Meditazione conclusiva del vescovo durante la Via crucis serale

Fortezza di Arezzo
18-04-2025

Venerdì 18 aprile 2025. Fortezza di Arezzo.

Meditazione conclusiva del vescovo monsignor Andrea Migliavacca durante la Via crucis serale

Abbiamo compiuto, carissimi, in questa bella parte della nostra città, i passi della via crucis, i passi dietro a Gesù che, nella passione, sale al calvario; abbiamo pregato e abbiamo contemplato la sua morte.

Abbiamo vissuto la via crucis nella città e, mentre camminavamo, pensavo che nella nostra città non c’è solo la via crucis che abbiamo vissuto noi, con commozione e partecipazione, questa sera.

Quante vie crucis ci sono ogni giorno per le strade della città, quante vie crucis ci sono nella vita della gente che sperimenta la fatica del lavoro, dell’arrivare alla fine della giornata o alla fine del mese per l’incertezza del lavoro, per la precarietà della vita; e accade che, allora, la vita diventa una via crucis.

Nella città ci sono tante vie crucis delle persone che sono invisibili, quelle che non vediamo, quelle che vivono nella povertà estrema, quelle che non hanno neanche il coraggio di chiedere un aiuto e una mano; e la loro vita diventa una via crucis.

C’è, nella città, la via crucis di coloro che si sentono rifiutati, si sentono scartati perché diversi dagli altri per le idee religiose, le idee politiche, l’orientamento sessuale, per la propria vita personale; o magari si sentono scartati perché arrivano da lontano e le porte, invece di aprirsi, si chiudono e la loro vita diventa una via crucis.

C’è nella città la via crucis di coloro che, piccoli, deboli, poveri, sono violati nella loro dignità umana, fisica, nella loro esperienza e bellezza di vita; e, segnati dalla violenza, violati nella loro dignità umana, la loro vita diventa una via crucis.

C’è la via crucis, nella nostra città, se andiamo nell’ospedale; e percorrendo le corsie dell’ospedale, in mezzo agli ammalati, in mezzo alle loro famiglie, ai parenti di coloro che vivono la malattia, in mezzo ai medici, gli infermieri, le Oss, tutti coloro che frequentano i luoghi della malattia, camminando in mezzo a loro ci accorgiamo di camminare in una via crucis, nella via crucis del dolore, della malattia, della sofferenza.

E la via crucis continua, nella città, e forse ci porta nel nostro carcere, dove persone, probabilmente anche per le loro situazioni, sono private della libertà, della pienezza della loro libertà, e vivono un cammino di ripresa, di riscoperta, crediamo anche di speranza di cambiamento di vita: ma attraverso una esperienza in carcere, che è via crucis.

Forse accade che, camminando per la città, talvolta anche noi siamo uno di quei tratti della via crucis, quando anche noi siamo segnati dal peso della vita, dalle nostre ferite, da qualche delusione, da qualche tradimento di amicizia, da qualche preoccupazione e fatica del cuore; quando per noi diventa difficile vivere la forza e la bellezza della famiglia, o quando non riusciamo a vedere che siamo accompagnati: e allora accade, talvolta, che la via crucis è proprio la nostra vita, sono proprio i nostri passi, è proprio il nostro camminare.

Ecco, la via crucis nella città l’abbiamo vissuta noi, questa sera, ma nella città quante vie crucis ci sono, e non solo il Venerdì Santo, ma anche il lunedì, il martedì, il mercoledì: ogni giorno della settimana, di tutte le settimane dell’anno.

E accade che passa la via crucis per la città…

Ma c’è una speranza, c’è una luce: perché, se è via crucis, se è la via crucis delle tante vie, nei tanti luoghi, mondi, esperienze della nostra città, se è via crucis, c’è anche Gesù: c’è lui, c’è il Signore che cammina con noi.

E, allora, il Signore Gesù aiuterà a portare la croce, aiuterà a camminare e a rialzarci quando cadiamo, aiuterà a ritrovare speranza e luce; ci aiuterà Gesù che cammina con noi e con ogni via crucis nella nostra città; ci aiuterà lui, il Signore Gesù che cammina con noi, a vedere che non c’è soltanto la sommità del calvario e la croce, ma, dopo la croce, lui che cammina con noi, e cammina per le vie crucis della città, Gesù ci aiuterà a vedere l’alba della Pasqua, l’alba del sepolcro vuoto.

Questo sepolcro, dove abbiamo visto scendere e portare il Cristo morto, sarà il sepolcro vuoto dove la luce, il fuoco, lo spirito della Pasqua e della resurrezione trasformerà tutto: trasformerà la vita, la città, i nostri cammini; trasformerà l’esperienza di chi è abbandonato e solo, di chi è povero e violato, e sarà Pasqua, sarà vita nuova, sarà speranza, sarà fraternità rinnovata tra di noi. Forse ci saranno ancora delle vie crucis nella città ma, ormai, saranno accompagnate dalla luce del risorto e sarà vita nuova, pace, gioia e speranza.

+ Andrea Migliavacca