a Santa Margherita:
il Signore ci dia pace e la capacità di far nostro il tesoro che ci viene dal cuore del XIII secolo,
solo ventuno anni dopo la morte di San Francesco.

  

  1. Il perdono, principio di identità del messaggio cristiano
Accoglienza per tutti e perdono per i peccatori pentiti è parte essenziale della novità del Vangelo. È la notizia buona e bella che fa avvicinare a Gesù, le folle dei suoi contemporanei. È la novità che ci è affidata per far incontrare il Signore agli uomini e alle donne di oggi. Non astratti moralismi, ma un fatto, un incontro con la persona di Gesù che è vivo nella sua Chiesa, accanto a noi. Lui celebriamo nei santi misteri, Lui predichiamo ad ogni creatura, come Lui vogliamo fare incontrando tutte le persone che la Provvidenza ci farà incrociare nel nostro cammino.
Abbiamo bisogno di confrontarci ancora con l’Evangelo, che è innanzi tutto l’annunzio del perdono: anche oggi, saliti sul colle di Santa Margherita, siamo a far festa perché Dio ci accoglie e ci perdona. La misura della nostra autenticità è se anche noi che diciamo di essere la Chiesa di Gesù, siamo disponibili ad andare incontro alla gente, come quel pastore che non trova pace finché quella pecorella smarrita non è ritornata all’ovile. La maternità della Chiesa, diventa concreta esperienza di vita, se sapremo fare come la donna del Vangelo che, avendo perduto il suo soldo, butta per aria la casa intera, e fa festa con le vicine appena l’ha ritrovata.
Occorre ridire a noi stessi e a quanti incontriamo che le persone valgono più di un soldo, siamo ben più che una pecora smarrita: siamo figli di Dio, il suo capolavoro!
La vicenda umana di Santa Margherita ci è ancora di esempio per la strepitosa attualità della sua storia. È da quel lontano 1297 che Cortona seguita a meravigliarsi per la misericordia del Signore. Margherita da Laviano, un’oscura fanciulla che va a convivere con un uomo. Anche i tuoi genitori, certamente i tuoi nonni, avrebbero preso le distanze da un comportamento che purtroppo si è andato moltiplicando nel tempo. In questa caduta vertiginosa dei principi morali, ci siamo ritrovati con la generazione più giovane che non sa più ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Tacciono le istituzioni, anzi insegnano il rovescio di quella che è l’identità cristiana del popolo italiano, la nostra identità certa. Anche nel tempo presente, invocando Margherita – il suo nome in latino significa “perla” – la Chiesa vuole ritrovare la perla preziosa della fedeltà a Cristo, la dolcezza del perdono possibile.
Tutti noi abbiamo qualcosa di cui dobbiamo farci perdonare. Nel segreto delle coscienze, forse molti ancora si chiedono con incertezza, alcuni anche con trepidazione e vergogna: “Potrà il Signore accogliermi così come sono?! Con i limiti che ho, con il peccato che mi porto dietro, con le contraddizioni, con la poca chiarezza, con la doppiezza che ci portiamo dietro tutti, amici, siamo venuti dalla Santa penitente, per ridirci, guardandoci in faccia, che crediamo nel perdono di Dio.

 

  1. Il rispetto della dignità della persona: accogliere ed educare
Troppe volte anche la Chiesa cerca di non disturbare nessuno e si capisce male il messaggio. Il messaggio che è di liberazione, di pace, di recupero di una dimensione umana, senza la quale uomini e donne anche nel nostro tempo sono infelici. Io non so se i ragazzini e i bimbi di Cortona sanno ancora di quel piccolo cane che conduce Margherita a incontrare la sua storia di amore andata in rovina. Troppe volte la gente del mio tempo, i ragazzi e le ragazze del mio tempo, si fanno condurre da altro che la Sapienza. Occorre ritrovare la voce. Qual è il segno di Dio?
Ragionando con i miei frati, qualche tempo fa, dicevo la mia forte meraviglia: l’Ordine francescano nascente riesce ad ascoltare la piccola Margherita disperata, riesce a consigliarla, a farsi strumento di Dio, perché la giovane derelitta che è andata per vie sbagliate, ritrovi la via di Dio.
La via della conversione, miei fratelli, è un cammino possibile. C’è un prima e un poi, c’è l’intervento della Grazia che si serve rigorosamente della sua Chiesa. La nostra Chiesa vuole ritrovare la dolcezza e la tenerezza di stare accanto ai nostri ragazzi, qualunque sia la loro età, anche se hanno i capelli bianchi. La Chiesa deve essere ancora capace di considerare con tenerezza, dolcezza e affezione, quanti incontra. Salire sul monte ha un alto valore simbolico già in sé. Venire da Santa Margherita e andare nella casa dei santi, vuol dire ritrovare la nostra voglia di uscire dalla palude quotidiana di compromessi, di peccato, di ingiustizia, di cattiveria, di miseria in cui ci siamo rassegnati a vivere.
Margherita guidata dai frati è la mediazione imprescindibile della Chiesa. Saremmo capaci noi sacerdoti del nostro tempo, in questa terra di Cortona e di Arezzo, di portare la gente al Signore?
Il linguaggio della credibilità è ancora lo stesso. Si diventa credibili con l’austerità della vita, con l’esempio ancor prima che con le parole, con la santità dei comportamenti, con la giustizia della nostra storia personale. A noi tocca di prendere per mano ciascuno, cominciando dagli ultimi, da chi bussa alla nostra porta, dai piccoli, dai poveri, dai disperati. A noi tocca di riportare la gente al Signore. Oggi, in questa fase complicata della nostra storia collettiva in cui ci sono incertezze sulla giustizia. I nostri ragazzi non sanno più qual è la via del Signore, la via della libertà e della pace: tocca a noi ministri del Signore fare il proposito di essere gli strumenti della sua pace.

 

  1. La fede che libera attraverso la pratica della carità

 

È tradizione a Cortona, che il giorno di Santa Margherita tutti si confessano e si comunicano: questa è la tradizione dei padri. Quando ti sei messo davanti al ministro del Signore, dopo aver detto le tue colpe, il confessore ha ripetuto su di te “mediante il ministero della Chiesa” e questa mediazione, la Chiesa vuole farla con maternità.
      Il cammino di correzione porta poi Margherita a essere modello e strumento della carità.
      Di quale conversione stiamo parlando? Basta una scelta ideologica? È sufficiente fare un bel proposito salendo sul monte di Santa Margherita? Ci possiamo accontentare di pii sentimenti? Santa Margherita da Cortona ci insegna, miei amici, la concretezza della carità. Il fascino di vedere Gesù nei piccoli, nei poveri e nei malati. A cominciare dai malati.
Voglio andare col pensiero a delle piaghe del nostro tempo particolarmente dolorose. Voglio pensare ai malati che ancor oggi nei cinque ospedali della nostra Chiesa diocesana hanno ben poca speranza di guarire. Vado col pensiero al numero crescente dei malati psichiatrici, per i quali non c’è più provvidenza. Di fronte alla Santa che ha insegnato la solidarietà all’Umbria e alla Toscana insieme, qui siamo sul crinale, c’è da chiederci se siamo ancora capaci di essere solidali.        Tocca oggi interrogarci se i cristiani ancora vogliono lo Stato sociale, se la nostra scelta è a favore di chi è meno fortunato, se sappiamo aprire gli occhi non solo sul nostro cammino interiore dello spirito, ma anche sulla concretezza della carità. Allora, la Santa di Cortona, che ha fatto celeberrimo il nome di questa città per il mondo, riprende la sua luce naturale. La luce di maestra per le vie dello Spirito, nell’unità con Dio, nel dominio di sé, nell’uscire dal male per costruire il bene, dandogli al contempo la prospettiva e il profumo di Dio.
Con questi sentimenti, accanto ai resti mortali di Santa Margherita, vogliamo guardare con occhi nuovi il suo popolo, guardare in mezzo a noi ai bisogni della gente e ritrovare quell’amore per Gesù crocifisso, che diventa amore per il prossimo; unità con Dio, sulle orme del serafico padre Francesco, che diventa accoglienza e delicatezza verso le sofferenze del mondo.
Sì, siamo tornati sul monte per tornare a sognare. Chiediamo il dono della conversione del cuore, perché con occhi nuovi torniamo alle occupazioni di ogni giorno e recuperiamo il fascino di essere cristiani.

 

“Oltre 50mila in Duomo per invocare conforto”

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Questa l’apertura del numero 8 de La Voce di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il fascicolo diocesano di Toscana Oggi. All’interno i servizi sulla festa del 15 febbraio. In questo numero, anche lo speciale sulle elezioni politiche con le interviste ai candidati aretini al Parlamento. “In piazza per il Papa. Il grazie dei fedeli” è il titolo di apertura del nuovo numero. In prima pagina l’editoriale di Andrea Fagioli, dal titolo “Il valore di un voto, nonostante la pessima legge elettorale” e quello di Giuseppe Sabagnone, su “Una Chiesa chiamata a riscoprire la dimensione di umanità”. 

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È morto Fernando Castellani, fratello dell’Arcivescovo di Lucca

È morto a La Fratta di Cortona Fernando Castellani, fratello dell’Arcivescovo di Lucca Italo Castellani, originario di Cortona. Giovedì 21 febbraio alle 15 verrà celebrato il funerale nella chiesa di Santa Maria Nuova presieduto dall’Arcivescovo Italo e concelebrata dall’Arcivescovo Riccardo.  

Un video virale per promuovere la buona agricoltura toscana

Un video virale, firmato da Francesco Faralli, è stato ideato per il primo laboratorio televisivo rurale Le Radici del Futuro, realizzato da Toscana Link, il consorzio che unisce l’emittente comunitaria della diocesi TSD,  quella della diocesi di Prato TvPrato e il settimanale Toscana Oggi, con il contributo della Regione Toscana. Il progetto multicanale e multimediale comprende 8 puntate di un format televisivo originale, un blog, un video virale e promozione integrata degli obiettivi del progetto su tv, stampa, siti istituzionali, social network, ecc… Il programma televisivo è stato realizzato con la collaborazione degli istituti agrari toscani sia tecnici che professionali, aziende agricole ed esperti del settore.
Scegli radici solide per il tuo futuro. L’agricoltura è la chiave dello sviluppo. I prodotti tipici della Toscana rurale fanno grande l’Italia nel mondo.

Un video virale per promuovere la buona agricoltura toscana

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Visite guidate gratuite al Palazzo Vescovile di Arezzo

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Sabato 23 febbraio, in occasione della XXIV Giornata Internazionale della guida turistica il Palazzo Vescovile di Arezzo sarà  aperto in via straordinaria e visitabile gratuitamente. L’iniziativa promossa dal centro Guide della provincia di Arezzo in collaborazione con la diocesi permetterà di ammirare la notevole quadreria custodita al suo interno con importanti dipinti dal XV al XIX secolo, affreschi cinquecenteschi dell’aretino Teofilo Torri e l’appartamento che nel 1992 ospitò il beato Giovanni Paolo II, papa. Le visite guidate si svolgeranno alle 10, alle 11, alle 12, alle 15, alle 16 e alle 17 ed è obbligatoria la prenotazione (chiamare lo 0575.40.33.19 o il 334.33.40.608). Durante le visite saranno raccolti fondi da destinare in beneficenza.

Un laboratorio per capire e comunicare con le foto

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Il 20 febbraio prende il via presso il Centro giovanile di San Michele un laboratorio di fotografia dedicato a coloro che voglio imparare a leggere e scrivere con le immagini. Quattro incontri per entrare “dentro l’immagine” e migliorare le proprie doti tecniche e teoriche. Gli incontri cercheranno soprattutto di tracciare un percorso per imparare a capire come e perché scattare una foto, educare all’immagine , capire le differenze tra l’occhio umano e l’obiettivo di una fotocamera, saper raccontare qualcosa. A fare da guida in questo percorso ci sarà Livio Lacurre, 38 anni, cresciuto proprio nella pastorale giovanile diocesana e oggi apprezzato e premiato fotografo di livello internazionale. “In questo corso – spiega Livio Lacurre – faremo insieme degli esperimenti e verifiche tecnico-pratiche, cercando di rendere sempre chiaro il significato dello scattare una foto in un modo piuttosto che in un altro. Cercheremo il gusto del fotografare il bello, poiché la ‘bellezza salverà il mondo’ ”.

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A San Marco alla sella presentazione del libro “Oltre l’emergenza educare ancora”

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L’associazione “La Famiglia” e il Centro Pastorale per la famiglia in collaborazione con la parrocchia di San Marco di Arezzo, promuovono un incontro nel quale verrà presentato il libro Oltre l’emergenza, educare ancora di Chiara Palazzini ed edito da Cittadella. La pedagogista aretina e docente della Pontificia Università Lateranense presenterà questo suo lavoro sabato 23 febbraio a partire dalle 15.45 presso la sala della parrocchia. L’iniziativa nasce “per riflettere sulla funzione educatrice della famiglia, luogo privilegiato dove si apprende la dimensione relazionale e dinamica del percorso esistenziale. Tale compito pare da tempo messo in crisi dal relativismo esistenziale che determina una vera e propria ‘emergenza educativa’ ”.

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Omelia dell’Arcivescovo per la prima domenica di Quaresima

Fratelli e sorelle nel Signore:
pace a voi!
Inizia il cammino quaresimale, che serve a liberarci dal male. La Chiesa ci guida in questo percorso proponendoci l’icona di Gesù che, guidato dallo Spirito, tentato dal demonio, per quaranta giorni digiunava nel deserto.

 

1. La vita come pellegrinaggio
I Padri insegnano che la vita stessa è come una traversata del deserto. Quella antica dell’Israele di Dio, un esodo dall’Egitto della schiavitù, in cammino verso la terra della promessa, ne fu la “figura”, l’immagine simbolica. Il Sacramento Pasquale, di cui queste settimane sono il preludio, anticipa nella vittoria di Gesù sul male e sulla morte la nostra stessa vittoria e dà efficacia al nostro impegno.
Il cammino in questo mondo è finalizzato all’acquisto della libertà: la verità sull’uomo, su noi stessi ci farà liberi[1]. Dio ha voluto, nella sua provvidenza, che fossimo partecipi della libertà, che è la sua identità più vera: manifesta la sua sovranità sulle cose. Ha voluto che imparassimo nel percorso della vita a fare corretto uso delle cose. Non è libertà fare quello che vuoi, ma decidere quello che vuoi fare. Ha voluto che questa identità che ci fa figli nel figlio[2] venga maturata nella responsabilità e nel contrasto. Si diventa grandi solo facendo nostre le esperienze migliori e scegliendo di preferire l’amore al meccanicismo delle cose. Dio ci chiede di imparare la libertà attraverso una costante educazione al bivio. Ci manifesteremo come “figli nel Figlio”, imparando a preferire il buono, il giusto e il bello. Gli anni che ci sono dati sono per imparare a far nostra la libertà. Gesù è andato in croce perché noi imparassimo a scegliere: siamo stati liberati. La Chiesa greca descrive la vita con l’icona delle due torri. È un pellegrinaggio dalla torre di Babele della nostra sufficienza, del nostro orgoglio, della nostra presunzione, alla Gerusalemme del Cielo, la città di Dio.
L’esperienza del rapporto col mondo il Santo Padre Agostino la raffigura a quella del viaggiatore con la locanda dove prende alloggio: “Ama Dio… Usa del mondo senza diventarne schiavo. Ci sei venuto per compiere il tuo viaggio: ci sei entrato per uscirne, non per restarvi. Sei un viandante. Questa vita è soltanto una locanda. Serviti del danaro come il viandante si serve, alla locanda, della tavola, del bicchiere, del piatto, del letto, con animo distaccato da tutto”[3].

 

2. Il cammino interiore come la traversata del deserto
La Quaresima è un tempo di cammino, di progresso nella libertà, di lotta su se stessi e di liberazione dal male: “La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso se non è messo alla prova, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova”[4].
Il nemico ha molte facce: anzi questa è la malizia con cui tenta l’uomo. Vi sono difficoltà che provengono dalla vita e dalla cattiveria degli altri: la miseria, il lavoro che manca, la malattia, il tradimento degli affetti più cari, come quando scoppia un matrimonio o si perde l’amicizia di una persona cara. Sono prove dure, ma estranee al tuo cuore. Vi sono poi delle difficoltà che nascono dentro di te: quando ti ripieghi su te stesso, quando scorgi la cattiveria che hai dentro, l’ira, la menzogna con cui pasticci tutte le tue cose, l’odio per qualcuno, la incapacità di dominare te stesso che ti fa schiavo dei sensi.
Per chi vorrebbe lasciarsi andare la fede è una grande “tentazione”: come vorresti tornare bambino, ritrovare la semplicità e l’umiltà, ricominciare da capo.
Ascolta il Vangelo: Gesù non si sottrae al combattimento col principe di questo mondo. Non ci lascia soli. Nella sua natura umana tentata c’eravamo anche noi. Nella sua vittoria sul maligno anche noi vincemmo.
Gesù, si lasciò guidare dallo Spirito: per trovar forza contro il male ti è chiesto di essere docile allo Spirito di Dio, pronto a imparare dal Maestro interiore, e avrai assicurata la vittoria. “Impara dunque anche tu a vincere il diavolo. Lo Spirito ti conduce, segui lo Spirito. Non ti trascini l’attrattiva della carne: ricolmo di Spirito non cercare i piaceri del corpo; digiuna se vuoi vincere”[5].
Gesù fu condotto nel deserto: che è il luogo della tentazione, quando ti manca tutto, anche il necessario; quando ti rendi conto della difficoltà in cui sei, quando, nel silenzio, trovi il modo di scrutare la tua vita e non ti piace, quando ti senti deluso e inadeguato, bisognoso d’amore e terribilmente solo: il deserto indica il momento della prova.
Quando l’uomo è privato delle consolazioni sensibili o spirituali è esposto alla tentazione di dubitare dell’amore di Dio. È il momento in cui ti perdi di coraggio e ti chiedi se pure vale la pena di fidarti di Dio. È il momento in cui sei tentato di lasciar andare le cose come vanno; è il momento della rassegnazione e della ribellione. Soprattutto quella interiore, per cui non ti lasci più mettere in discussione dalla speranza.
Ma il deserto – insegnano i Santi Padri – è anche il luogo della vittoria: “Luogo dell’astinenza, per cui la sensualità è sottomessa in tutto, con retto ordine alla ragione, perché la ragione turbata non sia più indotta a peccare”[6].
Il deserto è la ricerca della essenzialità delle cose e della semplicità della vita. Vi è un silenzio che non è l’assenza degli uomini, ma la presenza di Dio. Allora “il deserto fiorirà” [7], come insegna la Scrittura. E i frutti di quel deserto sono la salvezza, il recupero di umanità nel tuo cuore e la conquista della verità su te stesso. Il deserto può diventare la via della pace.
Essere messi alla prova è l’esperienza dell’uomo, di ogni uomo. Ma attraverso le prove della vita sperimenti la qualità del tuo cuore e migliori te stesso: è la via attraverso la quale acquisti dignità. Perché Gesù fu tentato? Sant’Agostino dice: “Per mostrarci che si può resistere alle tentazioni e vincere il maligno”[8]: nessuno sa di essere di valore se non lo prova. Le prove sono un modo attraverso il quale diventare punto di riferimento per gli altri e strumento attraverso il quale il Signore ci fa progredire nel percorso verso Gerusalemme.
Vi è anche un’altra ragione per capire perché Gesù fu tentato nel deserto: volle confondere il diavolo con le sue stesse armi: “Cristo permise pazientemente al diavolo di tentarlo perché il nemico cadesse lui stesso vittima della propria insidia e fosse imprigionato lì dove pensava di imprigionare, e venisse così consegnato vinto da Cristo ai cristiani”[9].
Vi è un combattimento interiore che è ben più grande di quello che appare. Vi è un nemico invidioso e subdolo. Noi sappiamo che l’angelo ribelle si è fatto tentatore dell’uomo: a volte si manifesta nella sua nequizia e ci atterrisce; altre volte, più insidioso, si nasconde. Vi sono dei mali che appaiono chiaramente superiori alle forze dell’uomo. Di fronte a tanta cattiveria ci sentiamo impari, incapaci di resistere con le nostre sole forze.

3. Non ci indurre in tentazione
I contenuti della tentazione di Gesù hanno valore emblematico e riassumono ogni possibile tentazione dell’uomo.
Ci giovi, per recuperare la dignità, la certezza che Egli è il Cristo e vince la battaglia in cui l’uomo era stato sconfitto. Gregorio Magno insegna che Gesù vinse dove Adamo era caduto: gola, ambizione, avarizia, piacere, possedere, potere.
Ogni cristiano deve misurarsi con la prova dei sensi: la tentazione della fame e della sensualità. Con la nostra visione intellettualista non teniamo conto della capacità di condizionamento della nostra corporeità. Dando troppo spazio ai bisogni del corpo, secondo la sensibilità del nostro tempo, finiamo per soggiogare l’anima. Secondo l’insegnamento dei Santi Padri è necessario, invece, essere radicali nel rifiutare fin dall’inizio la tentazione: “Non devi far niente per secondare il diavolo”[10]. “Per vincerlo egli non impiega la sua potenza divina – di quale vantaggio sarebbe stato per me? – ma in quanto uomo si procura un rimedio accessibile a tutti”[11]. Per costruire la nostra libertà è necessario nutrire l’anima con la Parola di Dio: “Non di solo pane vivrà l’uomo”[12]. Così ci insegna il Vangelo; così la Chiesa ritiene contemplando l’icona di Gesù tentato nel deserto. Per attualizzare il Vangelo nella nostra concreta situazione di persone occorre demitizzare il peso dei sensi: la Parola ha la forza di creare in noi una mentalità alternativa.
Il nostro tempo è segnato dal sottile tarlo della competizione, che è divenuto come uno strumento culturale che identifica l’Occidente. Con questa consapevolezza ci poniamo di fronte all’icona della seconda tentazione di Gesù nel deserto. La prova dell’ambizione di successo è come chiedersi fino a che punto osare pur di avere successo. La questione è certamente urticante, perché è di straordinaria attualità. Il diavolo, poiché avverte la presenza di un forte, mette in opera la seduzione della vanità, che inganna anche i forti. La nostra cultura occidentale è fortemente provata dalla tentazione dell’onnipotenza: “What you dream you can”. Al cristiano è chiesto di rifiutare la sfida dell’assurdo. Risuona ancora il linguaggio di sapienza che viene dai Santi Padri come antidoto a sottile veleno: “Che c’è di più diabolico che consigliare agli altri di gettarsi in basso?”[13]. La parola del Vangelo, la parola stessa di Gesù ci aiuta a fermarci di fronte al male: “Non tenterai il Signore Dio tuo”[14].
Tre prove come numero simbolico ma già l’Evangelo di Luca dice “dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”[15]. In cima alla congerie delle tentazioni o, per dirlo con termini che ci sono più vicini, alla lotta a cui ogni persona è tenuta per essere davvero uomo, sta la prova dell’avarizia o dell’ambizione del potere. S. Ambrogio insegna che “il mondo è in mano al maligno… il potere viene da Dio ma l’ambizione del potere viene dal maligno”[16]. Ciascuno di noi sappia ancora scegliere per il Dio vivente e rifiutare tutti i falsi Dei: l’Olimpo e il Parnaso. Questa nostra civiltà è segnata da una sottile avarizia che è idolatria.
Questa tentazione del sublime si presenta come doverosa considerazione di se stessi. L’egoismo si maschera di dignità, si nutre di paure del futuro, si afferma nel mito di sé. Ancora la Parola è luce ai nostri passi per resistere al male. Gesù, anche a te che mi ascolti, ripete: “solo al Signore tuo Dio ti prostrerai, lui solo adorerai”[17].

 

4. La fede provata è preziosa agli occhi di Dio
Dall’Apostolo Paolo abbiamo imparato che il Signore custodisce chi gli rimane fedele: chiunque crede in Lui non sarà deluso[18]. La Parola evangelica fa riecheggiare la poesia di Isaia profeta[19], che descrive come storia d’amore il rapporto tra Dio e ciascuno di noi: un amore provvido, concreto, efficace fino alla salvezza. All’uomo, capolavoro del creato, Dio dona il domino sulle cose e pone al suo servizio le creature del cielo e della terra. Resistere alla prova allontana il maligno e ti fa servito dagli angeli.
L’offerta pasquale delle primizie nel Deuteronomio è il segno durevole della vittoria che ogni cristiano può conseguire: ci è chiesto di essere anche noi agnelli immolati, come Gesù. Offerta gradita al Signore è ancora un “cuore affranto e umiliato, che Dio mai disprezza”[20]. La pagina del ventiseiesimo capitolo del Deuteronomio fa parte del cerimoniale di Pasqua. Ogni pio israelita nei secoli così ha avviato la Pasqua. Il più piccolo di casa chiede al più anziano perché convenga far festa. È così, dal passaggio del Mar Rosso fino ad oggi. Chieditelo anche te se vi è ragione di festa al mondo e avrai trovato il senso cristiano della vita.
Anche al Cenacolo di Gerusalemme fu rivolta la stessa domanda a Gesù. Nell’amore, la sua risposta. La carità alla quale informiamo la nostra esistenza è il segno della sua vittoria, il sigillo di Dio sulla nostra vita di figli nel Figlio.

[1] Cfr Gv 8, 32

[2] Cfr. Rom 8, 14-17

[3] S. Agostino, Commento a S. Giovanni, 40, 10

[4] S. Agostino, Esposizione sul Salmo, 60, 3

[5] S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 4, 24

[6] S. Bonaventura, Sermoni Domenicali, Sermo 15, 6

[7] “Allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva” Is. 32, 15

[8] S. Agostino, Esposizione sul Salmo, 60

[9] S. Pier Crisologo, Omelia XI sulla Quaresima

[10] S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 4, 19

[11] S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 4, 20

[12] Cfr Mt 4, 4

[13] S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 4, 23

[14] Cfr. Lc 4,12

[15] Cfr. Lc, 4,13

[16] S. Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca, 4, 29

[17] Cfr Lc. 4, 8

[18] Cfr Rm. 10, 11

[19] Cfr Is 28,16

[20] Cfr Ps. 51, 19