Omelia per la Messa della notte di Natale

Figlie e figli carissimi,
Il Signore di dia pace in questa notte santa!

1. Vicino alla gente.

Sì, Dio accanto all’uomo, ad ogni uomo, giacché Dio ha una sola famiglia e tutti gli siamo figli, che ci piaccia o no siamo tutti fratelli. Il Figlio di Dio, si è fatto figlio dell’uomo, Figlio di Maria. Gesù è nato per noi: per smontare il castello delle rivalità, delle inutili contese di cui è segnata la storia, odi e guerre, un numero infinito di ricchi epuloni e un ancor più grande numero di poveri e affamati.
Competizione, egoismo, cattiveria: violenza, concupiscenza e discriminazione è la bestemmia che si insinua anche in questa complessa pagina della storia che stiamo vivendo nel mondo globalizzato, ma non meno sofferente. È il racconto del Genesi davvero ancora attuale. La tentazione di sopraffare gli altri si insinua, come la coda del serpente dell’Eden, nelle storie tra un uomo e una donna, e rende attuali, nel nostro tempo, ancora Caino e Abele.
“Dove sei?” Seguita a chiederci Dio. “Dov’è tuo fratello?” Domanda a quella parte di noi, che crede di avere vinto, di essere più civile e migliore.
Purtroppo anche la sapienza dei sapienti del nostro tempo parte dalla costatazione del reale, non sa essere alternativa, radicalmente capace di puntare sul totalmente nuovo, sulla misura che è il pensiero di Dio, capace di “spezzare il giogo” che opprime l’uomo in ogni generazione: ”Il giogo che gli pesava e la sbarra sulle sue spalle, il bastone del suo aguzzino tu hai spezzato come al tempo di Madian” .
Anche Israele, duemila anni fa, dimentico della predicazione dei profeti, attendeva il Messia, l’Unto di Dio; ma lo pensava forte e potente, significativo nella politica di liberazione dal più forte, dal Romano invasore, capace possibilmente di contrastare i potenti signori del Medio Oriente, senza pace anche in quel tempo.
Arriva davvero il Messia, il Figlio di Dio. Arriva nel silenzio, senza clamore, ignorato dai grandi. Umano sì, ma privo di potenza mondana. È piccolo e nudo, bisognoso di tutti, perfino delle fasce usate, che le donne dei pastori di Bet Shaur portarono a Maria, nelle grotte di Betlemme, nel freddo invernale della “città del pane” Betlemme in ebraico.

2. La voce degli Angeli

Ancora una volta, il problema è “capire”, allora, come in questa Notte Santa, cosa si sta cercando: la salvezza che viene da Dio oppure la realizzazione dei nostri sogni poco efficaci, che naufragano nelle cattiverie già viste della storia.
I pastori di Bet Shaur, che vegliavano un gregge non loro riuscirono a cogliere la voce degli Angeli, a mettersi in moto nella notte, a riconoscere nel Bambino di Betlemme il Figlio di Dio.
Quei medesimi personaggi ci interrogano oggi, felice anniversario di una storia d’amore, dove Dio supplisce all’aridità degli uomini per l’insperata via dell’umiltà, chiedono a me e a ciascuno di voi che mi ascoltate, se siamo capaci di percepire la voce degli Angeli.
La Notte, annunziata da Isaia profeta, e ripetuta da Luca evangelista, è quella esistenziale delle incertezze e del dubbio, in cui vagola ancora oggi il genere umano, la politica, la stessa genia dei pensatori.
Gesù è il nome del bambino di Betlemme, Dio salva davvero, povero e nudo come quando fu inchiodato sulla Croce, e riesce a dare accesso al Paradiso al ladrone pentito, a chi si rende conto della propria miseria interiore, e cerca Dio a Lui si affida.
Siamo venuti in cattedrale per recuperare la tenerezza che è l’esperienza di di Dio che salva, senza escludere nessuno. Lo capì bene San Francesco: “Ogni volta che diceva bambino di Betlemme o Gesù passava la lingua sulle labbra quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole”
Ai fedeli di Ippona, Agostino commenta che Dio, per amore, pure essendo la Parola, sceglie di diventare infante, cioè incapace di parlare, pur di dialogare con noi, che non sappiamo esprimere l’unica identità che ci fa uomini e donne degni, figli di Dio. Papa Leone Magno ci chiede di non dimenticare ciò che Dio ha fatto per noi: “Riconosci cristiano la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare alla abiezione di un tempo con una condotta indegna”

3. Una storia d’amore

Questa Notte Santa è il momento del recupero di una storia di famiglia che ci appartiene, la famiglia di Dio. È, come chi, nell’anniversario di quella storia d’amore da cui si è nati, figli e figlie, ogni volta che ricorre il giorno dell’evento, tornano piacevolmente alle memorie delle nozze dei propri genitori, da cui ottennero d’essere una famiglia.
Sì, il Natale è la storia d’amore di Dio verso l’uomo. Dio, da par suo, non ha bisogno né di ricchezze, né di ostentazione mediatica, né di potere. Ci chiede solo di essere figli per capire quello “Cesare Augusto che ordino si facesse il censimento di tutta la terra” in Roma non seppe mai. Neppure i potenti sacerdoti d’Israele, e neanche gli scribi, dottori della legge, che seguitavano a compulsare le Sante Scritture non riuscirono a capire cosa era avvenuto a Betlemme, perché fuori delle loro aspettative. Stanotte ci è chiesto di non fare come loro. La Parola ci chiede di Stare per comprendere, di fermarci per contemplare, per ritrovare il verso e il senso di quello che accade nella nostra vita.
È straordinariamente facile: lo capiscono anche i bambini di casa tua. Se vuoi capire questa storia d’amore che ti coinvolge ti serve la categoria dell’amore. Così ci si avvicina al Presepe, mettendoci in cammino ancora, alla ricerca di più, alla sequela dei poveri di Bet Shaur o come i piccoli paesani del’Umbria che ascoltarono San Francesco e con lui si misero in cammino verso Greccio: narrarono poi per tutta la vita di aver visto Gesù, nel popolo in cammino che è la Chiesa di Gesù, nei semplici e umili compagni del poverello d’Assisi. Come Maria, consapevole di essere la Madre di Dio, non si dispera per la poca accoglienza del Figlio di Lei, appena nato: piena di dignità, come ai piedi della Croce, seguita a rimanere con la fede accanto a Colui che, anche stanotte “passa facendo del bene”.
Anche a noi è chiesto di rimetterci in cammino, di uscire da quanto è scontato nella nostra vita interiore e riprendere il precorso per incontrare il Signore che cambia la nostra esistenza “ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in queto mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza…del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo”
Se vuoi trovare un posto in quella vicenda che ha cambiato la storia prova a ritrovare il fascino dell’umiltà, e riuscirai a raccogliere il tepore dell’incontro con Dio, che pur di incontrare me e te, che mi ascolti, ha lasciato tutto da parte, fuorché essere uomo, perché anche noi diventassimo figli di Dio.