Alla sua munificenza si deve la costruzione della Cattedrale di Arezzo, sul colle all’interno delle mura urbiche, ancor oggi maggiore edificio sacro della città e del territorio.
Ben più ricca è la sua eredità spirituale, i cinque tesori, di cui tuttora si rallegra la comunità ecclesiale. Come le pietre del Duomo esprimono i segni dell’identità aretina, così i capisaldi del Pontificato di Gregorio X sono percepiti nella terra di San Donato come una missione da compiere, quasi un mandato ricevuto dal grande benefattore, che sotto le arcate gotiche dell’aula ecclesiale attende con noi “beatam spem et adventum gloriae magni Dei et Salvatoris nostri Jesu Christi”.
1. L’interesse di Teobaldo Visconti per la Terra Santa appartiene perfino alle sue vicende personali. Eletto Papa il 1 settembre 1271 dopo 1003 giorni di Conclave dai Cardinali adunati in Viterbo, fu raggiunto dalla notizia dell’avvenuta designazione in San Giovanni d’Acri, mentre con i soli Ordini Minori, si direbbe oggi, era in missione diplomatica per conto della Sede Apostolica. Potè essere coronato in Vaticano solo sette mesi dopo. I suoi biografi annotano che egli, rimasto sconvolto dalla designazione al pontificato, abbia subito raggiunto il Santo Sepolcro e abbia poi accettato d’esser Papa, rendendosi conto che solo sulla sua candidatura gli elettori avevano raggiunto il consenso, dopo quasi tre anni di vacanza della Sede. Sulla pietra del sepolcro di Cristo avrebbe giurato prima di andare a Roma: “Adhereat lingua me a gutturi meo si non recor datus fuero tui, si non praeposuero Hierusalem in principio laetitiae meae”.
L’interesse che anche da Romano Pontefice ebbe per Gerusalemme è assai motivato. Egli non gli mirava tanto a far ritornare in mani cristiane il Sepolcro di Cristo, quanto piuttosto a coinvolgere i Principi cristiani in un obiettivo comune, il cui effetto principale sarebbe stato la cessazione delle lotte intestine in Europa e la ricostruzione di forti alleanze foriere di pace.
2. Nella preparazione del Secondo Concilio di Lione, il Papa riuscì a coinvolgere, assieme ai vescovi, autorevoli pensatori tra cui Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d’Aquino, a lui legati per antica, personale amicizia. Tra i grandi obiettivi di riforma dell’assise conciliare vi fu il tentativo di ricomporre lo Scisma d’Oriente, con l’intento di riportare pace nell’oecumene, superando l’allora recenti contrasti tra Bisanzio e Roma. Il Concilio fu tra i più significativi eventi del pontificato gregoriano, ma anche la riprova che, attraverso il dialogo sorretto dalle relazioni personali, con la Grazia di Dio, nella Chiesa si può sempre trovare un’intesa. La prematura morte di Papa Gregorio non consentì di dare i seguiti sperati alle ottime premesse che erano state poste a Lione. Tante volte la teologia cattolica ha avuto facilità di citare i decreti del Lugdunense II, che ancora hanno il fascino di echeggiare la dimensione teandrica che ci appartiene.
3. Khubilai Khan, mitico fondatore della dinastia Yuan che dopo secoli aveva ricondotto ad unità la Cina, signore dei Tartari e dei Mongoli, trovò nel Papa Gregorio la più alta autorità dell’Europa a cui inviare Ambasciatori dal Celeste Impero. Le relazioni con la Cina furono tanto care a Teobaldo Visconti che promosse in ogni modo la missione di Matteo Polo e del suo ben più noto nipote Marco. Papa Gregorio ancora ci insegna che il genere umano non deve mai essere temuto per la sua diversità, ma conosciuto attraverso le vie dell’amicizia e del dialogo. Il metodo gregoriano torna di attualità in ogni tempo felice della Chiesa e viene trascurato quando le paure prevalgono e ci si arrocca sul passato.
4. Ben più ardua missione fu il tentativo di Papa Gregorio di comporre in terra toscana i contrasti tra Guelfi e Ghibellini. Per quanto il Pontefice, diplomatico di antica esperienza, avesse tentato di ricondurre ad unità gli interessi in conflitto all’interno della nascente christianitas, gli fu assai difficile conseguire risultati consistenti. È in realtà la profezia della Chiesa che, all’impatto con la politica, in ogni epoca e cultura è chiamata a mostrare le mète, a proporre ideali di convivenza pacifica e a subire la croce dell’apparente sconfitta. La visione del mondo sub specie aeternitatis ha una logica diversa da quella pagana e mondana. La profezia della Chiesa, quando è vissuta nella ricerca del vero, nel servizio del giusto, ha un ruolo pedagogico ben più rilevante dell’effetto storico e politico. Non tocca alla Chiesa guidare le sorti della Gerusalemme terrestre. A noi compete di formare le coscienze alla sana laicità, perché la città dell’uomo assomigli sempre più alla città di Dio, che è per sua natura trascendente e totaliter aliter rispetto alla logica del potere temporale.
5. Papa Gregorio X ebbe particolare amore per i poveri. Primo sulla Sede Romana, rinverdì gli anatemi biblici contro l’usura, una delle piaghe del suo tempo, purtroppo praticata anche dai cristiani. La lotta contro l’ingiustizia e la riforma dei costumi del clero e del laicato furono la chiave di lettura costante del suo peculiare modo d’essere. Il metodo prescelto per avviare a comportamenti alternativi al paganesimo, dominante in molti ambiti perfino della Chiesa del suo tempo, fu la logica della sequela e della imitatio Christi. Tra i primi gesti del suo pontificato romano attribuì il galero cardinalizio a Fra Bonaventura da Bagnoregio, austero discepolo di Francesco d’Assisi e con lui imitatore di Cristo. Nella concretezza dei gesti riuscì a proporre ai cristiani quali esempi dovessero fare da punto di riferimento per il popolo di Dio: la santità della vita e l’umiltà dei discepoli del Signore, anziché la simonia, la lotta per le investiture e la ricerca del piacere come obiettivo della vita. Papa Gregorio portò per anni nel suo stesso corpo gli esiti della violenza subita per aver richiamato al Vangelo l’indegno Vescovo di Liegi. Promosse una riforma dei costumi del clero fondata sul buon esempio di santi ministri del Signore.