All’ombra della Torre dei Tarlati, la Chiesa madre dei bibbienesi è un’eloquente testimonianza delle alterne fortune di questo popolo: più volte distrutta, in occasione delle sconfitte della città; sempre riedificata, continuamente arricchita, cara a chi qui è nato.
Oggi tocca a me, 108 successore di San Donato, tornare a dedicare a Dio, in onore dei suoi Santi, questo edificio sacro, che ha recuperato la dignità dei tempi migliori.
Mentre si ammirano le mura che sono plastica espressione della fede comune, credo che non si debba perdere la valenza soprannaturale di quest’ora. Gli eventi di cui siamo protagonisti chiedono ad ogni famiglia di rinnovare il proprio patto con il Signore e di scegliere se dichiarare ancora la nuova Alleanza con il Signore o se andare per altre strade. La grande opera realizzata rende consapevoli gli odierni abitanti di questa città che si chiede loro di scegliere se vogliano aderire ancora alla fede Cattolica, come i padri che li hanno preceduti.
Non il vescovo, ma Gesù stesso vi chiede se può contare su ciascuno di voi. Allora questo solenne rito acquisisce una valenza esistenziale che determina il futuro e dona splendore soprannaturale ai gesti che compiamo: “Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà… Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù” .
Come Esdra e Neemia di ritorno a Gerusalemme dopo l’esilio, anche noi dobbiamo assumere la responsabilità di una speranza in un futuro migliore, desiderio di giustizia e di pace e abbia come meta il paradiso.
1. La sapienza di Salomone
Questo è il giorno dei propositi. La Parola di Dio ci provoca a acquisire consapevolezza degli obiettivi che ciascuno si pone nella vita, ma anche questa comunità cristiana è chiamata a progettare il seguito di questa riflessione comunitaria.
Salomone preferisce la sapienza alla ricchezza, la saggezza al successo . Chiede quest’oggi a Dio di essere ascoltato, che la sua preghiera sia considerata da Dio.
Aldilà della presenza istituzionale, al di fuori della curiosità per un rito che non si ripete ad ogni generazione, al di sopra del coinvolgimento che ha condotto molti a venire in propositura, la Parola ci chiede di tornare ad animare un dialogo forte con Dio, che sia il punto forte su cui far leva per dare senso alla nostra vicenda umana. Rinnovare la casa di Dio in mezzo alle case degli uomini significa dare centralità al rapporto con Dio, significato positivo alla preghiera, spessore alla nostra vita interiore.
Ci è data l’occasione di ripartire per una vita rinnovata, piena di senso, libera dal materialismo dilagante e dalla banalizzazioni con cui si rendono oggi spesso effimere anche le esperienze più belle della vita. In questa domenica Laetare, di mezza quaresima, in cui la Chiesa si veste di letizia, a tutti è proposta la gioia e la pace, che sono i frutti dell’amicizia con Dio: “Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riuntevi. Esultate e gioite…
2. Edificare a Bibbiena la Chiesa viva
Molti di noi sono cresciuti negli anni con la consapevolezza che il Vangelo fosse noto a tutti, almeno in terra aretina. Le missioni erano nell’opinione diffusa attività benemerite praticate in Paesi lontani, specialmente dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
Il Papa ci invita invece a renderci conto che vi è necessità di farci tutti disponibili a diffondere il Vangelo a partire dalle contrade dove si vive e, talvolta, perfino dalla propria famiglia. Si apre un’era nuova. Occorre ricostruire non già la chiesa di mura, ma quella fatta di persone: quella Chiesa che è sempre dono di Dio, ma è fatta di “mattoni viventi” che siamo noi . Occorre trovare il modo di parlare di Gesù, di portare il Signore nelle case, nelle scuole, nelle vie e nelle piazze, nei posti di lavoro, ma anche in quelli della quotidianità delle nostre amicizie e relazioni.
Per quest’opera che è almeno vagamente percepita da molti ci prende lo sgomento perché quantomeno sappiamo bene di non poter salire in cattedra ed insegnare niente a nessuno. Gli stessi linguaggi che sono praticabili sono per noi ardui e complessi: essi sono principalmente la testimonianza personale di una vita alternativa alla logica diffusa dal sistema mediatico e la carità praticata senza ostentazione, nella certezza che essa genera cristiani ad opera dello Spirito Santo e non per effetto di organizzazioni umane, di efficientismo delle parrocchie e tantomeno per la capacità attrattiva di qualche prete o laico nei confronti degli altri.
Riaprire la Propositura è come dire in terra di Bibbiena è come dire che ogni cristiano mette mano ad un cantiere assai delicato. Per rimanere nella similitudine usata da San Pietro nella lettera che abbiamo appena ascoltato, la testimonianza della Chiesa passa attraverso l’ascesi che ciascuno si impegnerà a fare, da buon “mattone vivente” facendo in modo da attutire con la grazia di Dio le asperità del proprio carattere, di modo che ogni mattone possa più facilmente aderire all’altro, per la costruzione della Chiesa viva. Le asperità a cui mettere mano non sono rimediabili con il maleppeggio del muratore. Sono invece quei vizi capitali che il catecheta medievale ha racchiuso nel numero settenario: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia . Nel tempo che stiamo vivendo siamo portati a migliorare la nostra condizione economica; raramente ci impegniamo a migliorare la qualità umana della nostra persona perché sia migliore. E’ un esercizio al quale vale la pena di dedicarsi nella semplicità della vita quotidiana, fugando la dispersione che ci rende difficile interiorizzare, avendo il coraggio di dominare noi stessi. La maggioranza degli Occidentali pone cura alla propria prestanza fisica, sottoponendosi a diete ed esercizi che sviluppino il sistema muscolare. Non siamo più capaci di insegnare ai figli cosa evitare e come diventare liberi, signori di noi stessi.
La stessa società, dove le persone sono ad un tempo fedeli di Cristo e cittadini del mondo, pare avere dimenticato che senza fortezza, prudenza, temperanza e giustizia, la convivenza umana diventa una “spelonca di ladri” secondo l’antico insegnamento agostiniano. Ridedicare la Propositura significa in Bibbiena avviare insieme un procedimento critico almeno sulla qualità del nostro essere Chiesa: chiederci se le nostre parrocchie sono ispirate al Vangelo al punto di cercare in ogni modo di far crescere le virtù cardinali, perché ciascuno dei membri ne gioisca e perché chi non è cristiano possa ammirare la ricerca di quella societas perfecta che Bonaventura ha descritto sul sacro monte della Verna, alle cui pendici noi siamo .
Praticare la carità è aspirazione somma dei fedeli di Cristo. Il modello di questo ideale altissimo gli antichi bibbienesi lo raffigurarono nel duecentesco Cristo insanguinato che ci è giunto come tesoro prezioso. Gesù in croce che sparge il Suo sangue per noi è il segno dell’amore perfetto a cui i singoli e la comunità intera vuole ispirarsi e, meditando, convertirsi. Per vivere della carità non basta dare il superfluo ai poveri. Occorre imparare ancora a dare noi stessi per amore agli altri: così rifioriranno matrimoni cristiani incrollabili, vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, rinnovato impegno nella vita pubblica che il Beato Paolo VI definiva il più alto grado della carità.
Soprattutto il rito con cui dedichiamo ancora al Signore questo luogo, con rinnovata consapevolezza di quella alleanza nuova che ci fa cristiani ci spinge a essere uomini e donne veramente responsabili.
3. Adorare Dio in spirito e verità
Formare le coscienze è l’impegno che Gesù propone alla Samaritana al pozzo di Giacobbe. Chi vuole essere amico di Cristo deve scegliere al bivio tra la religione dei precetti e dei riti e la riscoperta di un dialogo sempre più intenso con il Signore della gloria che incontri nel silenzio interiore, nella libera risposta a Dio che ti interpella attraverso una molteplicità di messaggi.
Nei tempi antichi ben testimoniati da questo edificio e dalla dovizia d’opera d’arte che lo arricchiscono l’intento dei Padri era di fare in modo che il Vangelo fosse proposto attraverso una pluralità di linguaggi. Quando pochi erano in grado di leggere la Chiesa si industriò di raccontare catechizzando, di dare forma e colore alle vicende evangeliche che il fedele aveva ascoltato, di dare armonia a quanto fosse appreso attraverso la musica, specialmente in questo Casentino benedetto, patria di Guido Monaco e di bellezza salmodiata. Quasi ogni senso del corpo umano, attraverso la liturgia, venne coinvolto nella funzione dell’ascolto del Vangelo, facilitando l’azione comune con il ricorso al bello, al buono e al giusto .
Al centro l’uomo che è il capolavoro della creazione e che Gesù, assumendo la nostra stessa natura ci ha mostrato come possa essere privilegiato interlocutore di Dio Padre e di un mondo fatti tutto di fratelli. Sì, Dio ha una famiglia sola e non si cura del colore della pelle, della differenza dei passaporti e neppure della molteplicità delle lingue e delle culture. L’ascolto del Vangelo ci rende capaci di questa funzione se ci riesce d’essere capaci di risposta. In questa divina liturgia mi appello a ciascuno di voi: “lasciatevi riconciliare con Dio” , cioè riprendiamo l’impegno ad essere sempre più umani, disponibili a quella dignità che Cristo ci ha recuperato.
Il vero tempio dove si svolge questa suprema operazione che qualifica la nostra natura è la coscienza, che come mi faceva riflettere un giovane amico va educata, perché non sia il luogo dove dai sempre ragione a te stesso, dove ti inventi una religione che è solo proiezione dei tuoi bisogni e delle tue sensibilità, dove ti pare che il mondo intero tu debba qualcosa e dove solo raramente ti chiedi cosa tu debba agli altri per i tanti beni di cui Dio ti ha fatto dono.
L’acqua del pozzo di Giacobbe di cui Gesù stesso ha sete e ne chiede alla dona di Samaria è quella risposta umana del fedele adoratore di Dio che avvia un dialogo con il suo Signore che non ha fine, dove l’esercizio della libertà produce capolavori che sono la vera offerta gradita a Dio che si compiace della tua bellezza interiore, che ama dimorare in quel tempio interiore che è la tua coscienza, costantemente tenuta pulita dalla tua voglia di essere accogliente a Dio che ti visita e a quanti sono disponibili all’amore.
Questa comunità che oggi riprende il cammino verso l’eterno nei segni sacramentali fu affidata dai vescovi miei predecessori ai figli del Beato Giustino Russolillo che ebbe da Dio il carisma di curare le vocazioni. Ancora oggi la presenza dei Padri Vocazionisti e delle Suore del loro Ordine sia il modo perché ciascuno, curando la propria interiorità, impari a trovare cosa Dio gli chiede e fioriscano ancora in mezzo a noi matrimoni santi di giovani bibbienesi, tornino a crescere missionari e missionarie, ci sia in tutti impegno per il bene comune. Se ciascuno farà il suo questo sarà il miglior culto che potremo rendere a Dio, ancor più prezioso che la bellezza recuperata nei nostri monumenti della fede.