Intervento tenuto in occasione della partecipazione al Consiglio comunale straordinario della città di Sansepolcro

Trascrizione dell’intervento del vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, mons. Andrea Migliavacca, tenuto in occasione della partecipazione al Consiglio comunale straordinario della città di Sansepolcro il 18 marzo 2023.
18-03-2023

Buongiorno a tutti, a chi è presente qui oggi e a chi ci ascolta grazie ai mezzi di comunicazione.

Con una parola di saluto a tutti voi, vorrei iniziare, innanzitutto, ringraziando chi mi ha invitato, il sindaco Fabrizio Innocenti, a cui sono grato per questa iniziativa e, in particolare, per la bella occasione che oggi mi offre di partecipare con voi a questo incontro e di vivere questa accoglienza istituzionale.

L’incontro di oggi è un’occasione che mi auguro e che, anch’io, desidero apra la strada a molte belle occasioni di dialogo e collaborazione.

Vorrei salutare tutti voi, a partire dal Presidente del Consiglio Comunale, dagli assessori, dai consiglieri e, poi, dai rappresentanti istituzionali degli altri Comuni della Valtiberina che sono qui con noi, e anche dalle autorità civili e militari: la polizia, i carabinieri, la polizia municipale e tutti quelli che svolgono servizi vitali per la vita del Comune.

Un saluto poi a tutti quelli che, non da questi banchi, ma in questa sala sono presenti e dicono il volto di chi partecipa alla cosa pubblica: quindi ringrazio tutti, a cominciare dal nostro parroco don Giancarlo Rapaccini, che, ormai, avendo iniziato a conoscerlo, sento non più solo come parroco di Sansepolcro, ma ormai anche legato nell’amicizia; quindi grazie a lui per la presenza.

Vorrei ringraziare per la sua presenza anche la stampa, che consente di rendere condivisi i momenti importanti come quello che stiamo vivendo.

Infine, vorrei ringraziare per le parole che tutti mi hanno rivolto: parole di benvenuto, di disponibilità e di invito alla collaborazione, parole di cordialità e di mani tese.

Grazie per le parole d’introduzione del sindaco, per l’interessantissimo racconto storico e artistico che ci è stato fatto dall’assessore Francesca Mercati e poi per gli interventi dei rappresentanti dei diversi gruppi politici del Consiglio: a tutti voi il mio grazie.

Essere qui è un momento importante per più motivi: il fatto di essere nella Casa Comunale, nel cuore della civitas, e non nella Cattedrale, ma in un’altra realtà di vita cittadina, di vita e di socialità, mi consente di vivere questo momento come occasione per ringraziare tutta la cittadinanza di Sansepolcro e dell’intero territorio della Valtiberina per i tanti segni, parole e gesti di accoglienza, che fino ad oggi mi sono stati rivolti.

Ma ciò che mi sembra significativo è che essere qui oggi mi dà occasione non solo di portare un saluto, ma una parola di condivisione, di disponibilità alla collaborazione, soprattutto nell’ascolto, rivolta a tutti. A tutti vuol dire al di là dell’appartenenza e delle convinzioni religiose personali, al di là delle affiliazioni partitiche e politiche, al di là degli orientamenti di idee e vita personali di ciascuno.

Essere qui mi consente, insieme al grazie per il benvenuto ricevuto, di dire una parola di apertura, di desiderio di incontro, di ascolto, di consapevolezza, di arricchimento per me, nell’incontrare e nel cercare occasioni di condivisione con chiunque, con tutti quelli che vivono in questo territorio, se ne sentono parte e lo rendono comunità vissuta.

Penso che ci sia da imparare davvero da tutti, non soltanto da chi vive le stesse esperienze religiose, culturali, politiche: è il metterci in ascolto della ricchezza dell’umanità che è in ciascuno. E io come vescovo dico non solo che desidero questo, ma che ne ho bisogno.

Credo che anche chi ha visioni diverse dalla mia o dalla vita ecclesiale potrà aiutarmi, e potrà aiutare la Chiesa a essere in ascolto, a condividere, a camminare insieme.

Ma dopo aver detto queste parole di gratitudine e di sguardo di collaborazione, di cammino condiviso, che ritengo per me, come vescovo, debba partire dall’ascolto, cioè dal mettermi in ascolto di chiunque abbia qualcosa da offrire al mio cammino e al mio entrare in questo territorio, vorrei condividere un’immagine e vorrei lasciarmi guidare da esse per rilanciare e rimandare un po’ quello che voi mi avete detto.

Mi piace pensare a Sansepolcro e al territorio della Valtiberina come a una comunità nella sua vitalità, una comunità viva. E perché dico questo? Anzitutto mi sembra di cogliere – e vi dirò che mi fa piacere, anzi mi piacerebbe incoraggiarlo – una percezione di una reale fierezza vostra, dell’essere cittadini di Sansepolcro e di questo territorio. Una fierezza, direi, ben motivata: lo abbiamo ascoltato. C’è un cammino di tappe storiche, che addirittura fa rievocare un legame profondo con la Terra Santa, e con il luogo più importante della Terra Santa, che è il Santo Sepolcro; poi c’è un cammino storico di questo territorio di centralità addirittura nelle vicende della nostra Toscana.

Insomma, c’è una ricchezza di esperienza storica, fino ad oggi, che ben motiva le ragioni di una fierezza di appartenere a questo territorio; e, se questo non bastasse, c’è una ricchezza di sguardo e di bellezza nell’arte, e tra tutti citiamo solo Piero della Francesca, ma insieme a tutti quelli che voi già avete ricordato, che ulteriormente motiva la fierezza di appartenere a questo territorio e a questa città.

Credo che questa sia una percezione che è una tra le prime che si hanno venendo – direi così, se me lo consentite – come nuovo cittadino di Sansepolcro: arrivando da realtà che ancora non conoscono questa storia e questa cittadinanza, subito si percepisce la fierezza di questa storia, di questa appartenenza.

Mi piace dire oggi che questo è un bel segno di vitalità, ed è una percezione e un modo di partecipare che ritengo vada incoraggiato e sostenuto.

Ma c’è un’altra vitalità che mi pare di percepire, ed è quella della vita pubblica. Ci veniva detto che, in occasione delle ultime elezioni amministrative, sono state presentate undici diverse

liste a sostegno dei candidati sindaco. Questo, al di là della diversità delle varie appartenenze delle liste, vuol dire essere cittadini che offrono una disponibilità a dare il proprio contributo alla vita pubblica. Guardate, e lo sapete meglio di me, non è una cosa scontata oggi, poiché c’è la fatica nel ricercare chi non solo ha il tempo, ma soprattutto il coraggio di assumersi responsabilità pubbliche. E poi il fatto che dei cittadini, e così numerosi, diano o, meglio, facciano un passo avanti per dire: «Noi ci siamo, se serve», per l’impegno pubblico, per l’impegno, in senso “alto”, nella politica di una città e di un territorio. Credo che questo sia un altro segno di vitalità, di vita della nostra città, e credo che sia bello riconoscerlo proprio in questo luogo, nella sede del Municipio, della cura e della custodia da parte di tutti della cosa pubblica; una percezione di partecipazione dalla cittadinanza che racconta una ricchezza e una vitalità della città di Sansepolcro e di questo territorio.

Ma c’è un terzo motivo per cui credo di poter riconoscere l’esperienza di una vitalità di Sansepolcro e di questo territorio, ed è la presenza della Chiesa in quest’area.

Mi pare di aver percepito, e correggetemi se mi sbaglio, che anche l’esperienza di Chiesa, e di Diocesi propriamente di Sansepolcro, senta una certa fierezza. Sebbene il cammino delle Chiese abbia portato all’unica Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, quest’ultimo non ha dimenticato che è stata un’autonoma Diocesi e non ha dimenticato che, ancora oggi, non è semplicemente un’aggiunta a una storia di una Diocesi più grande, ma conserva una propria identità, una propria storia, una propria ricchezza.

A questo riguardo lasciate che dica anche un grazie a don Andrea Czortek, che è custode e animatore dell’archivio e di tante persone che lavorano per l’archivio diocesano: esso non è l’archivio di una memoria “morta”, è memoria “viva” di una Diocesi.

Dunque, che questa parte dell’unica Diocesi si senta Chiesa è una bella cosa, è una ricchezza, è un’identità da mantenere perché, poi, ogni luogo e ogni territorio hanno le proprie tradizioni, e credo che cammino condiviso e unità non vogliono dire appiattirsi nell’uniformità.

I cammini di unità richiedono di valorizzare le differenze e le ricchezze di ogni luogo e di ogni territorio, non solo valorizzandole, ma promuovendole, tenendole vive. Allora mi piace sentirmi vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e mi piace che a Sansepolcro si possa dire «Il vescovo Andrea è il nostro vescovo», e che io possa avere occasioni di presenza, di condivisione, di storia condivisa con Sansepolcro, nell’unica diocesi, ma nella valorizzazione e nella ricchezza dell’identità che è vostra, che è di questa città, di questa Diocesi e di questo territorio.

Anche in questo, la percezione della ricchezza d’arte che c’è nella storia della Diocesi è un segno di vita: questa porzione dell’unica Diocesi Arezzo-Cortona-Sansepolcro, che è in Sansepolcro, cioè la parte biturgense della Diocesi, è parte viva, con una propria identità e, mi pare di percepire, ha voglia di vivere come propria identità, arricchendo tutta la Diocesi. Del resto “essere vivi” vuol dire “far vivere”: allora, la ricchezza di Sansepolcro diventa ricchezza per la parte aretina, per la parte cortonese, per un cammino condiviso.

A questo riguardo, mi unisco anch’io a quello che veniva detto circa l’importanza della vita religiosa nella vita della città. Si ricordava il monastero delle Clarisse: ci sono già stato e ho potuto apprezzare, potrei dire così, la bellezza di queste monache, che davvero devono essere custodite, e per le quali auguriamo un cammino di crescita e di vitalità.

Ma vado avanti, se me lo consentite, ancora per dire qualcosa di vitale che mi pare di percepire, ed è l’esperienza della carità e della solidarietà, le quali non sono solo nelle realtà della Diocesi, ma anche nella realtà cittadina.

Il campo della solidarietà è un campo di incontro, di condivisione di prospettive, di dialogo, di passi da condividere che è davvero comune: un campo, cioè, che può mettere insieme idee differenti, appartenenze personali diverse.

Nel campo della solidarietà ci ritroviamo, diventa luogo di incontro e di operosità che condivide e che cresce. Credo che la solidarietà, il volontariato, la carità siano espressioni di una straordinaria vitalità di Sansepolcro e di questo territorio; una

realtà che coinvolge anche il mondo giovanile: anzi, forse va promossa ancor di più nel mondo giovanile, e la città di Sansepolcro può aiutare a camminare insieme e a rendere fruttuosa, feconda, attenta a tutti e, soprattutto, agli ultimi, ai più poveri, cercando di costruire giustizia. Il volontariato anima, tiene vivi e porta segni di vitalità anche in quelle che oggi possiamo chiamare “le periferie”.

Credo di andare verso la conclusione, nel dire che un altro aspetto di vitalità, che voi avete richiamato, mi pare di avere iniziato a percepirlo e a conoscerlo nella parte giovanile di Sansepolcro.  C’è un bellissimo oratorio, con un bel gruppo di giovani, che si ritrova, cresce insieme, dialoga, prega e cammina, e diventa parte della città. Ci sono gli scout e anche loro vivono un loro cammino di vitalità, ma ho visto anche i figuranti del corteo storico, che c’erano quando il 27 dicembre sono stato accolto qui, ed è un’altra parte di giovani che, in altro modo, si impegna nella vita della città.

A volte si dice: «Dove andiamo a trovarli i giovani?». La domanda forse può essere anche diversa, e potremmo dire «Ma noi ci lasciamo trovare dai giovani?», perché i giovani ci sono, hanno desiderio di aggregarsi e hanno idee, tante volte hanno voglia di partecipare; hanno sguardi nuovi rispetto a noi: abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a guardare un po’ più in là rispetto a dove riusciamo a vedere noi. I giovani possono farlo.

Dicevo ai giovani – mi pare proprio qui a Sansepolcro in occasione della mia prima visita – che se si accorgono che il vescovo un po’ si addormenta, lo devono svegliare. I giovani devono scomodarci un po’, e devono scomodare anche il vescovo, perché cammini, perché abbia orizzonti ampi, e perché, insieme ai giovani, si aiuti una città a vivere, a rinnovarsi, a guardare oltre, a sperimentare anche strade nuove. Magari sperimentandole saranno da correggere, ma bisogna avere la disponibilità a lasciar sperimentare, lasciar camminare i giovani. Credo questo sia un segno bello di vitalità.

Concludo con l’ultimo pensiero. Proprio perché Sansepolcro– lasciatemi usare questo gioco di parole- “vive di questa vitalità”, che mi pare di avere scoperto e di aver conosciuto, essa richiede anche attenzione e cura; allora credo che le nostre istituzioni – la

Chiesa nel territorio, le amministrazioni comunali nel territorio, e poi la Provincia, la Regione, le istanze nazionali – debbano essere tutte interpellate, promosse, spinte, incoraggiate a custodire la bellezza di questo territorio e di questa città, che va dalla cura normale delle infrastrutture, dei luoghi di aggregazione, all’attenzione all’arte, alla promozione della cultura e del turismo. Si tratta di aver cura: Sansepolcro se lo merita, e credo che questo ci veda tutti impegnati a voler bene a Sansepolcro, a cercare di far crescere la bontà e la bellezza di abitarvi e di godere di ciò che è ricco nella cultura, nella storia, nella religiosità.

A questo proposito vorrei ricordare I Cammini di Francesco: ho un certo interesse per questo, perché nella Conferenza Episcopale della Toscana sono il vescovo delegato della pastorale del turismo, sport e tempo libero, cioè la parte che si occupa anche dei cammini, e quindi sarà un campo bello in cui collaborare. Ebbene, i cammini dicono come questa ricchezza di Sansepolcro può diventare esperienza di arricchimento per chi ci visita, per chi si mette appunto in cammino.

Sono partito dalla fierezza di Sansepolcro, concludo dicendo che, lasciandomi coinvolgere e contagiare, mi farà piacere, quando avrò occasione di incontrare altri, poter dire, con fierezza, che anche io sono di Sansepolcro.

Grazie!