“Due persone sono state uccise da pallottole vaganti: il segretario della comunità cristiana del quartiere e il figlio maggiore di una educatrice del Centro don Bosco. Non abbiamo ancora le cifre ufficiali dei morti, sappiamo che sono molti. Un medico ci ha detto che nei tre ospedali del nostro settore ci sono un centinaio di feriti gravi, tra cui molti bambini, colpiti da pallottole o da schegge durante la battaglia di lunedì scorso”. Parole drammatiche, che arrivano direttamente dall’Africa. Per l’esattezza siamo nel centro don Bosco di Ngangi, alla periferia di Goma, regione del Nord Kivu collocata nella zona orientale della Repubblica democratica del Congo, ai confini col Ruanda. A far pervenire il messaggio è Piero Gavioli, sacerdote salesiano del Centro don Bosco di Ngangi. Una realtà che, nei giorni scorsi, ha aperto le porte ad oltre 7mila profughi (di cui quasi 5mila sono bambini). Persone in fuga dal conflitto riaccesosi tra l’esercito regolare congolese (FARDC) e diversi gruppi ribelli, tra i quali il principale è l’M23. All’interno del Centro era presente anche un cooperante aretino. Si tratta di Enrico Roggi, 27 anni.
Laureato in relazioni internazionali, Enrico dopo un anno di Servizio civile internazionale con Caritas, in Sierra Leone, ha deciso di tornare in Africa. Da qualche mese si trovava a Ngagi, dove ha collaborato durante la primissima fase dell’emergenza, assieme ad altri sette italiani del Vis (Volontariato internazionale sviluppo), un’organizzazione non governativa che si occupa di fornire supporto tecnico alle opere missionarie salesiane nel mondo. Poi, la città di Goma è stata occupata dai ribelli. Enrico è stato prima trasferito oltre il confine ruandese e infine nella capitale Kigali. “Ci trovavamo a Ngangi – racconta Enrico – per dare una mano all’amministrazione del Centro”. La realtà gestita dai salesiani offre normalmente servizi scolastici ed educativi a circa 3500 studenti dalla materna alle superiori, oltre a servizi di accoglienza e sanitari per neonati orfani o abbandonati e ragazze madri e oggetto di violenze.
“Il Nord Kivu – spiega ancora Enrico – è una regione particolarmente martoriata da guerre e guerriglie. Le cause principali sono miseria, tribalismo e spartizione delle risorse. Gruppi ribelli e forze armate non statali spuntano continuamente. Ad aprile, quando sono arrivato a Goma, alcuni soldati dell’esercito regolare congolese si sono ammutinati denunciando il mancato rispetto da parte del Governo degli accordi del 2009: è così nato il Movimento del 23 marzo (M23)”. L’M23 ha conquistato dapprima i territori a nord di Goma fino ad attestarsi a 25 chilometri dal capoluogo del Nord Kivu. Nei giorni scorsi, l’esercito congolese ha rotto la tregua e attaccato l’M23 che è riuscito a respingere gli attacchi ed avanzare fino ad entrare in Goma. A questo punto il giovane aretino è stato costretto al trasferimento.
“Il capo missione del Vis in Congo mi ha fatto lasciare il Centro, che si trova alla periferia nord di Goma, molto vicino al vecchio fronte con i ribelli, per raggiungere gli altri volontari a Maison Margherita, dove accogliamo ragazze madri e oggetto di violenza sessuale; la Maison si trova vicino alla frontiera ruandese. Successivamente, mentre l’M23 si preparava a battere le ultime resistenze governative fuori città, dopo aver assicurato l’evacuazione delle ragazze, noi volontari siamo partiti per il Ruanda e abbiamo raggiunto Giseni”. Ma la fuga di Enrico e degli altri volontari italiani non era ancora terminata.
Le bombe, infatti, hanno oltrepassato anche i confini ruandesi. I cooperanti, a questo punto, hanno raggiunto Kigali. Lì si trovano ospiti di un altro Centro salesiano, in attesa di nuovi sviluppi.
“Qua siamo al sicuro e seguiamo la situazione attraverso continue telefonate ai nostri colleghi e amici rimasti a Ngangi e a Goma. Rientreremo a Goma non appena la sede di Roma, di concerto con il nostro capo missione in Congo, ci darà il via libera”. In quello stato martoriato, ancora in tanti attendono un aiuto.
Lorenzo Canali
L’articolo è tratto dall’ultimo numero del fascicolo diocesano di Toscana Oggi.