Festa di maggio di Santa Margherita

Omelia dell’Arcivescovo nel Santuario di Cortona
17-05-2020

Fratelli e sorelle nel Signore,

con noi uniti in preghiera attraverso la televisione diocesana:

Chiediamo a Santa Margherita che ci ottenga la fine del flagello di questa pandemia.

 

  1. Il dono dello Spirito confermi la nostra fede di cristiani

La Samaria antica raccoglieva quella parte dei figli d’Abramo, che non riuscivano ad andare d’accordo con i discendenti di Davide e il resto d’Israele. Ne facevano una questione di forme, di privilegi, di luoghi dove adorare Dio[1].

A Gerusalemme, che proprio un gruppo di samaritani si fossero convertiti alla predicazione del Vangelo e volessero essere cristiani, amici di Gesù, fu percepito come un miracolo.

Fu chiesto a Pietro e a Giovanni di andare a incontrare i nuovi fratelli. Pregarono e imposero loro le mani per invocare il dono dello Spirito Santo.

In Pietro era la Chiesa a visitarli, con l’autorevolezza che Dio stesso gli aveva partecipato. Pietro è comunque il segno più alto della Chiesa, comunque si chiami. Sant’Agostino scriveva ai dissidenti di allora: “Ego vero Evangelio non crederem, nisi me catholicae Ecclesiae commoveret auctoritas-Io stesso non crederei al Vangelo, se non mi spingesse a credere l’autorità della Chiesa cattolica ”[2].

Di fronte ai resti mortali della Patrona mi pare che giovi questa mattina provare a raccogliere alcuni insegnamenti, mentre pare che non siamo lontani dalla ripresa della normalità, dopo la pandemia.

A Laviano certamente fin dall’infanzia a Margherita avranno passato la fede del popolo. Pur trasgredendola, certamente la giovane aveva qualche seme di cristianesimo come avviene anche oggi: ma non le bastò per evitare il fascino del peccato e incontrare Dio. Non trovò la via della salvezza finché non incontrò la Chiesa.

Nel tempo che stiamo vivendo ben pochi in Cortona e altrove non hanno una qualche conoscenza del cristianesimo, ma non basta per arrivare alla fede che salva.          Soprattutto in questo periodo doloroso in cui le persone hanno dovuto rimanere isolate dagli altri, è fiorita una sorta di “religione fai da te”. Milioni di persone costruiscono un proprio percorso spirituale sganciato dalla pratica cristiana, paghe dalle forme tradizionali di feste e processioni. I cristiani, che pure hanno lamentato in queste settimane l’impossibilità di recarsi in chiesa sono gli stessi che solo il 14% vanno a messa la domenica. “Per gli altri è un’identità etnico-culturale[3] Le motivazioni di questo atteggiamento autoreferenziale sono molte. La cultura dominante non favorisce l’adesione al Vangelo. Molti ritengono che ognuno possa fare come crede anche nel rapporto con Dio. L’Essere Supremo, pur quando riconosciuto che esista, non necessariamente è lo stesso Dio Padre di Gesù: appunto prevale un aggiustarsi anche Dio a propria misura e comodo.

Forse qualche colpa l’abbiamo anche noi preti, quando abbiamo anteposto la morale alla fede, invertendo l’ordine delle cose. Prima viene la fede cristiana e da essa scaturisce un comportamento conseguente. La gente spesso si sente giudicata.

Occorre chiedere a Santa Margherita che non si perda la dimensione soprannaturale della vita. C’è una religione fatta di manifestazioni esteriori, di tradizioni, di processioni, di feste, di gesti, ma non è quella che aiuta le persone a fare un cammino interiore di avvicinamento a Dio.

Questa pandemia, che ci ha fatto vivere persino Pasqua nella più estrema austerità, ci pone dei problemi: cosa ci manca Gesù o i riti consuetudinari che segnano la Pasqua. Le forme, i gesti possono essere ripetuti, ma non esprimono necessariamente la fede delle persone. I medesimi modi della tradizione religiosa possono essere considerati dall’antropologia culturale, ma non è lo stesso che la vita spirituale dei credenti. Non si è cristiani se ci limitiamo a ripetere le tradizioni. Certamente sarebbe stato bello che ci lasciassero benedire i rami d’ulivo o le uova. Ho letto molta critica sull’argomento, meno invece sul fatto che per una vera Pasqua cristiana è mancata l’opportunità di confessarsi o di comunicarsi. I sacramenti esprimono sempre fede, le usanze popolari talvolta. Altra cosa sono i Sacramenti altro le Benedizioni.

I cristiani della prima ora, pur non organizzati e strutturati, percepirono che ai Samaritani era necessario si facessero presenti Pietro, l’uomo delle chiavi e Giovanni, che il nostro Medioevo ha identificato come il simbolo della Sacra Scrittura.

 

  1. Il percorso spirituale: l’esempio della Patrona

Santa Margherita, mossa dallo Spirito Santo viene a Cortona per cambiare la propria vita, non per fuggire le ristrettezze mentali dei suoi paesani.

Si rivolge ai Frati, cioè alla Chiesa, per uscire dalla visione pagana del suo tempo e ritrovare il Vangelo e la pratica di esso. È l’autorevolezza della Chiesa che la conduce alla conversione del cuore e alla pratica di una vita santa espressa nella carità verso li umili.

Sull’esempio del serafico Padre San Francesco, non basta dirsi cristiani: la sequela. Occorre imitare il Signore Gesù nella vita di ogni giorno, con la meta di assomigliare a Lui, di modo che chi incontra cristiani conformati al loro Signore, abbiano quanto meno un segno, un’esperienza di aver trovato la via per giungere al Salvatore, nella loro pronta obbedienza al Crocifisso[4]. Essere cristiani è un cammino. Più che la barca per passare la palude, c’è bisogno di attraversare la cattiveria del mondo in cerca della proposta del Vangelo.  Il biografo antico, frà Giunta Bevegnati, attesta il cambiamento dell’anima di Margherita, con una vicenda esemplare. Dopo un periodo vissuto da contemplativa, una domenica Margherita ricompare a Laviano, per raccontare in chiesa, durante la Messa, le sue vicende giovanili, e per chiedere perdono. Fu un primo frutto della guida spirituale che la nostra Santa aveva ricevuto dai Frati. Si fidò di Dio, si fidò della Chiesa.

Chiediamoci quale autorevolezza riconosciamo oggi alla Chiesa. Ciò che è utile al popolo di Dio principalmente è la guida spirituale, il ministero della consolazione e di illuminazione delle coscienze, che è la più antica forma di evangelizzazione. Non giova la visione mondana quasi che la Chiesa fosse un groviglio di gerarchie, di istituzioni. Le forme organizzative sono giustificate solo per quanto giova al servizio alle persone: perché raggiungano il Signore.

In questa ‘festa senza apparenze’ la nostra Santa ci aiuta a riflettere e io spero a ritrovare la nostra più vera identità cristiana.

Per cambiare la nostra vita, uscire dalla superficialità e dalle apparenze abbiamo bisogno di ritrovare la Chiesa vera. Oltre a Pietro abbiamo anche noi bisogno di Giovanni, come i samaritani antichi. Dobbiamo ritrovare la Parola di Dio e la meditazione, la guida apostolica che ci sostenga con la preghiera e ci mostri come vivere il Vangelo.

 

La Chiesa è comunità Cristiana

Il Martire Giustino, testimone della più antica esperienza cristiana, attesta che già all’inizio del secondo secolo tutti i cristiani si ritrovavano ogni domenica per ascoltare il Vangelo e celebrare i sacramenti[5].

Senza il popolo di Dio non si fa l’Eucaristia. Anche in questi mesi disgraziati, abbiamo seguitato a celebrare la Messa, ma sempre con una minima rappresentanza di voi che mi ascoltate.

È stata una scelta significativa di pregare ogni giorno per voi: i 288 sacerdoti della nostra diocesi ogni giorno, con altre poche persone hanno pregato per noi, per voi, esercitando, pur in forma contratta, il ministero pastorale: intercedendo presso Dio a favore del popolo.

Molti laici in questo tempo hanno sofferto per la mancanza dell’Eucaristia, che è avere parte nel mistero della Chiesa. È certamente ritrovarci con il Signore, come popolo di Dio. Non si ha parte per lettera o per televisione, ma di persona. Non lo si fa per precetto, ma per amore, per necessità di nutrire l’anima nostra.

Nella Messa domenicale si offrono molti aiuti per la vita cristiana. Il primo servizio che ci è reso è quello della Parola di Dio, che richiede lo shemà, ossia un ascolto interiorizzato. Occorre chiedere ai nostri predicatori di far comprendere l’attualità della parola. Questo è l’omelia. Ripetendo la narrazione evangelica dell’Ultima Cena, la Chiesa fa presente Gesù nel pane e nel vino che la nostra fede ritiene sacramento della presenza reale del Signore, per il ministero del sacerdote. Parola e santa Comunione al corpo e sangue di Gesù sono il cibo dell’anima.

Se vogliamo imitare Santa Margherita, assidua frequentatrice della preghiera, dobbiamo quest’oggi fare festa tornando al proposito di rinnovare la nostra vita interiore, per contribuire al bene comune. Chi fa crescere il proprio rapporto con il Signore, che non rifiuta la sua Grazia diventa utile e significativo per gli altri.

A Cortona spesso la gente andava da Margherita, nella cella presso la Rocca, dove si era stabilita nel 1288: chiedeva il suo intervento nelle contese cittadine, giusto per il rapporto forte che la peccatrice d’un tempo aveva recuperato con Dio.

A noi tutti è possibile rinnovare noi stessi per migliorare la città.        Sant’Agostino, a chi gli commentava le difficoltà del presente amava dire: “Sono tempi cattivi, tempi penosi!, si dice. Ma cerchiamo di vivere bene e i tempi saranno buoni. l tempi siamo noi; come siamo noi così sono i tempi” [6].

Ai piedi della Santa Patrona ricordiamoci l’un l’altro che neppure questa grande epidemia può toglierci il gusto di intonare al Vangelo la vita e rinnovare così la Chiesa e la società.

 

[1] Cfr Gv 4,5ss

[2] Sant’Agostino, Contro la lettera di Mani detta del fondamento 5, 6

[3] Cfr Marco Gallizioli, La Religione Fai Da Te, in Rocca Cittadella Editrice

[4] Celano Vita Seconda, in FF 593

[5] Giustino, Apologia Prima, LXVII

[6] Sant’Agostino, Discorso 80,8