Sartor: “Il Sinodo guardi ai semi di speranza”

sinodo

“Il Sinodo non è soltanto il volume che sarà pubblicato al termine con le decisioni e i decreti. Quello è certamente un aspetto concreto e utile.
Il Sinodo è molto di più: è il cammino, il fare strada. Un cammino che non comincia oggi, ma che si ricollega alla visita pastorale che monsignor Fontana sta portando avanti, al lavoro che la vostra Diocesi ha fatto fino ad ora con questo Pastore e quello fatto assieme ai suoi predecessori”.

Con queste parole, monsignor Paolo Sartor, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, ha aperto il terzo incontro di preparazione al Sinodo diocesano.

Nell’intraprendere questo percorso, per Sartor occorre non dimenticare un elemento fondamentale: “La Chiesa per definizione non esiste mai per sé, la Chiesa serve sempre. E può sembrare paradossale dire questo all’inizio di un cammino in cui la Chiesa prende qualche momento per riflettere su di sé. Ma la riflessione che sarà portata avanti dovrà essere necessariamente calata nel mondo circostante”.

Oggi non esiste più la Chiesa di 82 anni fa, quando è stato celebrato l’ultimo Sinodo.
Anche per questo – ha sottolineato monsignor Sartor – “avete un’occasione straordinaria: state raccontando, a voi, ai vostri figli, a tutti coloro con cui vi incrociate che avete dei motivi per mettervi a servizio e per essere cristiani”.

La Chiesa di oggi, nell’affrontare le tante sfide del mondo attuale si sente spesso “sballottata”, in balìa, in rincorsa sulle tematiche che interrogano l’uomo.
E questo non necessariamente deve essere considerato un male: “Ogni tanto, il fatto di non riconoscerci troppo capaci, di non sentirici troppo sicuri nei nostri ‘regolamenti’ e nei nostri ‘orari’, può spingerci ad aggrapparci a ciò che veramente conta, la Parola. Ve lo ha ricordato anche Enzo Bianchi, nel suo intervento nel Duomo di Arezzo”.

Dall’altra parte Chiesa è per definizione comunità, comunione: niente di più lontano dalla logica individualista che domina la società contemporanea. “Mai come in passato, oggi è difficile entrare in comunione, servire”.

Ma non per questo la Chiesa può lasciarsi scoraggiare. In particolare, monsignor Sartor individua tre atteggiamenti da evitare all’interno della Chiesa stessa: “Il ‘benaltrismo’, ovvero, quell’atteggiamento di chi considera ogni soluzione del presente inefficace, in confronto con quanto fatto in passato; il cinismo, di chi costantemente dice ‘ci abbiamo già provato, non funziona’; e, infine, il pessimismo di chi vede tutto nero”.

Al contrario, nella Chiesa c’è bisogno di figure come quella di Barnaba che di fronte alla Chiesa giovane e inesperta di Antiochia esorta tutti a restare fedeli al Signore:
“Noi abbiamo bisogno di gente così, abbiamo bisogno di tanti Barnaba. Virtuosi, pieni di Spirito santo e fede che riescano a scorgere quanto di buono esiste ancora dentro le nostre comunità. Persone che vedono il seme e che lo incoraggiano, anche se non viene da loro, anche se diverso da quello che avevano teorizzato fino a quel momento.

Perché il bello sta proprio nel vedere che il seme cresce da sé, anche dove non te l’aspettavi”.

Ed è questo lo spirito che deve guidare il Sinodo: “Siete una Chiesa che ha avuto un’origine e una storia importanti, ma che ora ha bisogno di fare il punto su come è organizzata la propria casa.
Non mettiamo in dubbio i fondamenti: è l’ascolto della Parola che ha costruito e continuerà a costruire la casa, ma di tanto in tanto si ha bisogno di ‘ritinteggiare’, di chiedersi dove si sta andando”.

Infine, l’invito di monsignor Sartor: “Affrontiamo il Sinodo con l’animo di chi dice ‘si può’, di chi crede che si possa costruire”.