Ripensare e ripercorrere il messaggio culturale dei santi cristiani è oggi un compito ineludibile. L’epoca che stiamo attraversando ci sollecita e ci invita a riflettere sulla nostra identità e sulla vocazione universale del messaggio evangelico. Si colloca dunque dentro questa cornice la giornata di studi in programma, sabato 3 dicembre, ad Arezzo. Si parte alle 11.30 con il convegno sul tema “Il ritorno delle virtù”, presso l’Istituto di Scienze religiose “Beato Gregorio X”.
L’introduzione sarà affidata alla direttrice Donatella Pagliacci. Mario Micheletti, dell’Università Siena parlerà de “La rinascita dell’etica delle virtù nella filosofia morale contemporanea”, seguirà l’intervento di Andrea Aguti, dell’Università di Urbino. Alle 15, sarà la volta del Seminario su “Virtù e santità in Edith Stein”. I relatori saranno Antonio Pieretti e Nicoletta Ghigi, entrambi dell’Università di Perugia.
Edith Stein (Santa Teresa Benedetta della Croce) è stata inserita da Giovanni Paolo II tra i santi patroni dell’Europa perché ha saputo muoversi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero filosofico contemporaneo, ha gettato un ponte tra le radici ebraiche e l’adesione a Cristo, ha gridato col martirio le ragioni di Dio e dell’uomo nella tragedia dell’Olocausto, e ora è invito per tutti a comprendersi e accettarsi oltre le diversità etniche, culturali e religiose, per formare una società veramente fraterna. In questa direzione, il seminario si collega ai convegni che il MEIC ha svolto a Firenze su San Benedetto e sui Santi Cirillo e Metodio, anch’essi Patroni dell’Europa. Ebrea e atea a 15 anni, Edith Stein si converte al cattolicesimo, entra nel Carmelo di Colonia e muore nelle camere a gas del campo di Sterminio di Auschwitz. Allieva di Edmund Husserl, ha cercato, nel corso della sua breve ed intensa esistenza, di mettere le doti della sua intelligenza a servizio della verità rivelata e della dignità delle persone che ha cercato di incontrare anche attraverso un’intensa meditazione sul significato del sentire emozionale.
La difficoltà di certi passaggi del pensiero della Stein non deve sviarci rispetto alla ricerca di fondo dell’autrice, che è sempre orientata a far percepire e risaltare la ricchezza e la bellezza dell’incontro con l’altro. Si direbbe che quest’esperienza dell’incontro sviluppi un peculiare modo di essere da cui scaturisce uno stile di vita, un abito che contraddistingue il vivere cristiano. Abitare dentro la differenza e la distanza con l’altro senza pretendere di sopprimerla, né nella direzione dell’io, né in quella dell’altro, significa riconoscere e sperimentare un particolare modo di essere-con-altri in cui posso sempre scoprire grazie e accanto all’altro il mio essere più profondo e più intimo.