Messa per il 20° anniversario morte Giussani e per il 43° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL

Omelia del Vescovo nella Cappella della Madonna del Conforto
21-02-2025

È innanzitutto con spirito di gratitudine, anche mia, che celebro questa Eucarestia. Ed è la gratitudine per voi, per la vostra presenza nella Diocesi, per la vostra operosità nella vita delle comunità, nella vita della nostra Chiesa, per il segno che voi siete. Una presenza, quella di CL, significativa, ricca, dono, grazia che si esprime, poi, anche in una comunità di Memores Domini. C’è una particolare ricchezza e dono nella nostra Diocesi e quindi, per questo, grazie. Oggi nel celebrare questa Eucaristia, ricordando Don Giussani e dicendo iI grazie a lui, questo grazie io lo voglio riversare, anche su di voi. Vi posso dire che tra i tanti motivi per cui c’è da dirvi grazie, c’è il lavoro che, per esempio, fate con i giovani: è un lavoro prezioso, un lavoro importante, i ragazzi, i giovani, la crescita, l’educazione. Quindi c’è una ricchezza da riconoscere e da valorizzare. Questo spirito di gratitudine è una occasione bella del ritrovarsi come Movimento di Comunione e Liberazione e per me Vescovo, questa sera, di essere con voi in questa celebrazione.

La parola di Dio mi pare che dica a noi parole particolarmente appropriate, parole che vanno a toccare qualcosa del Carisma, della ricchezza di Comunione e Liberazione nella Chiesa. Anzitutto la pagina del Vangelo è una pagina che ci parla di sequela, dello stile della sequela di seguire Gesù. Gesù dice: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso prenda la sua croce e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita la perderà. Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà». Il modo di seguire Gesù, lo stile di andare per la strada dietro Gesù, decisivo per vivere cosi come agli Apostoli viene chiesto, decisivo per mettersi sulla strada dietro a Gesù è l’incontro, è fare esperienza di un incontro. E se l’esperienza dell’incontro con Gesù è vera, incide davvero nella vita, nell’esistenza, nella propria storia, se vi è questo incontro che diventa evento, momento, allora la vita può diventare sequela. Gesù può chiedere davvero di seguirLo con lo stile, lo spirito di chi dona la vita e questo diventa sguardo per ogni vita cristiana. Ecco credo che Don Giussani abbia trasmesso l’insegnamento e l’esperienza della necessità e importanza di incontrare il Signore. Di incontrare davvero Lui nella propria vita. Se l’incontro diventa esperienza, se l’incontro è vero nella vita con il Signore, allora la vita può diventare quella sequela di cui ci parla il Vangelo, che è il dono della vita, che è condividerla, che è pensare agli altri, che è andare dietro a Gesù. Credo che questa memoria di un incontro e questo rendere possibile nella storia e nella vita nostra l’incontro con Gesù, sia carisma, sia esperienza, sia dono particolare che Comunione e Liberazione può tenere vivo nella Chiesa e con i Cristiani: l’esperienza di un incontro e che l’incontro con Gesù sia vivo. In fondo, a cosa serve la Scuola di Comunità? A cosa serve se non a rendere vivo l’incontro con il Signore, a farlo diventare esperienza nella propria vita. Ma se è così, allora la vita può diventare sequela, può diventare cammino dietro a Gesù. Questo mi pare il primo invito che il Vangelo ci rivolge oggi: amici, non perdiamo l’esperienza dell’incontro con Gesù, teniamo viva questa memoria, teniamo vivo e attuale l’incontro con il Signore e la nostra vita, la nostra vita di Cristiani e l’esperienza di CL sia un andare dietro a Gesù, un guardare a Lui, un incontrare Gesù vivo, risorto nella comunità che chiama noi a seguirLo e a dare la vita.

Ma andando poi alla prima Lettura, alla pagina della Genesi, in questo racconto di Babele dove sono confuse le lingue, mi pare che venga approfondito e indicato un altro aspetto che credo vero per Comunione e Liberazione. Lo dico così: è la dimensione del “parlare”. In fondo di questo si tratta a Babele: uomini di luoghi diversi si ritrovano perché vogliono costruire questa grande torre e il Signore confonde le loro lingue al punto che, non capendosi più, diventa impossibile erigere questa grande torre. C’è una difficoltà nella lingua e viene in qualche modo lasciato intendere, in questa lettura, che per poter costruire qualcosa (che poi è la vita), occorra trovare un linguaggio comune, un linguaggio che si capisca. E il linguaggio che si capisce, ci dice Babele, è dono di Dio, non è quello di cui siamo capaci noi: è Dio che ci fa parlare rendendoci capaci di comprenderci. Che cosa può voler dire per noi e per l’esperienza di CL? Anzitutto credo che venga detto a noi e a voi come Movimento di essere, nella Chiesa, linguaggio che crea Comunione che mette insieme le lingue diverse: linguaggio e presenza, cioè, che costruisce davvero la comunità. E che lo fa con una presenza, un linguaggio, un’accoglienza, un ascolto che cerca di mettere insieme i pezzi, cerca di legare le lingue, le sensibilità, le dinamiche diverse nella vita della Comunità. Ma ci vuole chi mette insieme la lingua e il parlarsi che costruisce la Comunità. Credo che questo sia un primo spunto di riflessione su questo tema del linguaggio che mi piace dire a voi di Comunione e Liberazione, cioè riconoscersi, nella Chiesa, al servizio della Comunione, al servizio della costruzione dell’unica Chiesa, al servizio di linguaggi diversi che ci sono nella Comunità e che non ci arrestiamo ad accogliere, nell’accogliere e nel comprendere perché cresca l’Amore, perché cresca la Comunità, perché si edifichi, si costruisca questa torre che non sono le nostre ambizioni ma è la vita della Comunità, è la vita della Chiesa. In questo Comunione e Liberazione scoprirà il dono di essere nel cuore della Chiesa, nella vita e nello spirito della comunità Cristiana.

Ma c’è un altro aspetto di questo linguaggio che vorrei riconoscere e dire riguardo a Comunione e Liberazione. Perché la lingue diverse sono anche fuori nel mondo. Sono lingue diverse quelle della politica: pensate che lingua è diversa è quella di una politica che porta a fare una legge sulla morte di chi è malato. Una lingua ben diversa dalla nostra.

Pensate che lingue diverse, nella cultura nella quale noi siamo, una cultura nella quale c’è una profonda indifferenza nei confronti della Fede cristiana. Una cultura che va per altri cammini, cioè che parla un linguaggio diverso da quello del Vangelo. Pensate quale cultura e linguaggio diverso c’è riguardo l’accoglienza della vita in un mondo e in una società, la nostra occidentale, dove vediamo questo inverno demografico e dove qualcuno (era sul Corriere della Sera come articolo qualche giorno fa, riportando un convegno) osa perfino dire che la diminuzione delle nascite è la salvezza del mondo.

Ma che linguaggi sono? Che lingue sono? Allora, In un mondo così ci vuole chi sappia parlare, cioè chi osi alzare la voce e portare un linguaggio che parli al mondo di oggi del Vangelo, dello spirito cristiano, del Vangelo che è anche cultura, che entra nella vita della gente. Babele ci dice: amici, non dobbiamo avere paura di metterci in dialogo con la cultura e con il mondo di oggi per parlare di Vangelo, per tenere vivo lo spirito cristiano che fa parte della nostra tradizione, delle nostre radici. Se semplicemente parliamo con il mondo di oggi non ci si capisce, sono lingue ben diverse. C’è bisogno di chi sappia parlare e che possa parlare al mondo della cultura, della politica, delle scelte di oggi, del mondo nel quale noi ci troviamo. Ecco, credo che CL abbia una grande tradizione e una grande ricchezza nel fare questo, cioè nella capacità di parlare alla cultura, di parlare al mondo, di parlare all’educazione, di parlare alla politica.

Credo che questo vada vissuto, riscoperto, tenuto vivo con un sentire e riscoprire il carisma e la vocazione di entrare in dialogo, con il nostro linguaggio, con il mondo di oggi, con la cultura di oggi, sapendo che abbiamo una Speranza che portiamo e testimoniamo. Sapendo, come ci dice la scrittura, che dobbiamo rendere ragione della Fede che è in noi. E allora lo facciamo portando un linguaggio che apparentemente è diverso, come a Babele, eppure è il linguaggio di cui ha bisogno il mondo di oggi.

Allora buon cammino e direi anche buona missione nel portare questa testimonianza nella Chiesa e nel mondo e in questo modo, in questo anno del Giubileo e vivendo questa celebrazione anche come celebrazione giubilare, sentiamoci pellegrini di Speranza.

+  Andrea Migliavacca

Vescovo