Eminenza Reverendissima, Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze,
Eccellenza Reverendissima, Caro Arcivescovo Riccardo, Vescovo di questa Diocesi di Arezzo-Sansepolcro,
Eccellenze Reverendissime,
Signor Presidente del Consiglio Regionale della Toscana,
Signor Sindaco,
Distinte Autorità Civili e Militari,
Reverendi Sacerdoti, Religiosi, Religiose, Seminaristi,
Sorelle e fratelli nel Signore!
Sono lieto di essere tra voi quest’oggi, a condividere la gioia e la festa della comunità diocesana che guarda alla sua patrona, la Madonna del Conforto, e rinnova ormai da quasi duecentoventicinque anni l’affidamento a Lei. Ella vegli e protegga ciascuno dei suoi figli, e ottenga da Gesù quella benedizione speciale che risplende nella storia delle vostre terre: la consapevolezza della grandezza e della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, che si esprime nell’operosità dei campi, delle vigne e delle imprese, nel genio della letteratura e dell’arte, nella luce che emana dalla vita dei santi e delle sante che hanno fecondato con la loro testimonianza i luoghi della Diocesi. Maria vuole che tutti possano sentirsi a casa sotto il suo manto materno, in compagnia del compatrono il Vescovo san Donato, di San Francesco che a La Verna ricevette le Stimmate, a Santa Margherita, stella di Cortona. La Madonna del Conforto mi perdonerà una menzione speciale al beato Papa Giovanni X, sepolto in questa cattedrale, forse sconosciuto ai più ma il cui pontificato custodisce alcune dimensioni molto attuali per la Chiesa da un lato e per il mio ruolo di Prefetto della Congregazioni per le Chiese Orientali: il suo anelito alla riforma, la tensione alla ricomposizione dello scisma con l’Oriente, l’attenzione alla Terra Santa e, non ultimo, il primo scambio di ambasciatori con la Cina di allora.
Il miracolo del 1796 fa assistere ad una trasformazione progressiva: in un luogo modesto ed angusto di vita quotidiana per i poveri, d’improvviso l’immagine di terracotta diviene pulita e splendente da sporca e incrostata che era. Dopo il suo trasporto in cattedrale una intera parete laterale viene abbattuta per rendere comunicante l’aula liturgica con la Cappella in cui era stata riposta l’immagine della Vergine. Che cosa lega questi eventi di cambiamento improvviso e radicale? La forza della preghiera e la grazia potente di Dio che viene in soccorso dell’umanità in affanno. Si pregava per la liberazione dalla terra che tremava rovinando la città e anni più avanti si invocava la libertà dalle forze di occupazioni francese. A quante sfide è posta innanzi l’umanità lungo la sua esistenza, e quante hanno la forza di sconvolgerla e destabilizzarla, mentre noi siamo un popolo che ha fame e sete di futuro, che anela alla gioia piena e duratura. Spesso però, come canne sbattutte dal vento inseguiamo mete illusorie e fuochi fatui che non illuminano e non scaldano i nostri cuori.
La Parola di Dio che è stata proclamata si rivolge a noi e ci interroga nel profondo. Nel vangelo abbiamo assistito alla premura materna di Maria, che in una festa di nozze a Cana è preoccupata che non venga meno il segno della festa, quel vino che allieta la tavola degli sposi e degli invitati. Ella non ha dubbi, e indica la sorgente: non è soltanto il ritrovarci insieme o la somma dei nostri buoni propositi o lo sforzo della buona volontà di ciascuno, non basta il volersi bene pur così bello di un uomo e una donna che iniziano il loro progetto di vita insieme, non servirebbe a niente l’affannarsi dei servitori o del maestro di tavola o degli addetti alla cucina. Quello che trasforma radicalmente tutte le realtà e le dimensioni che ho enumerato è la presenza di Gesù, che si coinvolge con il mistero dell’esistenza umana, poiché Egli è il Verbo fatto Carne, l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Maria, la Madre, lo sa bene, e osa quasi sfidare suo figlio sollecitandolo a dare un segno del dono che egli è, anche se non è ancora giunta la sua ora, come lui stesso afferma quasi rimproverando Colei che lo ha dato alla luce. E così accade: l’acqua sovrabbondante per la purificazione dei Giudei diviene vino dal sapore intenso e inebriante, la collaborazione operosa dei servi che sanno ascoltare e fidarsi indispensabile, una festa che andava concludendosi ritrova invece il suo vertice. Ecco il miracolo della trasformazione suscitato da Maria, dal suo sguardo, dalla sua fede umile e dal suo abbandono alla volontà di Dio, non soltanto a Nazareth quel giorno dinanzi alla proposta dell’angelo, ma in ogni istante, sin sotto la croce di quel figlio che amava. Ci domandiamo allora dove stia la pienezza delle nostra vita, dove andiamo a cercare la sorgente della nostra gioia, quanto possiamo affannarci nel fare e cercare tante cose, ma senza desiderare la presenza di Gesù nel nostro cammino?
Le immagini della prima lettura sono semplici ed efficaci, in particolare perché descrivono il nostro essere qui oggi, dinanzi alla Madonna del Conforto: da Lei vogliamo essere portati in braccio ed allattati, sederci sulle sue ginocchia ed essere accarezzati, in una infanzia spirituale che è stata di tanti santi, e che non si vergogna di fermarsi e di dire: “da solo non ce la faccio, ho bisogno di te, per questo sono ai tuoi piedi o Madre, prendimi in braccio e stringimi a te”. L’aridità di tanti cuori sembra aver reso sterile la terra, non solo per i figli che non nascono più o la cui vita è spezzata nel grembo delle madri, ma per le violenze e le guerre che flagellano troppe aree del nostro pianeta terra, che non sembra più una casa comune da affidare integra alle giovani generazioni, ma un deserto di egoismi e un incendio che divora in tante forme la dignità dell’uomo. Abbiamo bisogno Signore, del fiume della pace di cui parla il tuo profeta, Isaia, di quel torrente in piena che torna a far splendere la gloria delle genti. Che esso giunga presto nel martoriato Medio Oriente, come chiede senza stancarsi la voce di Papa Francesco, per la martoriata popolazione civile di Idlib, in Siria, nuova parte di quella scacchiera sui cui si muovono i pezzi manovrati dai differente interessi regionali ma che ancora lasciano calpestati e affamati i piccoli e i poveri.L’aver sperimentato lungo i secoli la vicinanza materna e l’intercessione della Madonna del Conforto non può lasciare indifferente il popolo di Arezzo, come ci ha detto san Paolo nella seconda lettura: “Egli, il Signore, ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio”. Ciascuno di noi, dopo aver rivolto i suoi occhi alla Madre di Dio e madre nostra, deve offrire uno sguardo nuovo sulla realtà e sui fratelli che incontra nel suo cammino quotidiano: possiamo e vogliamo essere ciascuno una fiaccola nuovamente alimentata con l’olio della consolazione, per portare speranza con semplici gesti quotidiani nelle nostre case – specie quelle segnate da divisioni o dal mistero della sofferenza – nei nostri luoghi di lavoro, nella nostra città e nel mondo. Tra le altre cose, le vostre terre si distinguono per quelle opere di carità coltivate nelle Misericordie e le Compagnie, che incoraggio a rimanere fedeli alla loro origine e missione, come pure ringrazio tutti coloro che sono impegnati nelle attività della Protezione civile e che trovano nella Madonna del Conforto la loro speciale protettrice.Non stanchiamoci di operare la carità, e alimentiamola sempre con la forza della preghiera, ricordando quanto disse in mezzo a voi, a Piazza Vasari, nel 1993, san Giovanni Paolo II: “la forza della preghiera fa conversione, rinnova la persona umana, rinnova gli ambienti e non passa mai. La preghiera non è mai di passaggio, ma è dell’oggi e del domani.” E vorrei concludere proprio con le sue parole, ricorrendo quest’anno il centenario della nascita del santo Pontefice, che pronunciò al termine il suo atto di affidamento alla Madonna del Conforto: “Bianca regina, Madonna del Conforto, eccoci ai tuoi piedi…cantando ‘tu sei la nostra speranza’ Tu, nostra riconciliazione e nostra pace, Vergine santa del Conforto! Prendici per mano, Madre buona, liberaci dall’odio e dal male, rendici saldi nella fede. Stella luminosa di salvezza, veglia su questo popolo che a te s’affida! Alimenta in ciascuno l’ansia del bene, la solidarietà verso i poveri e gli ammalati, i carcerati e i senza tetto e i disoccupati, verso gli stranieri e chi vive solo ed emarginato. Confortetur cor tuum! Si conforti il tuo cuore, Coraggio, Santa Madonna del Conforto, prega per noi! Amen.”