Caritas Italiana e Fondazione Zancan hanno presentato in questi giorni il Rapporto 2011 sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia. Questa XI edizione del Rapporto evidenzia come nel corso del 2010, 8 milioni e 272 mila persone pari al 13,8% della popolazione, erano povere, contro i 7,810 milioni del 2009 (il 13,1% della popolazione). Secondo i dati di Eurostat inoltre, le persone impoverite, in caduta verso condizioni peggiori sono pari al 25% della popolazione italiana. Nel Rapporto viene evidenziato come la distribuzione delle ricchezze nel nostro Paese vede il 10% delle famiglie con redditi più elevati percepire più di un quarto (26,3%) dei redditi prodotti, mentre il 10% delle famiglie con il reddito più basso percepisce il 2,5% del totale dei redditi prodotti.
La povertà colpisce con particolare violenza le famiglie con più di due figli e viene notato come “senza un adeguato sostegno, le famiglie non saranno incentivate a fare figli e le ripercussioni a livello demografico saranno pesanti”. Tuttavia, nel bilancio di previsione dello Stato per gli anni 2010‐2013, il Fondo per le politiche della famiglia registra i seguenti decrementi: 185,3 milioni di euro nel 2010, 51,5 milioni nel 2011, 52,5 milioni nel 2010 e 31,4 milioni nel 2013. Come se questo già non bastasse, secondo i parametri Eurostat, sono a rischio di povertà o esclusione sociale il 24,7% degli italiani contro il 21,2% dell’Area Euro e il 23,1% dell’UE a 27 paesi.
Difficile è la situazione anche sul fronte dell’occupazione. In Italia, i cittadini tra i 15 e i 64 anni con un lavoro regolarmente retribuito sono appena il 56,9%; una percentuale tra le più basse dell’Occidente. Ci sono poi tre categorie particolarmente vulnerabili: i giovani (il tasso di disoccupazione giovanile ha toccato il picco del 27,8% (+ 2,4% rispetto al 2009); le donne (in Italia lavora solo il 47%); le persone disabili (nel 2008 hanno fatto domanda di assunzione 99.515 disabili e nel 2009 83.148, ma gli avviamenti effettivi al lavoro sono stati rispettivamente 28.306 e 20.830). I giovani che hanno iniziato a lavorare a metà degli anni Novanta matureranno verso il 2035 una pensione analoga a quella degli attuali pensionati con il minimo Inps, ossia di 500 euro. Sono i poveri relativi di oggi e i poveri assoluti di domani.
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