L’itinerario di quaresima è una esperienza di sequela del Signore, dell’imparare sempre di nuovo a seguire Lui, ad andare dietro a Lui, nella vita.
Domenica scorsa, con il vangelo che narrava le tentazioni di Gesù, la Parola di invitava a prendere una decisione, a ricominciare a fidarsi del Signore e della sua Parola. Siamo stati invitati ad accogliere un invito per andare dietro al Signore. Occorreva prendere una decisione.
Oggi la liturgia ci consegna il brano della trasfigurazione di Gesù. In questo evento sul monte, nel vedere Gesù trasfigurato, gli apostoli con Lui, Pietro, Giovanni e Giacomo sono resi partecipi della visione della gloria del Signore, una bellezza e una intensità che con Mosè ed Elia mostra il realizzarsi delle promesse di Dio. Occorre vedere ora la gloria di Gesù per non trovarsi confusi e per riconoscerla poi nel dono della sua vita sulla croce. Dal monte della Trasfigurazione gli apostoli sono nuovamente incamminati a seguire Gesù con una direzione che da ora sarà Gerusalemme, la croce e bisognerà andare fin là per riconoscerlo e vedere la sua gloria di nuovo; sulla croce.
Potremmo dire che sul monte, nell’esperienza della Trasfigurazione, gli apostoli vedono l’invisibile, cioè vedono la bellezza. Vedono la gloria del Signore, la sua veste candida e sfolgorante, vedono Mosè ed Elia che parlavano del suo esodo. Vedono ciò che si comprende solo vedendo l’invisibile, la bellezza.
Così era capitato già ad Abramo di cui ci parla il testo della Genesi: Abram è invitato a guardare in cielo e contare le stelle… e vedere nell’invisibile e nella bellezza di questo sguardo il dono della vita, della discendenza, delle promesse di Dio. Si tratta di vedere, come dice il testo, che il Signore l’ha fatto uscire da Ur dei caldei… e con lui, nel fuoco che passa e separa gli animali, celebra una grande alleanza, la sua amicizia. Abramo sapeva vedere l’invisibile, fino a scorgere quella mano che fermerà la sua nell’atto di uccidere il figlio Isacco.
Anche di Mosè la lettera agli Ebrei ci dice che egli “per fede, lasciò l’Egitto, senza temere l’ira del re; infatti rimase saldo, come se vedesse l’invisibile” (11,27).
San Paolo, nella lettera ai Filippesi, ci invita a cogliere questo sguardo rinnovato, il vedere l’invisibile, con questa immagine: “La nostra cittadinanza è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”.
Dunque la Parola di Dio oggi, ci invita a vedere l’invisibile, la bellezza, anzi ci dice che come credenti abbiamo il dono di vedere l’invisibile.
Ma cosa significa questo? Che cosa ci fa vedere l’invisibile? Abbiamo mai avuto noi l’esperienza del vedere nella vita l’invisibile, la bellezza?
Si tratta di saper cogliere, di saper vedere l’operosità di Dio.
Così infatti accade ad Abramo: vedere l’invisibile vuol dire vedere il Dio che lo fa uscire dalla sua terra e diventa futuro, diventa terra promessa, discendenza, benedizione.
E nel testo di Paolo vedere l’invisibile vuol dire vedere l’opera di Dio in noi che ci trasforma e ci dona la vita spirituale, la vita eterna.
Nel racconto della trasfigurazione di Gesù vedere l’invisibile significa vedere che nel suo esodo di cui parlano Mosè ed Elia, cioè nel dono sulla croce, nel dono della sua vita, vi è il più grande rivelarsi del volto di Dio che è una presenza di luce, di gloria, di vita intensa. Un linguaggio che sembra raccontarci l’opera dell’amore, cosa compie l’amore di Dio.
Vedere l’invisibile, la bellezza significa allora vedere le tracce dell’opera di Dio, le tracce del suo amore, l’operosità dell’amore di Dio in noi e nella storia.
Siamo invitati a guardare e cercare l’amore, cercare e vedere le sue tracce, cogliere nell’amore la delicatezza del farsi vicino di Dio.
Vedere l’invisibile è vedere l’amore che c’è nella forza creatrice della natura che si rinnova in ogni primavera; è cogliere la grandezza della vita anche nella fragilità dell’esistenza, quando la vita ha da essere accolta o custodita fino al suo naturale finire o quando incontra la disabilità e talvolta lo scarto. E’ possibile vedere l’amore, è possibile vedere l’invisibile, la bellezza, questa delicata presenza di Dio nella cura di altri fratelli verso i più fragili.
Vedere l’invisibile è vedere la grandezza del dono della vita perché un altro viva, ritrovi speranza, ritorni a ridere. Vedere l’invisibile è cogliere la delicatezza di chi sa curare le ferite altrui, e anche custodire e sostenere l’impegno di chi nei gesti semplici e quotidiani non smette di cercare la pace. E’ stato un vedere la bellezza l’impegno e il sacrificio di tanti che hanno aiutato chi era nel bisogno nei giorni scorsi nelle zone in Toscana toccate dalla alluvione. Vedere l’invisibile è vedere le tracce delicate e semplici dell’amare. Ed è vedere Dio, il suo Amore.
Ricorda il vangelo che per “vedere l’invisibile” occorre ascoltare, questa è la strada: “dalla nube uscì una voce che diceva: questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo”.
Si può riprendere allora il cammino dietro a Gesù, ascoltando Lui, e imparando così a vedere l’invisibile, la bellezza, a vedere le tracce dell’amore e nel dono della sua vita l’amore più grande per noi.
Nel dialogo tra il piccolo principe (di Saint Exupery) e la volpe viene quasi sintetizzato questo messaggio evangelico e nuovamente proposto a noi:
“Ecco il mio segreto. E’ molto semplice: non si vede che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Ecco il cammino proposto a noi: guarda con il cuore, cerca l’amore (e il cuore lo sa cogliere) e imparerai a vedere l’invisibile, la bellezza, l’amore di Dio per te.
+ Andrea Migliavacca
Vescovo