Messaggio pasquale dell’Arcivescovo Riccardo

Anche i discepoli del Signore furono sconvolti in quelle ore terribili, dall’Ultima Cena al giorno dopo il sabato, quando Maddalena, stupita, era talmente segnata dalla morte di Gesù, che stentò a riconoscerlo risorto, appena fuori delle mura di Gerusalemme. Lo avevano visto flagellato, pieno di sangue, con la corona di spine in capo, poi caricato della Croce, inchiodato e morto. Sembrava crollare perfino la fede. Solo i più coraggiosi, con amore, lo avevano deposto dal patibolo nel sepolcro nuovo. Quel sabato di Pasqua segnato dal silenzio, chiusi in casa dentro al Cenacolo anche gli amici più cari di Gesù erano sgomenti. San Luca pone sulle labbra di due giovani di Emmaus in cammino verso casa la desolazione: «Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele» (Lc 24, 21). Tra pochi giorni i cristiani si troveranno ancora a fare Pasqua. Rischieremo anche noi di non riconoscere Cristo Risorto, di non renderci conto, di fronte alla terribile prova di questo piccolissimo micro organismo che ha falcidiato una gran parte dell’umanità. Non fummo capaci di abbattere le frontiere che dividono i popoli. Gli interessi, di gruppo e personali, hanno contrapposto, gli uni contro gli altri, i miei contemporanei, che sanno vedere solo i flagelli, le sofferenze e la morte. Ci stiamo rendendo conto che siamo tutti nella stessa barca, la famiglia umana.