Un giorno storico, già annotato da don Arialdo Ruggeri, per la parrocchia di San Gianni in Vecchio nel cuore della Valtiberina. E certamente l’ha scolpita, prima, nel suo cuore a giudicare dall’emozione. Festa grande infatti, con l’arcivescovo Riccardo Fontana, per accogliere il ritorno del Crocifisso di San Gianni.
La cronaca racconta che oltre vent’anni fa l’antica chiesa di “San Giovanni in Veclo”, del plebato di Sestino, vide emigrare il parroco nell’”isola amministrativa” toscana di Ca Raffaello, nel mezzo della Valmarecchia. Chiesa solitaria, bisognosa di cure, con attorno il “deserto” degli uomini, volati piano piano in altre contrade. Tempi lontani quelli in cui i parrocc
hiani facevano ressa in canonica e attorno ad essa. San Gianni custodiva uno straordinario tesoro di fede e di arte: un Crocifisso trecentesco, ammirato dalla critica, anche per quel suo particolarissimo volto glabro. Dai credenti amato, ritenuto miracoloso e “rifugio” di anime bisognose provenienti anche da lontano. La “festa di San Gianni” della terza domenica di settembre era il punto di incontro di fedeli che accorrevano non solo dalle zone di Sestino o di Badia Tedalda ma da tutta la media e alta Valmarecchia, dove, a Talamello, si venera altro Crocifisso coevo, venerato per le grazie che
sempre, nei secoli, ha concesso ai fedeli. La “solitudine” della chiesa non consentiva di mantenere a San Gianni un’opera così importante, nel chiuso di una chiesa chiusa. E pertanto fu ricoverato, mantenendolo sempre nel Comune di Sestino e dentro i confini dell’antico Piviere di San Pancrazio, proprio nella Pieve di Sestino, in attesa di costruire una soluzione di consolidamento dell’edificio originario, di recupero dei caratteri stilistici salienti della chiesa stessa e di condizioni di sicurezza per ricollocarvi il miracoloso Crocifisso. Oggi San Gianni si è goduto il suo bell’edificio, riportato ad uno stile Sei/Settecentesco – pur conservando testimonianze medievali che ne fanno un punto di riferimento importante per la storia religiosa e della civiltà della zona: un edificio restaurato che ha accolto il suo Crocifisso, tornato a casa, dopo essere stato accolto, pregato e ammirato da tanti nella “chiesa madre” di Sestino.