“Gesù… uomo e Dio. L’incarnazione di Dio”. È questo il tema al centro della seconda tappa del percorso che si svolge a San Michele pensato come punto di partenza per la formazione degli animatori di pastorale giovanile di tutta la diocesi. La serata avrà inizio alle 20 con i lavori di gruppo. Dopo la cena al sacco, l’intervento dell’arcivescovo Fontana, a cui seguiranno le domande dei ragazzi. Ogni incontro sarà trasmesso in differita da Tsd, canale 85 del digitale terrestre e sarà possibile rivederlo anche su internet, nel sito www.tsdtv.it. Una proposta già sperimentata con successo lo scorso anno, con il percorso Love+Life+Time e in occasione della visita del Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal. “Per questo percorso – spiegano dall’équipe di Pastorale Giovanile – abbiamo preparato un sussidio cartaceo creato da un gruppo di giovani che, messo in mano agli educatori nelle parrocchie, possa essere un valido aiuto alla preparazione di momenti formativi”.
Nel primo appuntamento l’arcivescovo Riccardo Fontana ha sviluppato il suo intervento partendo dal capolavoro di Neri di Bicci, la quattrocentesca Madonna col Bambino e i Santi custodita a San Michele. Tema della serata: “L’uomo capace di Dio. La Rivelazione”.
“Neri di Bicci con quest’opera fece esattamente quello che cerchiamo di fare noi stasera”, ha detto il Presule ai giovani ed educatori arrivati da tutta la diocesi. Accanto alla Madonna, “Michele, che con la corazza sgomina il male. È l’immagine di come Dio vuole ciascuno di noi. Il credente è, infatti, un uomo forte, un combattente”; dall’altra parte “c’è Giovanni Battista, che richiama il tema dell’essenzialità e che interroga su come diventare credibili, come far passare il Vangelo ai nostri coetanei”. Al centro di tutto la Madonna: “È l’immagine della Chiesa che mostra Gesù. Allo stesso modo, noi siamo in funzione dell’Annunzio”. Nell’opera – ha spiegato poi Fontana – è rappresentato anche San Benedetto: “È l’uomo della Regola. Nella vita, se non si segue una regola, si va “a caso”. Libertà non è “far quel che ti pare”. Libertà è saper decidere quello che effettivamente si vuole». Dalla parte opposta, Neri di Bicci raffigura Romualdo: “È la Profezia. È l’esempio di come si possano infrangere tutti gli schemi, mettendo Dio al primo posto”.
“La nostra cultura occidentale ci ha convinti che l’unica verità sia quella matematica. In realtà, c’è una conoscenza del Vero che passa da categorie diverse da quelle scientifiche, senza contraddirle. Pensate che esiste un Dogma della Chiesa cattolica che dice che qualsiasi cosa che fosse contraria alla ragione, non può essere oggetto di fede; se è irrazionale, non è verità di fede. Quello in cui crediamo deve essere ragionevole. Ma come si fa ad essere credibili? Perché anche se la Chiesa dice la cosa più Vera, molta gente non le crede? Dobbiamo interrogarci su questo”.
Spunti e riflessioni che risuonano in San Michele, accanto alle parole di Agostino d’Ippona, “che credeva di poter usare la propria razionalità per capire se Dio esistesse o meno”. Ma era come svuotare «il mare con un cucchiaino”. “Agostino – ha spiegato l’Arcivescovo – per tanti anni ha fatto di testa sua», fino a quando, come spiega nelle Confessioni, comprese che poteva trovare la fede dentro di sé: «Tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me e non ero con te”. “Agostino, incontrando Dio, trova la sua pace; la realizzazione di sé. Incontrando Dio, trova la “Via del Bello”. Un’esperienza di bellezza assoluta che compara alle tante fanciulle che aveva amato, credendo che fosse essenziale conquistare un’altra persona. Invece, si accorse di essere stato, lui stesso, conquistato da Dio”.
“Ma quand’è che accade questo passaggio?”, ha chiesto ancora l’Arcivescovo. “Quand’è che diventiamo credenti? Maturi nella fede?”. “La risposta la dobbiamo trovare dentro di noi, mettendoci in gioco. Se continuiamo ad aver paura, non riusciamo a crescere. Occorre donarsi. Questa è la via che è stata chiesta agli apostoli. Questa è la strada che, ancora prima, ha percorso Gesù. Ma non possiamo farlo da soli, perché non si può essere credenti in solitaria. Dio non ci salva da soli, ha voluto un popolo, una Chiesa di cui tutti noi facciamo parte”. Ma, a questo punto, arrivano taglienti le parole di Susanna Tamaro, scritte su articolo pubblicato dal Corriere della Sera nel 2010: “La Chiesa continua a essere autoreferenziale, a respingere chi è in ricerca e a diffidare profondamente di chi ha fatto un percorso spirituale diverso”. “Perché non siamo più in grado di passare il Vangelo?”, chiede Fontana. “L’antica risposta cristiana è quella dell’essere: per risanare il mondo occorre prima di tutto risanare se stessi. Siamo prima di tutto noi chiamati a dare l’esempio, è prima di tutto la Chiesa chiamata ad essere ‘una, santa, cattolica e apostolica’”, come recita il nostro Credo.
È lo stesso sant’Ignazio di Antiochia, nella Lettera ai cristiani di Smirne, a spiegare cosa significa una Chiesa unita: “Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l’eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato”. “Tutti noi facciamo parte della Chiesa e spetta ad ognuno di noi fare la propria parte perché sia santa”, ha sottolineato il Presule.
“Ma per raggiungere la santità, per raggiungere il Paradiso, occorre fare uno scalino alla volta. È fondamentale imparare a crescere, avere la misura di se stessi. Ritrovare la via dell’umiltà, come san Francesco ci ha insegnato. Superando l’autoreferenzialità, la fede diventa accessibile. È Dio che ti cerca”.