Padri cardinali, fratelli nell’episcopato, carissimo vescovo Riccardo che presiede nella carità questa insigne chiesa di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, a cui sono tanto grato per il dono di un tuo presbitero che oggi viene consacrato vescovo ausiliare della diocesi sorella di Perugia-Città della Pieve.
Cari presbiteri, diaconi, seminaristi, consacrati, distinte autorità, fedeli tutti, a voi il mio più cordiale saluto.
In particolare a te carissimo don Marco, che il Signore Gesù ha chiamato ad essere successore dei suoi apostoli. Lasciate che vi confidi la gioia di poter tornare a celebrare nella cattedrale di San Donato e di presiedere la consacrazione episcopale di don Marco che sarà mio aiuto e sostegno, come ha detto il Papa, nella Arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve.
Carissimi, innanzitutto vorrei cogliere alcuni punti che ci aiutano a sottolineare il ministero del Vescovo dal lezionario di questa quarta domenica di Quaresima il cui titolo laetare all’inizio della antifona d’ingresso: “Rallegrati Gerusalemme e voi tutti che la amate riunitevi”, fornisce non sono il tono a questa celebrazione all’interno dell’impegnativo cammino quaresimale, ma anche il senso della gioia di questo giorno, gioia grande per tutti in special modo per il nostro Don Marco. Rallegriamoci davvero fratelli e sorelle perché abbiamo un Padre che ci accoglie nella sua misericordia chiunque siano i suoi figli come quelli della parabola narrata da Gesù e che abbiamo appena ascoltato dalla lettura evangelica che siano cioè come il figlio minore che esce di casa o come il maggiore che vi rimane ma con l’animo del servo quel padre li ama e ci ama. Accoglie colui che ha sbagliato, lo reintegra nella dignità col vestito nuovo, l’anello al dito, i sandali ai piedi. Ma non manca di uscire di casa per andare a parlare al figlio maggiore, che sì è rimasto con lui ma non comprende e anzi è scandalizzato per l’eccessiva misericordia del padre nei confronti del fratello. Possiamo davvero contare su un Padre così.
E la parabola del Vangelo di Luca ci chiede di convertire il nostro modo abituare di pensare a Dio, che non è un padrone come se lo immagina il figliolo maggiore o quei Farisei o quelli scribi che criticano Gesù. Ma è appunto un Padre buono e capace di amare.
Carissimo Marco non dimenticare mai questa bellissima pagina del Vangelo di Luca, e sii anche tu un padre, come già lo sei stato per i tuoi parrocchiani verso coloro che ti verranno affidati ai quali annuncerai la parola in ogni circostanza opportuna o non opportuna. Per loro sarai fedele dispensatore dei misteri di Cristo. Li amerai con cuore di Padre e di fratello cominciando dai presbiteri e dei diaconi tuoi collaboratori nel ministero.
Carissimo Don Marco non dimenticare mai i poveri, gli indifesi e quanti avranno bisogno di accoglienza e di aiuto. Non essere mai un vescovo che pretende di comandare con severità. Ti rileggo quanto Papa Francesco ha detto ad alcuni Vescovi lo scorso 8 settembre 2018 quando si chiedeva chi è il vescovo e rispondeva in questo modo: “il Ministero del vescovo mette i brividi tanto è grande il mistero che porta con sé. Grazie all’effusione dello Spirito Santo il vescovo è configurato da Cristo pastore e sacerdote. E’ chiamato cioè ad avere i lineamenti del Buon Pastore e a fare proprio il cuore del sacerdozio ovvero l’offerta della vita. Dunque non vive per sé, ma proteso a donare la vita alle pecore in particolare a quelle più deboli e in pericolo. Per questo il vescovo nutra una vera e propria compassione per le folle di fratelli che sono come pecore senza pastore, soprattutto oggi. E per quanti in vari modi sono scartati, vi chiedo di avere gesti e parole di speciale conforto per quanti sperimentano marginalità e degrado più di altri hanno bisogno di percepire la predilezione del Signore di cui siete le mani premurose. Ecco, il vescovo deve avere i lineamenti del Buon Pastore e la stessa compassione per tutti”.
Proprio quella compassione del padre della parabola che abbiamo udito quando il figliol prodigo era ancora lontano lo vide ebbe compassione gli corse incontro e gli si gettò ai piedi. il vescovo “homo dei et sevus ecclesiae”: uomo di Dio. Si domanda ancora il Papa: chi è il vescovo? Un uomo di preghiera. Lì trova la sua forza e la sua fiducia. Davanti al tabernacolo impara ad affidarsi e ad affidare al Signore. Così matura in lui la consapevolezza che anche di notte quando dorme o di giorno tra fatica e sudore nel campo che coltiva, il seme matura. La preghiera non è per il vescovo devozione, ma necessità. Non un impegno fra tanti, ma un indispensabile ministero di intercessione. Egli deve portare ogni giorno davanti a Dio le persone e le situazioni.
Come Mosè tende le mani al cielo a favore del suo popolo ed è capace di insistere col Signore, di negoziare col Signore come Abramo. E allora ecco al primo posto la preghiera. Se anche tu dovessi conquistare la tua Gerico ricorda sempre che la forza nelle tue battaglie quotidiane verrà dalla preghiera e dalla comunione con Gesù pastore. E in conclusione non possiamo non fare riferimento anche all’Epistola che è stata proclamata, tratta dalla seconda lettera di Paolo ai Corinzi.
Carissimo vescovo Marco mentre saluti la chiesa che ti ha generato ed entri a servizio di quella di Perugia-Città della Pieve ti posso ripetere quello che Paolo scriveva alla piccola comunità cristiana di Corinto: “le cose vecchie sono passate, ecco sono nate cose nuove”. Davvero quante cose nuove ci saranno nella tua vita, quali novità ti aspettano, quanto lavoro Marco, quanta fatica e gioia lo sa solo il Signore. Il testo della lettera a paolina mi permette poi di concludere con due brevissime riflessioni che ancora riguardano il ministero episcopale che stai per intraprendere. Ciò che l’apostolo scrive parlando di sé definendosi ambasciatore nel nome di Cristo in quanto per mezzo nostro è Dio stesso che esorta, descrive perfettamente il compito del pastore nella diocesi. Anche tu dovrai esortare il nostro popolo e non solo a parole ma soprattutto con l’esempio della tua vita e con la coscienza di essere un ambasciatore non di te stesso ma di Cristo. Infine Paolo diceva di essere, si legge nel testo greco, diacono della riconciliazione. Torniamo alla parola del Vangelo da cui siamo partiti: sii un vescovo di riconciliazione, che porta unità e non divisione con la coscienza della grande diaconia che ti è affidata. Ricordati sempre quando dice l’apostolo: tutto questo però viene da Dio. Non verrà dalle tue forze o dalle tue capacità, che pure sono tante e ben note a me e ai tuoi parrocchiani e alla diocesi che ti ha generato. Tutto, caro Marco, viene da Dio. Amen.