Festa di San Donato 2018 – L’omelia del vescovo Riccardo

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Carissimi fratelli e sorelle nel Signore:

Dio ci dia pace

in questo giorno santo!

        1. La Cattedrale, il Patrono, il Ministero, il Sinodo.

        Intra Tevero e Arno, dalle nostre quattro vallate il Popolo di Dio si è fatto rappresentare questa sera dalla folla che gremisce la Cattedrale. E pluribus unum. Questa assemblea liturgica è segno della nostra Chiesa diocesana, che fa suo il progetto del Signore di farsi ricca con le diversità che ci appartengono, di farsi forte con l’unità che è dono di Dio e progetto di vita per ciascuna delle nostre comunità.

Il Patrono San Donato ci dà la misura dell’agire comune. Il suo stesso nome dice l’identità di questa Chiesa, che si fonda sulla generosità di ciascuno ed è dono per tutti. Il Santo Martire ci ricorda questa sera, che l’unità si raggiunge soltanto se ciascuno cede qualcosa del proprio, pur di costruire una storia comune. Il Martire ci insegna che solo con il sacrificio a immagine di Gesù, si passa dalla fatica del vivere d’ogni giorno alla Resurrezione, una rinascita che è dono dello Spirito. In questa logica si colloca il Ministero, che siamo riuniti stasera con l’intento di conferire il diaconato al nostro fratello Francesco Polizzi della comunità di Bucine.

        L’Assemblea è anche arricchita dalla presenza dei Circuli maiores del nostro Sinodo che, dopo un lavoro davvero molto impegnativo, che merita la gratitudine di tutti, riconsegnano elaborati i suggerimenti, i progetti, le aspettative dei 500 sinodali, che da mesi sono impegnati nella preghiera, nella ricerca della volontà di Dio, per rinnovare la Pastorale di questa Chiesa diocesana.

         2. Il Ministero pastorale.

        Ezechiele profeta, che abbiamo ascoltato nella Prima Lettura di quest’oggi, anticipa il progetto di Dio, che si manifesta come icona della sollecitudine che ha per ciascuno di noi. Ci chiede di farci carico degli altri, pur con fatica, stanchezza, capovolgimenti dei nostri interessi personali e comunitari, per non guardare alle nostre comunità così come sono, con il compiacimento di quello che si è raggiunto, ma di andare missionari a ricercare le persone, che magari abitano accanto a noi, ma che hanno perduto il fascino della partecipazione alla vita della Chiesa: “Le farò uscire… Le radunerò… Le condurrò nella loro terra… A ottime pasture … Fertili pascoli… Le farò riposare”. Nel linguaggio bucolico del profeta, ecco il progetto di Dio: non guardare a noi stessi, ma andare a cercare la gente, declericalizzare la nostra Chiesa. Ciò che conta è aiutare quanti avessero perso il gusto di misurarsi con il Vangelo.

        Papa Francesco ci chiede di non indugiare nel compiacimento di noi stessi e delle nostre comunità, ma di essere una “Chiesa in uscita”. Non siamo chiamati a rimirare le nostre consuetudini, ma avere il coraggio del nuovo per ritrovare il Cristo, che è la “nostra pace” e la “fonte della nostra gioia”.

        La Passio Santi Donati Prima riferisce quanto già Gregorio Magno diceva del nostro Patrono. Il calice spezzato è ad un tempo la nostra Chiesa e la nostra società. Donato con la Grazia dello Spirito Santo, ottenuta nella preghiera e l’impegno di una vita, riesce a ricomporre in unità la Chiesa che gli è affidata, con una fatica solerte di quanti gli sono collaboratori. Solo così si può celebrare l’Eucarestia, mettendo insieme le parti disperse, le comunità che potrebbero comporre ancora il calice di Donato con cui celebrare la Messa.

        È grande impegno farci presenti agli 836 paesi, alle 246 parrocchie per rimettere in unità quanto lo spirito di divisione ha contrapposto, spezzato, puntando sull’autoreferenzialità di ogni gruppo, più che sulla comunione di tutti. Siamo chiamati ad essere “una cosa sola, come Tu Padre sei in me e io in te… Perché il mondo creda, che Tu mi hai mandato”. Questa è la Grazia che chiediamo insieme al Signore al vespro di questo giorno di festa, facendo insieme l’Eucarestia. Questa Assemblea liturgica è il segno sacramentale, che Donato chiede ancora al Signore. Unire e ricollegare in un’unica missione affidataci di farci tutti insieme diversi da come ci pare di essere, uniti per la Grazia di Dio.

        3.Una Chiesa tutta ministeriale.

        Ciascun sinodale si è fatto mio consigliere alla ricerca di un volto della nostra Chiesa, che è ad un tempo antico e nuovo: ognuno è chiamato a farsi carico di tutti gli altri, con la preghiera prima, ma anche con l’azione conforme alla vocazione propria. Vi è una dimensione ministeriale, che è di tutti i cristiani, nel matrimonio, nella vita consacrata nell’impegno sociale, nella costruzione di una società più giusta e umana, passando dalla Torre di Babele in cui ci troviamo, al cammino che ha come meta la Gerusalemme del Cielo. Non siamo indifferenti alla vita politica, alla quale vogliamo dare il nostro contributo come cittadini della polis, che hanno incontrato il Signore e sono stati orientati al rispetto verso tutti, alla carità verso i più deboli, al soccorso di quanti sono nel bisogno.

        Caro Francesco, nella calura di questo giorno di festa ci doni l’opportunità di conferirti l’Ordine Sacro nel Diaconato, cui ti sei preparato per anni. Ci dai anche l’occasione per riflettere sul servizio che la Chiesa deve offrire al mondo. Mi sarai accanto nella Divina Liturgia, ma ricorda che la tua missione, come quella dei 7 primi diaconi in Atti degli Apostoli, è quella di curarti dei poveri, di amministrare i beni della Chiesa, di annunziare prima con i gesti e poi con la parola la carità di cui tutti siamo stati fatti ministri. Mi sarai accanto nella Divina Liturgia, ma mi sarai ancora più vicino nel servizio a chi ha fame, nel guidare alla scoperta del Signore i giovani che ti verranno affidati e quanti nel tuo lavoro avrai modo di incontrare. Ti impegni alla preghiera quotidiana per questa Chiesa aretina. Non ci dimenticare davanti al Signore, ricordando sempre che l’essere conta più del fare. Come il giovane Donato dedicati alla catechesi, perché quanti, accecati dal denaro, recuperino la vista dei bisogni altrui. La tua sposa, i tuoi figli che con generosità ti hanno accompagnato a questo momento trovino nel tuo ministero la Benedizione del Signore, non nell’esercizio della ritualità, ma nell’esempio che saprai darci con la tua dedicazione a Dio Altissimo che inauguri stasera, avvalorato, intimamente trasformato dal Sacramento dell’Ordine.

        4. Il sogno diventi realtà.

        Cari Sinodali qui convenuti, quanto con l’aiuto dello Spirito Santo avete suggerito sinora al nostro Sinodo diocesano, ha come fine che questa Chiesa si rinnovi e diventi capace di vivere sempre più il mandato di Gesù, che sale al Cielo: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura… Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il signore agiva insieme con loro e confermava la parola con i segni che l’accompagnavano”

        Lo scopo di questo Sinodo diocesano che stiamo celebrando è ricostruire il progetto del rinnovamento della nostra Pastorale, con la forza dello Spirito, come a Pentecoste. La nostra comune preghiera deve trovare nel Signore la forza del cambiamento, perché si individuino i linguaggi nuovi e più adatti, i segni eloquenti, perché la proposta del Vangelo, confermata dai molteplici segni di carità, torni a ridire, con sobrietà e rispetto, che Gesù è in mezzo a noi: “lui il Pastore buono, che dà la propria vita per le pecore”. Al mercenario, invece: “non gli importa delle pecore”.

        Affidiamo a San Donato la nostra volontà si servire con attenzione soprannaturale la nostra Chiesa. Chi vuole imitare il Pastore Buono deve provvedere al gregge, anche se rischia di non essere compreso da qualcuno. Sarebbe invece da mercenario lasciare che le cose vadano avanti come sono e raccogliere facili plausi.

        Voglio assicurare tutti che come Pastore di questa Chiesa desidero ascoltare tutti, essere vicino specialmente a chi ha opinioni diverse dalla maggioranza e proseguire lo stile sinodale, felicemente iniziato, raccogliendo l’invito del Papa.