Sorelle, fratelli carissimi
il Signore ci dia pace
in questa Festa di san Giuseppe!
- San Giuseppe, uomo giusto
Nella tradizione della Bibbia, “giusto” è chi mette al primo posto nella propria vita il rapporto con Dio, che è necessariamente un dialogo in cui l’iniziativa parte dal Signore e all’uomo compete una risposta articolata, in cui c’è molto del suo, cioè si esprime con il suo carattere e con le sue capacità. Si risponde a Dio facendo quel che Egli chiede. Si tratta di un’obbedienza non solo a fare, ma mettendoci del proprio perché venga fatto bene.
Certamente, fu una scelta di fede. San Giuseppe fu il primo a credere che la maternità di Maria era opera dello Spirito Santo. Non una fede teoria, ma una dimensione sponsale, riconoscendo che fin dall’eternità Dio aveva sperato che Maria liberamente rispondesse “Ecce Ancilla Domini” alla richiesta dell’Angelo, che le chiese se fosse disposta ad aiutare Dio per la salvezza del mondo.
Giuseppe rispose a Dio con umiltà, rendendosi anche lui disponibile a compiere quanto il Signore gli chiedeva: un difficile compito da gestire con la sua sposa.
- San Giuseppe patriarca, ossia la paternità
Di san Giuseppe Dio si fida: gli affida i due tesori più preziosi, Gesù e la Madonna.
Da san Bernardino di Siena in poi, Giuseppe si chiama “padre putativo” di Gesù, come se fosse ritenuto il padre senza esserlo. In realtà si tratta di una paternità non di sangue, ma di ruolo. Questo tema è fondamentale per la vita della Chiesa. Pensate a quante persone nella storia hanno adottato i figli, divenendo non di meno veri padri. Questo significa che non basta, per essere padre, generare una persona. È padre chi aiuta a piccolo a diventare un uomo vero, farsi carico dell’educazione, che è parola che viene dal latino e significa far uscire fuori l’identità di una persona: aiutare un piccolo a diventare un grande, ma non nel senso del mondo, non cioè ricco, potente e capace di dominare gli altri. Facciamo anche noi stasera il sogno di San Giuseppe: facciamo il tifo per la persona che ci è affidata. Noi preti, nella misura che siamo veri presbiteri, cioè anziani nella fede, siamo chiamati ad essere padri del popolo che ci è affidato, ovvero a farci carico della realizzazione delle persone. Essendo di riferimento per gli altri e spendendo la propria vita per gli altri sono azioni che indicano una risposta concreta a Dio che ci chiama.
Quando diciamo che Gesù è vero uomo, la sua identità di Figlio di Dio assume la natura umana da Maria per opera dello Spirito Santo. Una persona diventa un uomo se sa comportarsi da uomo. L’educazione è fondamentale quanto la corporeità.
- La vocazione
San Giuseppe è chiamato a difendere Gesù bambino, ma anche ad avviarlo al lavoro e a insegnargli come diventare un israelita giusto, secondo la Legge di Mosè.
Nel suo ruolo unico al mondo, Giuseppe è sostenuto dal continuo rapporto con Dio, in un dialogo costruttivo che gli fa cogliere per vera la rivelazione dell’Angelo, che gli dice di derogare dalla Legge e obbedire alla coscienza. La Vergine Maria concepisce il suo seno purissimo per opera dello Spirito Santo.
Secondo la Legge, Giuseppe avrebbe dovuto ripudiare Maria; accetta invece un progetto di Dio che gli chiede di far da padre a Gesù e di riservare a Maria il suo amore coniugale, rispettandone la verginità prima, durante e dopo il parto.
Con Maria che sta per generare il piccolo Gesù, san Giuseppe affronta il viaggio fino a Betlemme, suo luogo di origine. È certamente dura, per il giovane Giuseppe, accettare che i suoi stessi parenti non accolgano né Maria, visibilmente incinta, né lui stesso. Di fronte alle difficoltà non si arrende, ma provvede, fidandosi di Dio.
In una grotta, Gesù viene al mondo; in una grotta lascia il mondo, morto in Croce: ma il progetto di Dio è sempre un altro. Il giusto Giuseppe, ancora una volta edotto da un Angelo, salva Gesù bambino e la madre di Lui, fuggendo in Egitto come uno dei tanti rifugiati che anche oggi noi conosciamo.
Anche Gesù, Giuseppe e Maria scampano la morte per la via del mare, come i tanti che fuggono dal loro paese non solo per fame, ma anche per persecuzione. Erode apprende dai Magi che è nato il Re d’Israele e il sovrano che regna ha paura di essere spodestato e fa uccidere tutti i bambini della terra di Betlemme che avessero meno di due anni.
Alla morte di Erode, Giuseppe e Maria decidono, ancora per vocazione, di affrontare l’ignoto e di tornare in Palestina, a Nazareth, piccolo paese di lei. Pur nella consapevolezza di Gesù che, appena dodicenne si intrattiene nel tempio con i Dottori della Legge, a Maria che gli chiede conto del suo comportamento confida la sua identità di Figlio di Dio.
San Giuseppe si rende conto che la difficile missione che gli era stata affidata dall’Onnipotente sta per essere esaurita. Poco per volta, con discrezione – che fu sempre il suo stile – smette di essere protagonista e lascia la libertà nella silenziosa testimonianza della sua fede.
San Giuseppe insegna a ciascuno di noi a rispondere alla chiamata che abbiamo ricevuto e onora con la sua fede di uomo giusto l’esempio che egli seguita a dare alla Chiesa intera.