Convegno diocesano

Intervento in Cattedrale
06-10-2023

Vorrei rinnovare il mio benvenuto a tutti voi e ridire e riconsegnare la gioia di incontrarvi. Sono consapevole che i cammini di Chiesa, i cammini di comunità nelle parrocchie, nelle associazioni sono già ripartiti. È vero che il clima, il caldo di questi giorni ci fa sembrare di essere ancora nell’estate e magari in vacanza, ma abbiamo ripreso. I cammini delle comunità si sono messi in moto e vivono il loro itinerario. Mi sembrava però bello e segno di Chiesa ritrovarci insieme. Ritrovarci insieme come Diocesi unita di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e come comunità, come Chiesa particolare, cioè come Chiesa abitata dal Signore Risorto e riconosciamo e ci diciamo che camminiamo insieme, che si parte insieme. E non solo perché qualcuno ha da indicare un cammino, ma perché ciascuno di noi e di voi ha una parola e un dono da portare. Lo possiamo vivere questa sera, cercheremo di viverlo, ma poi è lo stile della comunità, lì dove voi siete. Siete dono, siete presenza ed espressione della vita e del cammino della Chiesa. Vorrei nuovamente ringraziare anche suor Barbara per la ricchezza, la profondità della parola che ci ha aiutato a cogliere la bellezza dell’ascolto e dell’esperienza spirituale. E poi ringraziare i nostri due giovani per la bella parola e testimonianze che ci hanno portato. L’estate mi ha fatto scoprire che nelle parrocchie, nel camminare come Diocesi, quando siamo andati a Lisbona per la Giornata Mondiale della Gioventù, abbiamo dei bei giovani nella nostra Diocesi. Ci sono dei bei giovani ed è una ricchezza. Vorrei da qui salutarli, ringraziarli, incoraggiarli e metterci insieme in ascolto. Grazie per la testimonianza che avete dato.

Brevemente, vorrei allora mettermi in sintonia con quello che abbiamo ascoltato e condividere qualche breve pensiero su questa pagina di Paolo ai Galati (Gal 5, 13-25). Mi sembra una bella e concreta descrizione della comunità. Direi una descrizione realistica, davvero con i piedi per terra. Una descrizione della comunità e di come la comunità vive dei legami tra i fratelli e le sorelle. E così si vive la Chiesa, nel vivere i legami nelle nostre comunità. In qualche modo noi dobbiamo portare l’ideale bello dell’essere Chiesa nella concretezza, nel volto reale delle nostre comunità e della nostra Chiesa. E se noi viviamo uno sguardo reale, vero, riconosciamo in positivo e in negativo quello che ci dice San Paolo, nelle nostre comunità, nella Chiesa. E vorrei allora ripresentare le cose che dice Paolo, proprio alla luce dell’ascolto lì dove è presente o lì dove non c’è. E potremmo dire, se non si ascolta lo Spirito, se, come abbiamo udito, non ci lasciamo forare l’orecchio, se non siamo in ascolto, le nostre comunità sono abitate dalle opere della carne. Le elenca così Paolo: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosie, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Paolo le chiama le opere della carne e cosa vuol dire? Sono le opere di quando si mette al centro la propria vita, quello che siamo noi, il semplice ascolto e bisogno di noi stessi, le nostre esigenze e aspirazioni. E allora quando non si ascolta lo Spirito ne viene un animo ferito, povero e una comunità disgregata, che non vive la fraternità, che è incapace di comunione, di rispetto, di cammino condiviso. Ma tutto dipende non dall’impegno di essere buoni e di volerci bene, non si tratta di impegnarci per volerci bene, si tratta di ascoltare lo Spirito. Se non si ascolta lo Spirito, la comunità è ferita e disgregata. Invece, se si ascolta lo Spirito, ecco allora che Paolo di nuovo descrive il frutto dello Spirito, cioè il frutto dell’ascolto; se ascoltiamo lo Spirito allora c’è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé. Se ascoltiamo lo Spirito, Egli abita in noi e compie le sue opere; non è la bontà del nostro impegno che regala questi doni, è l’opera dello Spirito che ascoltiamo, è il dono dello Spirito e questo frutto dello Spirito che Paolo così bene ci riassume e descrive, credo che per noi sia il programma pastorale. Che cosa dobbiamo fare noi quest’anno? Lo direi così, ascoltiamo lo Spirito, ascoltiamo, perché se ascoltiamo lo Spirito, amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza, saranno la vita della nostra comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre associazioni, dei movimenti e anche il nostro rapporto con chi è di altre chiese, con chi è non credente, con chi arriva da lontano e con chi è vicino. E sono anche le opere che lo Spirito dona a ciascuno di noi, abbiamo ascoltato la vita spirituale, è qualcosa che fa lo Spirito e ci regala i doni che Paolo qui ricorda a ciascuno di noi. Allora, cari amici, iniziamo un nuovo anno pastorale e ci viene detto: facciamo crescere tra di noi l’opera dello Spirito e queste qualità ci dicono su cosa possiamo davvero costruire la comunità, dove ritroviamo la bella Chiesa che desideriamo, mettendoci in ascolto, lasciando che lo Spirito alle nostre comunità parrocchiali, alla nostra Chiesa regali amore, gioia, pace, incontro, rispetto, bontà, mitezza. Se il programma pastorale fosse solo la nostra organizzazione delle cose che vogliamo fare, rischieremmo di ricadere nelle opere della carne. E invece ci è detto di lasciar fare allo Spirito, di camminare nello Spirito, di prendere le decisioni che dobbiamo prendere nello Spirito, perché Lui ci regala i doni che Paolo ci ha indicato e credo che un primo dono possiamo chiederlo tutti insieme questa sera in ascolto dello Spirito. Il desiderio, cioè la prima operazione che lo Spirito Santo può fare in noi ascoltandolo è mettere nel nostro cuore il desiderio di questi doni, il desiderio di viverli personalmente, il desiderio di ritrovarli nei nostri fratelli e sorelle, il desiderio di incontrarli nella vita delle nostre comunità. Provate a chiedervi e chiediamo allo Spirito: io desidero davvero per me e per la Chiesa l’amore, la gioia e desidero la pace, la magnanimità, la benevolenza e poi ancora la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé? Desidero davvero di vedere nell’altro il volto del fratello e della sorella da amare? Desidero davvero accogliere? Amici, desidero davvero perdonare? Ecco, lo Spirito ci regala il desiderio, il desiderio di avere questi doni e il desiderio è una porta aperta, una porta aperta del nostro cuore e della nostra vita. Allora, ci accompagni in questo anno pastorale, questo criterio, potremmo dire questa regola fondamentale che dobbiamo riconoscere, dirci, ricordarci e aiutarci a vivere. E la dice così Paolo: “Se vi lasciate guidare dallo Spirito”, questa è la regola; se vi lasciate guidare dallo Spirito e dobbiamo ripartire da qui, camminare insieme da qui-, solo questo ascolto e questa docilità di vita consentiranno di edificare davvero la comunità come vuole il Signore. E Paolo prosegue dicendo che quelli che ascoltano lo Spirito, quelli sono di Cristo, sono di Gesù. Se viviamo dello Spirito, continua Paolo, camminiamo anche secondo lo Spirito, ossia il cammino che ci auguriamo, il cammino che ci possiamo regalare in questo anno pastorale.