Sabato 26 gennaio alle 16.30, presso la parrocchia di Santa Mustiola, a Pieve a Quarto (Arezzo), mons. Vittorio Gepponi, docente presso la Pontificia Università Antonianum, presenterà il lavoro di Santino Gallorini: Don Duilio Sgrevi. Una vita spesa per ciò che resta in eterno, Edizioni Effigi. All’iniziativa sarà presente l’autore e don Duilio Sgrevi. La pubblicazione è un omaggio che, in occasione dell’Anno della Fede, i parrocchiani hanno voluto fare a don Duilio, parroco di Pieve a Quarto da oltre mezzo secolo. Il lavoro, che può vantare l’autorevole presentazione del Cardinale Angelo Comastri, ripercorre le varie tappe della vita di don Duilio, dalla nascita, all’entrata in seminario, dall’ordinazione sacerdotale al primo incarico di parroco a San Clemente in Valle (Loro Ciuffenna). Segue quindi le vicende del protagonista, nel suo lungo ministero a Pieve a Quarto.
Infine, vengono brevemente presi in esame i “temi di don Duilio”, cioè i vari argomenti che in questi anni sono più volte stati affrontati dall’anziano sacerdote, sia nelle sue omelie, sia nelle lettere ai parrocchiani, che nei tanti interventi pubblicati in testate giornalistiche locali, ma anche nazionali. Un lavoro che non vuole essere celebrativo, ma che cerca di illustrare con semplicità la vita di uno dei sacerdoti della nostra Diocesi, al fine di ricordare le tante tappe percorse assieme al gregge a lui affidato.
Di seguito riportiamo la prefazione al libro scritta dal Cardinale Comastri
Quando per la prima volta incontrai Don Duilio Sgrevi ebbi l’impressione di trovarmi davanti a una “quercia”: la sua parola era sicura, il suo comportamento deciso e il suo sguardo rivelava un’anima con le radici ben immerse nel mistero sconfinato della Misericordia di Dio.
Don Duilio è un uomo felice di essere prete: si avverte appena ci si incontra con il suo sguardo e la sua gioia trabocca nell’anima di coloro che lo avvicinano. Questo è l’elogio più bello che si possa fare a un prete.
Potrei dire di lui quanto ho scritto riguardo ad un anziano sacerdote della mia diocesi, che ha segnato profondamente la mia vita di credente. Nel penultimo anno di liceo sorse forte in me la domanda se il Signore veramente mi volesse suo sacerdote.
Decisi allora di andare a trovare don Pio Donati, parroco in un paesino vicino al mio: ogni settimana questo umile sacerdote veniva giù con l’asinello, confessava e poi ritornava nel suo villaggio. Era un sacerdote dello stampo di Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, verso il quale nutrivo un’immensa venerazione.
Vedo ancora davanti a me questo sacerdote anziano nella sua povera casa, con la cucina annerita dal fumo del camino, un tavolo dove mangiava e che gli serviva anche da scrivania, e di fianco una cameretta con il letto. “Don Pio, sono giunto al momento in cui devo prendere la decisione”. Mi fece sedere e mi mostrò l’unico, bene che aveva: una custodia per gli occhiali, ormai logorata dal tempo, ma che originariamente doveva essere stata molto bella e di un certo valore.
Quindi disse con voce ferma: “Tutto invecchia, anche le cose più belle passano: costruisci la vita su ciò che è solido, spendila per l’eterno”. Proseguì: “Vedi questa casa? Chi l’ha costruita pensava che sarebbe durata chissà quanto: invece è tutta da rifare. Vedi la mia veste? È tutta logora. Il sarto che l’ha cucita ormai deve rassegnarsi, poiché sto per gettarla via. Tutto passa, soltanto Dio resta. Spendi la vita per Dio, è la cosa migliore: spendi la vita per ciò che resta in eterno!”.
Fu un ragionamento confermato dalla sua vita, che conoscevo molto bene. Gli leggevo negli occhi che quanto affermava era vero. Meditai lungamente sulle sue parole e conclusi dicendo: “Signore, sono pronto! Voglio spendere la vita per ciò che resta in eterno”.
Ritornai da questo anziano sacerdote, che somigliava incredibilmente a Don Duilio, e gli confidai la mia crescente emozione e trepidazione man mano che si avvicinava il giorno dell’ordinazione sacerdotale. Mi fissò con i suoi limpidi occhi e poi mi disse: “Presto sarai sacerdote! Spendi totalmente la tua vita per Gesù: non risparmiarti! E soprattutto non aspettarti premi o ringraziamenti”.
Guardai la sua veste logora, mentre stava seduto su una sedia traballante: le sue parole acquistavano il sapore di una verità vissuta. E aggiunse: “Il prete è come una pecora: tutti prendono la sua lana e ci fanno i loro vestiti senza ricordare da chi viene la lana. Ma, quando nell’ultimo giorno della tua vita incontrerai Gesù, Lui ti verrà incontro con uno splendido vestito fatto con la lana che tutti ti hanno tolto. E ti dirà: ‘Ecco la veste della tua festa in cielo; l’ho preparata – dirà Gesù – con la lana che tu hai donato a tutti per tutta la tua vita!’”. Quanto mi apparvero belle e consolanti queste parole: le ho sempre conservate nel cuore e mi sembrano come una lampada che illumina il cammino della mia vita.
E Don Duilio è tutto stupendamente racchiuso in questo ritratto sacerdotale.Card. Angelo Comastri Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano