Festa di San Francesco d’Assisi

Omelia del Vescovo al Santuario della Verna
04-10-2024

Festa di san Francesco d’Assisi. Celebrazione eucaristica nel Santuario della Verna.

Omelia del vescovo monsignor Andrea Migliavacca.

  1. Un cordiale saluto a tutti voi, con l’augurio di una ricca, intensa, bella festa di san Francesco d’Assisi oggi, qui, nel santuario della Verna; e dunque, come augurio e come saluto, anzitutto vorrei rivolgere queste parole per tutta la comunità francescana che è qui alla Verna, con il padre guardiano fra’ Guido, e poi tutta la comunità fino al noviziato; con loro saluto anche la presenza delle religiose: a tutti loro e a tutte loro il cordiale saluto di amicizia, di famiglia, di condivisione. Un saluto che estendo a tutti i preti, diaconi, religiosi e religiose presenti; e poi mi unisco al saluto del padre guardiano per tutte le autorità e le istituzioni civili e militari che sono qui rappresentate, con un augurio che raggiunga davvero tutti. E insieme a questi, anch’io voglio rivolgere un particolare saluto di benvenuto al procuratore capo e al nostro prefetto di Arezzo, proprio di fresca nomina; mi sembra davvero un bel segno vivere oggi insieme questa celebrazione di san Francesco alla Verna, con l’augurio che vi accompagna da parte anche di tutta la nostra comunità. E saluto tutti voi che siete qui alla Verna, con un pensiero anche a chi ci segue grazie alla televisione. Buona festa davvero a tutti.
  2. In questa festa di San Francesco, oggi, che ancora si colloca nell’anniversario degli 800 anni delle stimmate, qui alla Verna, vivremo oggi pomeriggio il segno, il gesto particolare della chiusura della porta Santa che introduce nella cappella delle stimmate. Un gesto, potremmo dire, ricco di senso e di annuncio come era stata l’apertura della porta Santa; quasi un invito a fare esperienza, qui, della misericordia di Dio, dell’incontro con il Signore e della testimonianza di san Francesco. E oggi quella porta si chiude. Va compreso bene che cosa significhi chiudere una porta Santa; credo che chiudere una porta Santa significhi consegnare alla memoria l’esperienza di questo anno, il passaggio di tantissimi pellegrini che sono passati per quella porta. Ma noi sappiamo che la memoria è una categoria teologica e biblica: consegnare alla memoria non vuol dire consegnare al ricordo, consegnare al passato; consegnare alla memoria vuol dire consegnare a qualcosa che rimane vivo, attuale, che custodisce ancora e che dona tutte le espressioni di grazia che questa esperienza porta. Allora, noi chiuderemo oggi pomeriggio la porta Santa della cappella delle stimmate, ma questo gesto viene consegnato alla memoria, che per noi vuol dire l’annuncio di una grazia che rimane viva, di una misericordia che ancora si può incontrare, di una esperienza di fede che è chiesto di vivere autenticamente a tutti noi oggi, ancora. In questo consegnare alla memoria l’esperienza del passaggio per quella porta Santa, vi fa pensare che come tanti pellegrini, tanti di noi siamo passati per quella porta, in qualche modo con noi è passato di nuovo anche san Francesco; e credo che il passare di san Francesco per quella porta sia stato davvero autentico se san Francesco è passato anche per la porta che è il nostro cuore; se è entrato nella nostra vita; questo è il significato più bello di quella porta Santa: andiamo, passiamo per incontrare la misericordia di Dio, e lasciamo passare san Francesco nella nostra vita, lasciamo che ci illumini, ci accompagni e ci parli di Gesù, ci indichi la via del Vangelo.
  3. È quello che mi pare possiamo ritrovare nella parola di Dio che è stata proclamata; vorrei rileggerla con voi con questa luce: lasciamo entrare san Francesco nella porta del nostro cuore, lasciamo entrare la sua testimonianza, riconosciamo che abbiamo bisogno di san Francesco per la nostra vita, per la Chiesa e per il nostro mondo; si chiude la porta Santa ma entri san Francesco nella porta che è il nostro cuore. Ce ne parla il Vangelo di Matteo; la pagina che abbiamo ascoltato che ci presenta anzitutto il cammino di Gesù, ed è il cammino di chi conosce davvero il Padre e, conoscendo il Padre, con una conoscenza che non è solo della mente ma è del cuore e della vita, è una conoscenza che parla di incontro, di comunione: conoscendo il Padre, Gesù ci rivela il Padre, ci aiuta a vederlo, a riconoscerlo, a incontrarlo. Così la pagina di Vangelo: “nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. Gesù conosce il Padre, è nella comunione del Padre, della Trinità e ci porta ad incontrare Dio, ci fa vedere le tracce di Dio, ci porta all’amore che è il suo volto. Se guardiamo alla vita di san Francesco, è una vita che ha saputo vedere Dio nei sentieri della propria esperienza: il vedere Dio in un lebbroso da abbracciare come in una chiesa da riparare; il vedere Dio nel chiamare i fratelli a camminare con lui come a scegliere di vivere la povertà; il vedere Dio che è andare a chiedere l’approvazione del Papa per la regola e vivere anche il disorientamento della solitudine e della malattia negli ultimi tempi. San Francesco aveva una vera conoscenza di Dio, una conoscenza di Dio non dello studio, ma la conoscenza di Dio di chi lo ha incontrato, lo ha visto, ha sperimentato la sua misericordia e allora ne vede le tracce, non perde di vista la presenza e l’amore di Dio. Allora lasciamo entrare san Francesco nella nostra vita: abbiamo bisogno di Francesco. Lasciare entrare san Francesco nella nostra vita vuol dire imparare anche noi a vedere le tracce di Dio nella nostra vita e nel nostro mondo; in un mondo sempre più tecnologico che ci porta ad esempio a vivere anche l’avventura dell’intelligenza artificiale. Non smettiamo di vedere Dio, di cercare le tracce, talvolta deboli e fragili, della presenza di Dio che accompagna la vita: sono quelle tracce fragili talvolta della debolezza, della povertà, della dignità di ogni persona, dello spirito e della preghiera che accompagna la nostra vita. Lasciamo entrare san Francesco nella nostra vita; san Francesco vede la presenza di Dio, san Francesco che entra nella porta del nostro cuore ci aiuti, nella nostra vita, a vedere Dio, a riconoscere le tracce delicate, rispettose, discrete con cui ci accompagna e ci chiede di accoglierlo nell’amore e nella misericordia. Dunque, abbiamo bisogno di san Francesco per continuare a vedere Dio, a incontrare Dio e il suo amore.
  4. Nella seconda lettura, nella pagina di Paolo ai Galati, l’Apostolo si riconosce discepolo del Signore, e il segno del suo essere discepolo sono le stimmate di Gesù sul suo corpo: ecco un seguire Gesù che entra nella vita, nella carne, in ogni passo che compie, in ogni gesto che vive. E sappiamo come questa esperienza di san Paolo ricalca la vita di san Francesco che, proprio qui alla Verna, vive questa esperienza delle stimmate di Gesù sul suo corpo. Ma è un’esperienza che rivela e che ci racconta che Paolo prima e poi Francesco segue Gesù, è amico del Signore. Pensate: quando diciamo di qualcuno “amico del Signore”, credo che sia il complimento più bello che si possa dire di una persona; è un amico di Gesù. E noi, quando guardiamo a san Francesco, davvero con emozione possiamo dire: “Francesco è un amico di Gesù, l’ha seguito davvero, ha vissuto il Vangelo senza addolcimenti, ha vissuto la forza, la bellezza del Vangelo, lo ha testimoniato, era innamorato di Gesù”. Ed era talmente amico di Gesù da accogliere il segno delle stimmate, il segno del dono della vita di Gesù, dell’amore più grande, delle ferite che custodiscono l’amore, e segue Gesù. Allora, lasciamo entrare san Francesco nella porta della nostra vita e del nostro cuore: abbiamo bisogno di Francesco. Abbiamo bisogno di Francesco per imparare sempre di nuovo a seguire Gesù; noi sappiamo bene come, pur nella buona intenzione, nel desiderio di essere amici di Gesù, poi facciamo esperienza delle nostre resistenze, delle cadute, dei dubbi, delle sofferenze che portiamo nel cuore, e sempre, di nuovo, dobbiamo tornare a seguire Gesù, a fidarci della sua parola, a provare a vivere davvero il Vangelo anche noi, a viverlo nella comunità, a viverlo nelle nostre relazioni, nella preghiera, seguendo Gesù, cioè scoprendo la forza e la bellezza di essere amici di Gesù. E il seguire Gesù di Francesco è quello di chi si mette all’ultimissimo posto, il più povero tra i poveri, servendo i poveri. Ecco il servizio: quelle stimmate che custodiscono un amore che si dona, che serve; e forse così san Francesco ci dice come seguire Gesù: servendo, donando la vita. Abbiamo bisogno di San Francesco: chiediamo davvero che entri nella porta del nostro cuore e ci accompagni a seguire Gesù; e chissà che un giorno anche di noi, come di san Francesco, qualcuno possa dire: “era un amico di Gesù”.
  1. Infine la prima lettura, il testo del Siracide che ci parla della ricostruzione e della celebrazione del tempio come casa e come città di Dio. È una pagina che respira della spiritualità del grande re Salomone e poi del popolo che ritorna dall’esilio; e potremmo vedere in queste parole anche l’immagine del re-messia che torna e ricostruisce la città Santa e il tempio; e questa immagine del custodire e riparare il tempio, che non è solo il luogo della presenza di Dio, è l’immagine della città di Dio: in questo custodire, costruire la città di Dio, credo che possiamo davvero ritrovare le tracce di san Francesco. Possiamo cioè ritrovare le tracce di una esperienza di vita e di una esperienza spirituale che è nata con lui, che è stata nella Chiesa segno di rinnovamento, di ritorno al Vangelo, di purificazione. Pensate all’invito che Francesco si sente rivolgere: “va’ e ripara la mia casa”, e capirà, san Francesco, che non era solo la chiesetta di San Damiano, ma era la Chiesa, il popolo di Dio, perché tornasse a scoprire di essere il popolo amato di Dio, e tornasse ad essere la Chiesa nel mondo, luce e annuncio di Vangelo, autentica testimonianza di Vangelo. E aveva bisogno, la Chiesa, di purificazione, di rinnovamento. E possiamo chiederci: ma non ne abbiamo bisogno noi, oggi? Non ne ha bisogno, la nostra Chiesa, di purificazione, di rinnovamento e di ritorno autentico al Vangelo e ad essere testimone del Vangelo, nel nostro tempo? Allora, amici, lasciamo entrare Francesco nella porta del nostro cuore e per le tante porte che sono la nostra Chiesa, e ci aiuti a rinnovare e a rendere la Chiesa segno autentico, bello, gioioso del Vangelo da vivere e da portare come annuncio, segno di Vangelo tra i popoli.
  1. Abbiamo bisogno di Francesco! A lui affidiamo il cammino del sinodo di questo mese, che è una grande esperienza di Chiesa che davvero si vuole impegnare per essere Chiesa sempre più secondo il Vangelo. Abbiamo bisogno di Francesco! Abbiamo bisogno di Francesco per la Chiesa che è nel mondo; e in un mondo che ha estremo bisogno di Francesco, affinché ci aiuti a custodire e a riconoscere, non romanticamente ma nella concretezza, la bellezza dell’ambiente, del creato per diventarne custodi e per accompagnarlo così che sempre l’ambiente possa essere dono di vita. Abbiamo bisogno di san Francesco in un mondo in guerra; in Ucraina, da cui non dobbiamo distrarci per la guerra che c’è; in Medio Oriente, Gaza, Libano: una guerra che si sta estendendo. Abbiamo bisogno di Francesco, abbiamo bisogno di uno che parli di pace, che abbia il coraggio della pace, la quale richiede riconciliazione, perdono, dialogo; allora lasciamo entrare san Francesco nel nostro mondo, lasciamo che passi la porta dei cuori di chi oggi fa la guerra, perché scoprano la ricchezza e la forza della pace; ed entri nel nostro cuore, perché per primi dobbiamo cercare noi la pace nella nostra vita. Ecco: lasciamo entrare san Francesco nella Chiesa e nel nostro mondo; abbiamo bisogno di lui. Si chiuderà, tra poco, la porta Santa della cappella delle stimmate; ma, amici, rimane aperto il nostro cuore: possa entrare san Francesco con l’annuncio autentico di Vangelo che ci porta.