che convenite nella chiesa madre da tutte le comunità cristiane della diocesi:
il Signore che celebriamo nella sua passione ci conceda il dono dell’umiltà!
Venite saliamo insieme sul monte degli ulivi, incontro a Cristo che oggi ritorna da Betania, dove ha resuscitato il suo amico Lazzaro, e si avvia alla Passione per liberare dalla morte anche noi.
È disceso dal Cielo, per farci salire con sé al di sopra di ogni principato e potestà: ma la via che ha prescelto è quella della mansuetudine e dell’umiltà, con cui confondere i superbi e il Tentatore. Ci viene incontro il Signore sul dorso di un’asina, pago dell’omaggio dei poveri del suo popolo.
Corriamo anche noi con lui che si affretta alla Passione e imitiamo coloro che gli andarono incontro, stendendo al suo passaggio non i rami odorosi e festanti d’olivo, ma le nostre persone in umiltà e adorazione.
Accogliamo così in noi stessi il Verbo eterno di Dio che nessuna città della terra può contenere.
Egli sale sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, entra nell’ombra delle nostre bassezze, si fa nostro amico per sollevarci in alto, verso quella dignità che il creatore ci aveva assegnato.
Stendiamo non i nostri mantelli, ma noi stessi, come trofeo della sua vittoria: noi che eravamo rossi di vergogna per i nostri peccati, siamo diventati per sua grazia come candida lana, in virtù della sua misericordia. Queste vittorie interiori sono trofei ben più apprezzabili che le palme della vittoria che appassiscono col tempo[1].
Avviamoci così a celebrare la Pasqua. Ancora quest’anno lo faremo in figura, seppure il sacramento è già più chiaro della Legge Antica, Nostro Signore ha già compiuto ciò che i profeti annunziarono e i Patriarchi sospirarono. Finché siamo nel tempo, in attesa di festeggiare il suo ritorno quando saranno manifestate le realtà che ora vediamo adombrate e di riflesso, ci è dato di rinnovare i gesti della Legge, per aver parte alla salvezza.
In modo nuovo ripetiamo i precetti antichi: nostra Pasqua non sono più i cibi del deserto, ma il Verbo di Dio che ci salva. Diveniamo così partecipi della Legge, non più in modo puramente materiale, ma secondo il Vangelo. Camminiamo non verso la Gerusalemme calpestata dagli eserciti e contesa tra i popoli, ma verso quella acclamata dagli Angeli.
Sacrifichiamo a Dio non con tori o giovenchi, ma con la lode del nostro spirito libero, entrando nel Santo dei Santi ogni giorno con le nostre persone e le nostre attività al cospetto di Dio.
Con la fatica della vita di ogni giorno, i dolori, le sofferenze, imitiamo la Passione del Redentore, la sua croce: allora uniti con Lui potremo anche noi dire dolce legno, dolce peso, dolci chiodi che ci tengono legati al prezzo del nostro riscatto e ci uniscono al Signore della gloria.
Se sei Simone di Cirene, aiuta Cristo: porta anche te un po’ la croce!
Se sei il ladrone pentito, diventa giusto per amore di Colui che pur di starti vicino ha accettato d’essere annoverato tra i malfattori!
Se sei Giuseppe d’Arimatea richiedi il corpo del Crocifisso e tieni come cosa preziosa l’espiazione dei peccati del mondo!
Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, trova il coraggio non di ungerne il suo corpo morto, ma di onorare con il tuo omaggio il tuo culto di adorazione il Signore della vita!
Se sei una delle Marie, spargi le tue lacrime per l’innocente che ancora è dileggiato nelle nostre contrade, corri veloce al Sepolcro di Cristo per trovare in Lui aiuto, sii testimone della pietra rovesciata, fatti capace d’udire la voce degli Angeli e riconosci il tuo Signore quando ti passerà accanto nel volto dei più poveri del suo popolo[2]!