A Badia a Ruoti per essere maturi nella fede e testimoni di umanità

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Estate: tempo di raccolti, di frutti maturi, di spighe dorate che, dopo il «rischio» della semina e l’attesa paziente, si offrono alla raccolta, per divenire nutrimento, cioè vita, per molte persone. Siamo solo all’inizio dell’estate, ma per la nostra Chiesa diocesana è già tempo di raccolta: il suono impercettibile del seme caduto a terra, la fragranza del pane spezzato sulla mensa e la gioia di condividerlo sono esperienze che, anche quest’anno, hanno accompagnato la comunità cristiana nel suo cammino di annuncio del Vangelo, celebrazione del mistero, testimonianza della carità. Desideriamo ancora una volta raccontarci queste esperienze, non già per riposarci su un improbabile autocompiacimento, quanto piuttosto, per ringraziare insieme il Signore: è Lui che «visita la terra e la disseta, la ricolma delle sue ricchezze» (Sal 65).

Un lucido e sereno sguardo sul raccolto di quest’anno ci farà certamente scorgere anche qualche frutto non ancora maturo, qualche stelo ancora troppo esile… è il momento di pensare alla nuova semina, di immaginare nuovi germogli, che non scalzano via i precedenti che, anzi, diventano il tesoro di un’esperienza che matura, semina dopo semina.

Ecco, allora, che l’impegno dell’anno pastorale che si conclude nel «formare i formatori» prosegue e si arricchisce di mete e contenuti. Formare: a che cosa? Per quale motivo? Nel prossimo anno pastorale, celebreremo la felice ricorrenza del 50esimo anniversario del Concilio Vaticano II: il Papa ha indetto l’Anno della fede per «aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che l’umanità sta vivendo» («Porta Fidei», 8).

È proprio in questa direzione che la nostra Chiesa intende orientare le proposte pastorali elaborate a partire dalla due giorni di Badia a Ruoti del 22 e 23 giugno (Scarica il volantino fronte e retro), che avrà per tema «Maturi nella fede e testimoni di umanità».

Proprio il Santo Padre, in occasione della sua visita nella nostra Diocesi, ci ha così esortato: «Guardando al vostro ricco patrimonio spirituale, siate una Chiesa viva, al servizio del Vangelo! Una Chiesa ospitale e generosa, che con la sua testimonianza renda presente l’amore di Dio per ogni essere umano, specialmente per i sofferenti e i bisognosi».

Solo la testimonianza di una fede matura (non impeccabile!) genera percorsi di autentica umanità, costruisce «ponti», rende visibile l’amore di Cristo e della Chiesa per il mondo. Alla due giorni, e poi in ciascuna delle nostre comunità, desideriamo preparare il terreno, creare i presupposti per la maturazione della fede dei singoli e delle comunità, attraverso la preghiera, la riflessione, lo scambio, l’impegno a confrontare le nostre idee con quelle degli altri, senza resa e senza puntiglio, il superamento della passività e della rinuncia.

È la conversione pastorale inaugurata dal Concilio, è il sogno di Pietro sulla Chiesa di Donato, è la fiducia nel seme che, malgrado noi, renderà «ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno» (Mc 4,8).

Silvia Mancini