Iniziamo con questa celebrazione i riti del triduo pasquale, un unico grande rito che inizia con questa Messa e si concluderà con la celebrazione della grande veglia pasquale.
La liturgia di questa celebrazione, che fa memoria dell’ultima cena del Signore, è abitata da tanti gesti.
Di gesti particolari ci parla la Parola di Dio.
La prima lettura, l’Esodo, narrando la notte della liberazione dall’Egitto, indica alcuni gesti che gli israeliti dovevano porre per passare indenni quella notte, essere salvati e liberati.
E così dovevano prendere un agnello che doveva avere precise caratteristiche e doveva servire anche come condivisione con chi ne avesse bisogno; e poi dall’agnello andava preso del sangue e messo sugli stipiti delle porte; era un agnello da mangiare arrostito, con erbe amare; e altri gesti erano indicati: andava mangiato con i fianchi cinti, con i sandali ai piedi, il bastone in mano e in fretta.
Tanti gesti raccomandati per accorgersi che passa il Signore, che è il liberatore e che da lui si è salvati.
Sono gesti che raccontano la vita quando si affida e si lascia visitare dal Signore e dal suo amore.
La seconda lettura, la lettera di Paolo ai Corinzi, presenta altri gesti, quelli dell’ultima cena.
Gesù in quella notte prese il pane, rese grazie, lo spezzo, lo diede dicendo…; prese il calice, recitò la benedizione e fece bere il vino. Sono i gesti che raccontano e annunciano, spiegano e condividono la vita donata di Gesù, l’amore che è la sua morte di croce, un amore che è dono di vita per noi.
Il vangelo ci regala una bellissima scena con i gesti di Gesù, narrati quasi al rallentatore: egli si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano, lo cinse attorno alla vita. Versò dell’acqua nel catino, cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano. E il dialogo con Pietro rivela che dobbiamo lasciare che quei gesti Gesù li compia davvero, anche per Pietro, anche per me, per noi.
Questi gesti di Gesù rivelano, fanno vedere e scoprire quanto l’evangelista Giovanni annota all’inizio di questa pagina: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”. Ecco sono i gesti del racconto e del dono dell’amore di Gesù. Sono i gesti di quella ultima cena che mostra come sulla croce Gesù vivrà il dono di amore più grande, fino alla fine.
I gesti che abbiamo ricordato sono i gesti di Dio, i gesti di Gesù, i gesti dell’amare del Padre verso di noi, verso ogni uomo e ogni donna. Sono i gesti che ancora oggi Gesù vive verso di noi e che accogliamo anche in questa celebrazione. Sono i gesti che ci raccontano e ci fanno sentire che siamo amati, che tu sei amato, sei davvero amato. E con questi gesti Gesù te lo annuncia e te lo dona.
Ma il gesto racchiude anche un insegnamento. Lo scopriamo nella pagina evangelica. “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Ecco l’insegnamento, l’invito, il mandato per noi: Facciate voi come io ho fatto a voi.
Si tratta di compiere i gesti di vangelo.
Ce li suggerisce la Parola di Dio.
Sono i gesti di vangelo, ci indica la prima lettura, che parlano di libertà: sono i gesti che esprimiamo nel segno della carità di chi si fa carico del malato; di chi vive forme diverse di prigionia, quella fisica, ma anche quella del cuore e del peccato; sono i gesti di liberazione di chi non vede un futuro davanti a sé e cade nella disperazione; sono i gesti di liberazione di chi si sente imprigionato in relazioni malate, faticose, ferite.
La pagina di Paolo ci invita a porre i gesti di vangelo che regalano la vita, come quel pane consacrato alla tavola eucaristica, un pane spezzato e donato. Sono gesti di vangelo che rimettono in piedi chi ha sbagliato nella vita; quelli che sanno curare le ferite e che regalano di nuovo il gusto di vivere; sono i gesti che offrono la condivisione dei doni della propria vita; sono i gesti di vita di chi promuove e custodisce la fraternità.
E il vangelo ci invia a compiere gesti di vangelo, ce lo dice proprio: fate anche voi così.
Sono gesti di vangelo quelli che ci fanno vivere il servizio, l’umiltà, l’accoglienza di chi è diverso da noi; sono gesti di vangelo che ci fanno guardare negli occhi della gente a partire dai loro piedi, cioè dalla loro storia e dalle loro fatiche; sono i gesti di vangelo che baciano quei piedi raccontando l’amore. Sono i gesti di vangelo che narrano gesti di amore condiviso.
Si tratta di imparare a compiere gesti di vangelo.
Per questo siamo invitati a stare alla mensa di quell’ultima cena.
È quel pane spezzato, preso e mangiato, l’Eucaristia che ci insegna e ci dà la forza di compiere poi gesti di vangelo, gesti di amore.
Ed è la sorpresa di vederci lavati i piedi a quella mensa, lavati proprio a noi, scoprendo che anche noi siamo amati sul serio e ci darà questo coraggio e forza per servire a nostra volta.
È un invito ed è quanto celebriamo oggi a questa tavola che è l’altare e nel segno della lavanda dei piedi tra poco: con Gesù, amati da lui e inviati a compiere gesti di vangelo nel nostro mondo.