L’omelia del vescovo Riccardo per la solennità di tutti i Santi

Cari amici,

voi che siete nella Chiesa madre stasera a pregare insieme con me, ma anche a quanti –  grazie a Telesandomenico – sono insieme stasera, legati alla liturgia per pregare il Signore in questo giorno santo, in cui ci è affidata la meditazione sulla salvezza.

La liturgia della festa di Ognissanti comincia, rallegratevi tutti nel Signore, in questa solennità di tutti i santi, con noi gioiscono gli angeli e lodano il Figlio di Dio.

Chi sono tutti i santi? Credo che sia importante condividere insieme questo tema.

Abbiamo ascoltato dal libro dell’Apocalisse un numero molto singolare: 144.000, sono i salvati. 144.00 vuol dire dodici volte 12.000 e ci sono dunque tre numeri che vale la pena di considerare per capire esattamente il messaggio della scrittura di questa sera.

Dodici vuol dire tutti, quando si dice le Dodici tribù d’Israele, si intende tutto il popolo.

Qual è il numero dei salvati? Mille vuol dire quasi senza numero, dodici volte mille tutti quanti: vi è, dunque, una moltitudine immensa per i quali è pronta la salvezza.

Dall’ascesa al cielo del Risorto al suo glorioso ritorno, ovvero quando tutti si accorgeranno che è proprio lui, gloria vuol dire questo, riconoscere che è lui, il tempo di mezzo è il tempo della Chiesa.

Papa Francesco ci chiama tutti ad essere missionari, ad aiutare tutti, in questo tempo in cui abbiamo appreso da Apocalisse, 7, che è il tempo della Misericordia. Gli angeli che vorrebbero mietere il grano e buttare via la zizzania, cioè prendere i buoni e lasciare nel fuoco i cattivi, Dio gli dice no, fermi. Il tempo di mezzo è tempo di misericordia e di attesa, Dio onnipotente esercita la sua misericordia con la pazienza, il Dio che creò tutto con potenza, salva tutti con pazienza, c’è spazio per tutti e c’è un cammino di conversione di cui molti di noi siamo testimoni.

Chi sono tutti i santi? Ce lo siamo detto, avviando questa riflessione.

Vorrei che accanto ai santi del paradiso chiamati con il nome e canonizzati dalla Chiesa, noi siamo la Chiesa di san Donato, ma accanto a Donato ci sono tutte quelle persone buone e giuste che sono cresciute nelle nostre famiglie, quelle persone di cui ricordi il volto e forse anche il suono della voce, quelle persone indimenticabili che sono passate in mezzo a noi facendo del bene.

Chi sono i santi? Amici noi sappiamo bene che non c’è alcun male che non sia curabile, ma purtroppo ci sono ancora molti mali non guaribili. Il nostro pensiero vuole andare a tutte quelle persone che abbiamo conosciuto e incontrato, chi è che nel giro delle proprie conoscenze e forse anche nelle famiglie non ha un malato di cancro? Vorrei che avessimo davanti gli occhi il cammino che queste persone fanno: un cammino di sofferenza ma anche di consapevolezza, un cammino di tribolazione ma anche di speranza, penso ai miei preti che ho accompagnato alle soglie del paradiso in questo anno.

Quanti miei preti hanno accompagnato in mezzo alle varie realtà degli 836 villaggi della nostra grande Diocesi, accanto ai santi con un nome squillante, tutti i nostri santi che non hanno un nome particolarmente ricordato ma si può pensare che non intercedano per le persone amate? Per i figli e i nipoti? Per tutto quel giro di persone che furono la loro storia?

144.000, sì c’è posto per tutti.

Purché abbiamo il coraggio di guardare avanti con fede, il tempo che stiamo vivendo è un tempo nel quale non ci rendiamo conta che domina su tutto l’egoismo, ognuno pensa per sé. Vogliamo pensare alle generazioni future, a chi verrà dopo di noi, in questa cultura dello spreco senza fine ci è chiesto di fissare gli occhi sulla Gerusalemme del cielo.

Basta, amici miei, una fede della paura, una fede della disperazione, Alla fine del gioco, la vita è un grande gioco, Dio ha preparato una festa come neanche ti riesci a immaginare, una festa bella, dove ci riconosceremo tutti.

Tommaso d’Aquino, il grande teologo del Medioevo, dice che ci riconosceremo. Nella terra sparisce persino la sembianza della persona, ma in cielo si recupera, si fa nostra l’identità che non si è perduta, che è nelle mani di Dio.

Nel tempo di mezzo Dio ci ha affidato un compito: quello di dare il buon esempio. Ogni volta che ti lamenti del tempo presente è una bestemmia, fidati di Dio, aiutiamo ad andare avanti, ritroviamo il gusto della concordia. San Paolo VI volle che il nome della carità della Chiesa fosse Cor Unum, essere un cuore solo, avere una sensibilità per tutti gli altri, non una sensibilità generica, non una sensibilità che sia evasione dal reale. Se vuoi essere un cor unum comincia a recuperare i rapporti dentro le tue conoscenze, nel giro delle persone che hai intorno stasera, chiedendo a Dio di farci trovare i nostri cari in paradiso, nella Gerusalemme del cielo, che è il nome che la Bibbia dà al Paradiso, e dovremmo pure chiedere perdono di quanto è sbagliato.

C’è gente che per un frustulum, una crosta di terra litiga tra fratelli per una vita, cognate che non si parlano e questi sono i mali vecchi, ma quelli nuovi non sono da meno.

Infrangere la santità del matrimonio, far saltare la famiglia, ma cosa si lascia ai ai figli che ti guardano con i loro occhi incantati!

San Bernardo, l’ultimo dei Padri della Chiesa latina, ci suggerisce due sentimenti che mi paiono molto utili, il primo è di godere della dolce compagnia che ci aspetta; Sant’Agostino con un’immagine brillantissima, immagina la Chiesa fatta come una corbeille di fiori bellissimi tutti diversi uno dall’altro e tutti profumati. Noi quanto sappiamo gioire della Chiesa che non per nostro merito ma per opera dello Spirito Santo, il sigillo di cui parla l’Apocalisse è lo Spirito Santo. Il secondo sentimento è quello di meditare di essere concittadini del cielo. C’è una responsabilità, tornare a essere responsabili, renderci conto al termine di ogni giornata quanto abbiamo fatto di sbagliato e quanto ci aspetta ancora. Certo la vita cristiana è come una grande sfida, ci sono mali di vario genere che ci attaccano nell’ordine dello spirito.

Mi piace ricordare i tre animali con cui Dante Alighieri, siamo arrivati al millenario della sua presenza in mezzo a noi, dobbiamo misurarci con la Lonza, il Leone e la Lupa, con la superbia, con la sensualità che travolge tutto e con l’irriconoscenza che ci rende divisi, egoisti, l’egoismo, sono i mali del cuore, i mali sociali, i mali che fanno male alle persone.

Stasera nel fare memoria nei santi di ogni famiglia che abbiamo in cielo e anche dei santi del paradiso conosciuti con un nome canonizzato dalla Chiesa, i nostri santi protettori; noi, stasera, vogliamo tornare a casa sereni e gioiosi fidandoci di Dio. Qualunque cosa, qualunque prova si supera con l’aiuto del Signore.