Dal numero 32 del fascicolo di Arezzo di Toscana Oggi, proponiamo l’intervista a mons. Vittorio Gepponi sulla sua pubblicazione dedicata al sinodo diocesano.
“Profili giuridici e pastorali del sinodo diocesano” è il titolo dello studio, realizzato da monsignor Vittorio Gepponi, presentato sabato 23 settembre, presso il palazzo di Fraternita ad Arezzo.
Una pubblicazione che è il frutto di una rielaborazione della sua dissertazione dottorale che tratta della tematica.
Don Vittorio, che cos’è, a livello giuridico, un sinodo diocesano e quale importanza riveste per la vita della Chiesa?
Nel corso della storia c’è stata una evoluzione di tale istituto. Ad esempio si è usato per indicare un concilio, a volte per indicare riunioni di presbiteri oppure assemblee di fedeli in ambito parrocchiale. Ma quello che a me preme sottolineare è che oggi nel parlare di sinodo deve essere definitivamente superata la contrapposizione tra diritto e pastorale. Anzi si può dire che è nella contemporaneità delle due dimensioni che si realizza pienamente l’efficacia sinodale. Infatti la natura, il senso e le finalità del giuridico-ecclesiale affondano le loro radici nel mistero stesso della Chiesa che è inscindibilmente comunità di fede – speranza – carità e organismo visibile, una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino.
Quali sono stati gli aspetti principali del sinodo diocesano di Sansepolcro del 1641?
L’antico sinodo biturgense ha osservato per la sua celebrazione lo schema tradizionale che al tempo era definito con estrema precisione. Certamente il Concilio di Trento è stato per mons. Bussotti il punto di riferimento, ma attraverso un’analisi attenta della realtà della sua diocesi egli non ha riversato acriticamente le norme conciliari sul clero e sui fedeli, piuttosto si incontrano rilevanti e per certi versi attuali mediazioni pastorali. Un esempio su tutti è dato dal tentativo che viene fatto di formare quello che oggi verrebbe definito come «presbiterio». Un progetto questo, fatto in un momento storico particolarmente segnato dall’individualismo del clero; un fenomeno che, a ben vedere, purtroppo ancora ci riguarda.
Il primo Sinodo aretino è stato indetto dal vescovo Cioli. Quale rilevanza ha avuto per la vita della nostra Chiesa locale?
Il sinodo indetto da mons. Cioli, come ho cercato di dimostrare, appare carente di riferimenti metodologici e giuridici al punto che è possibile ipotizzare, attese le risultanze, che la mancanza di tali supporti possono averne pregiudicato l’esito. Questo, però, non significa che tale esperienza non abbia portato con sé intuizioni positive. Non si può certo dimenticare che attraverso di esso vennero offerte le novità conciliari a tutto il Popolo di Dio: una grande apertura dove clero e laici potessero lavorare insieme. Senza dubbio il lavoro svolto nei cinque anni di cammino sinodale può essere considerato come un positivo momento formativo e riconducibile ad un’ottima fase preparatoria alla celebrazione di un Sinodo propriamente inteso.
Tra qualche mese avrà inizio il sinodo indetto dall’arcivescovo Fontana: quale importanza può rivestire un Sinodo ai nostri giorni?
Sono sempre le circostanze storiche, concrete, attuali che spingono la Chiesa a radunarsi in sinodo. Si tratta di veri e propri segni dei tempi da leggere da parte della comunità e che il Vescovo con il suo carisma dovrà giudicare. È un atto di governo episcopale ed evento di comunione. Il valore del Sinodo consiste infatti nel coinvolgimento di un’intera Chiesa locale, nel suo ritrovarsi insieme a scambiarsi le esperienze di fede vissute per una verifica qualificata delle stesse. Le finalità del sinodo diocesano sono molteplici: rinsaldare l’unità della Chiesa particolare, favorire una rinnovata presa di coscienza con conseguente impegno ministeriale, far crescere tutti nella fedeltà al Signore e nella testimonianza di una vita santa animata dalla carità evangelica, ritrovare l’identità propria della comunità locale nella grande e ben concreta esperienza della cattolicità.