Omelia dell’Arcivescovo per la Madonna del Conforto

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Figli e figlie della nostra Chiesa aretina: 
il Signore vi dia pace! A quanti soprattutto 
ripetendo i gesto antico dei padri, 
siete saliti in Duomo per venerare la Madonna del Conforto.
Ancora una volta Arezzo si fa pellegrina. 
Perché contemplare, nella preghiera semplice, l’immagine che il nostro popolo saluta da tempo con Bianca Regina Fulgida
Il più gran prodigio che la Madonna fece nel lontano 1796 seguita a ripeterlo, con puntualità strabiliante, a ogni giro del calendario: far tornare gli aretini in Chiesa. E anche oggi siamo testimoni di questa folla, che sale nella Chiesa Madre. 
1. Ancora una volta pellegrini alla Madonna del Conforto
Il motivo di questa antica devozione è semplice: la Madonna è il progetto di Dio, perfettamente realizzato. Porsi di fronte all’immagine della Madre di Cristo attiva il pensiero e muove le coscienze a una riflessione preziosa per ogni persona, ma anche per la nostra Chiesa diocesana. La nostra vita quanto assomiglia al buon esempio che ci ha dato la Madonna? 

Nella logica dell’incarnazione non bastano gli intenti dell’anima, occorre misurarci con la conoscenza del reale. Come sei te? Come sono io? E, insieme, a questa città, a questa Diocesi così popolosa, che esempio diamo? È quello di Maria, o c’è ancora qualcosa da aggiustare? Noi cristiani del Terzo Millennio, nella creatività di ogni persona, vogliamo fare come la Madonna. È questo il sentimento profondo che abbiamo nel cuore tutti quanti questa sera. Vogliamo imparare. Siamo venuti alla scuola di Maria. 
Insegna la Chiesa che “in virtù dei meriti futuri del Figlio” la Madonna fu piena di Grazia. Come ognuno di noi ripete pregando: “Ave o Maria, piena di Grazia”. Lo sanno anche i bambini! Ma quella stessa Grazia che è il dono dello Spirito Santo che è dato anche a te che mi ascolti. C’è anche a me che ti parlo. È lo Spirito di Dio che ci è partecipato e che ci muove anche stasera a conversione, a riconciliarci con Dio. Questa comunione che vede raccolta la Chiesa diocesana è un segno alto e forte. Il significato del nostro farci pellegrini, metterci in moto di nuovo. Siamo chiamati a far corrispondere, alla santità oggettiva del battesimo, quella personale e soggettiva di risposta alla Grazia. È la Madonna che te lo chiede! È la Madonna che ci invita a rinnovare la nostra vita. 
2. Dalla maternità di Maria a una Chiesa Madre
Abbiamo appena ascoltato il 19esimo capitolo dell’Evangelo di Giovanni. Gesù in croce vedendo la madre in piedi accanto alla croce e “accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: ‘Donna ecco tuo figlio’, poi disse al discepolo: ‘Ecco tua madre’. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé”.
È la disposizione finale di Cristo: Maria sia la madre dei discepoli del Signore; e i discepoli – cioè noi – riconoscano nella Madre di Cristo la nostra madre comune. Maria divenne la Madre di Dio con il suo fiat, accogliendo l’annuncio dell’Angelo, ma diviene madre dei cristiani, presso la croce. Con un verbo profondissimo: “Stantem” prope crucem. Stando in piedi, in un silenzio eloquente e fortissimo, con la dignità di tutte le donne del mondo, accanto al figlio barbaramente posto ignudo sopra il più ignominioso dei supplizi. La Madre di Cristo non indietreggia di fronte allo scandalo della croce: il figlio innocente giustiziato. 
Il tema della maternità e della paternità è estremamente attuale. Come si diventa padri e madri? Basta il rapporto biologico? È padre e madre chi riesce a stare accanto ai figli con dignità e fortezza in quel processo, che è di relazione nella fase educativa. Ma quando si smette di essere padri e madri? C’è un momento in cui si smette di essere figli e figlie? Tutti, per grazia di Dio, nel nostro tempo e nella nostra cultura capiscono che accanto ai bambini c’è bisogno dell’esercizio della genitorialità e chi osasse venire meno a questo rapporto è giustamente criticato. 
Ma basta stare accanto a un figlio quando è bambino? Non ti pare che forse sia giusto stare accanto ai figli quando sono nei momenti difficili della loro vita? Voglio pensare ai 20enni e ai 30enni, quando hanno bisogno non del giudizio, non di essere approvati e cullati o criticati e reietti. Hanno bisogno – oh donna che stai in chiesa – in piedi e silenziosa come santa Maria, accanto al figlio, alla figlia che tu hai generato. C’è bisogno di poter contare sui genitori. 
Il medesimo tema vale per la Chiesa: non serve che giudichi o che dia sentenze. C’è bisogno di stare accanto a chi è nel bisogno: nella tribolazione, nell’incertezza, non solo materiale – noi non siamo materialisti – ; c’è la fragilità di una generazione intera che ti chiede di starle accanto con i fatti, con comportamenti che siano alternativi ed evangelici. Questa Chiesa contemplando la Madonna del Conforto vuole ripromettere di stare accanto a chi ha bisogno, di avere la dignità di stare accanto alla gente.
C’è un altro momento che credo stasera dobbiamo ricordare. Sei proprio sicuro che i genitori una volta diventati vecchi siano da rottamare in una casa di riposo? Sei proprio sicuro che non sia giusto seguitare ad avere con loro, anche se sono malati, un rapporto d’amore continuo e vero? 
Questo rapporto tra madre e figli, tra la Chiesa madre e i figli, bisogna che duri. Se vai intorno alla Madonna del Conforto, il conforto sta nel ritrovare la semplicità e l’umiltà delle cose. Anche quando tuo figlio ha sbagliato, è giusto che i genitori gli stiano accanto; anche quando non condividi le scelte che ha fatto. E così quando vecchi i genitori non sono più buoni a fare o a produrre, è giusto che seguitino a essere indicati ai più piccoli come i testimoni: le persone da cui è venuta tutta la tua storia, prima che tu la rielaborassi personalmente. 
3. Una Chiesa responsabile rinnovata dal Vangelo 
La Madonna del Conforto ci insegna stasera dignità e fortezza. Dobbiamo far andare persone animate dal Vangelo accanto ai problemi concreti della gente. Abbiamo raccolto dall’altra sponda dell’oceano l’idea  che la famiglia è fatta da un uomo e una donna, ciascuno con il proprio progetto di vita, che non necessariamente si integra e si completa. E i figli che fanno? Non sarà il caso di recuperare tutta una serie di rapporti che sono la nostra esistenza? Essere gli uni accanto agli altri in una vicendevole attenzione a capirsi, aiutarsi e amarsi è la famiglia che la Madonna ci insegna stasera.
Dobbiamo riuscire a ottenere il passo forte e bello di Maria. Per questa via ci vuole la novità di Cristo. Cosa chiedo stasera alla Madonna del Conforto? Gli chiedo una Chiesa aperta, dove ci siano dei ragazzi pronti a far proprio il Vangelo in scelte di vita non continuamente rimandate. Giovane che ti misuri con questa condizione, di continua insicurezza e precarietà, se cerchi il tuo posto nel Vangelo che abbiamo ascoltato, tu sei quel Giovanni di cui Gesù si fida. A lui affida la maternità della Chiesa: nell’accoglienza, nella disponibilità a giocarsi la vita, senza paure. In qualche modo anche tu sei ai piedi della croce, se hai la capacità di capire le tribolazioni in cui la gente aretina si dibatte in questo tempo: non solo nell’ordine della crisi materiale che ha attraversato il nostro popolo, ma soprattutto nella incertezza provocata da ideali contrapposti e dalla banalità diffusa come modo di comportarsi di moltitudini tanto internazionali quanto anonime.
Dove si vede un popolo di cristiani? Arezzo cristiana? Nella solidarietà concreta. Ragionando tra di noi, almeno stasera, la Madonna ci insegni a sognare una città che può cambiare, diventando migliore. Ho già ricordata varie volte la pagina di san Francesco ospitato da una famigliola al Pionta: come la sera vedendo le bellissime nostre mura, vi scorge sopra un diavolerio. I diavoli che si compiacevano di essere riusciti a far litigare tutti gli aretini, a metterli uno contro l’altro, non importa perché. Francesco, da santo qual’era, manda il frate che era con lui alla porta della via Fiorentina chiedendogli di comandare ai diavoli di andarsene. La grande meraviglia di frate Silvestro fu che gli aretini si accorsero che, andare d’accordo è più piacevole che litigare. Si vive meglio se ci si aiuta. Potrebbe succedere ancora?
Infine, chiedo alla Madonna del Conforto che ci aiuti a rimettere ordine dentro la nostra vita. A fare pace con Dio, ma anche con gli altri. A fare pace con Dio, ma anche con gli altri. Se sei arrivato fin quassù, in quella salita un po’faticosa, che da secoli il popolo affronta per arrivare in Duomo, cerca di non tornare a casa come ci sei partito. Questo sia il tempo della preghiera, ma anche il tempo di ricercare la pace. Se hai da farlo, confessati; la tua comunione inizi qui e finisca a casa: a mettere d’accordo una generazione con l’altra, a mettere d’accordo i membri della stessa famiglia. Sarà davvero un omaggio più prezioso dei fiori e degli incensi, se sapremo tornare a casa nostra con la voglia di sàpere, avendo cioè il sapore dolcissimo del Vangelo.