Il vescovo Riccardo ha celebrato la Messa di Natale in Cattedrale

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“Anche stanotte, in questa madre chiesa di Arezzo, Dio ci ripropone la sua vicinanza: ci chiede l’amicizia. Sta a noi accettarla o  meno, non con un clic sul nostro computer, ma con un profondo movimento del cuore. Ci chiede di far prevalere la fede sulle esperienze difficili e complesse del tempo che stiamo vivendo”, con queste parole – pronunciate all’inizio dell’omelia della Santa Messa di Natale di mezzanotte, celebrata in Cattedrale – S.E. mons. Riccardo Fontana ha espresso il significato profondo del Natale: vivere la nascita di Gesù  come risposta alla paura, non quella delle tenebre, ma quella dell’oscurità del cuore nella consapevolezza che tocca ai cristiani “di ogni generazione raccogliere la luce di Betlemme ‘per dare speranza agli sfiduciati, portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cori spezzati… promulgare l’anno di misericordia del Signore… consolare tutti gli afflitti’”.

“Questo è il Vangelo della notte di Natale: vi propongo – ha continuato il vescovo Riccardo – di rimetterci umilmente nella lunga fila che attraversa i secoli, avviata da quei pastori che furono capaci di ascoltare la voce degli Angeli”. Ed ha ribadito con forza “ci è chiesto solo di essere disposti a uscire dal nostro consueto, pur nella notte delle nostre insicurezze, per incontrare Gesù, che è l’unica vera alternativa alle prove della vita, al male del mondo, alle sofferenze della gente che campeggiano nelle cronache di queste settimane”.
Questo è il Giubileo: “il Bambino di Betlemme in questo modo ci coinvolge a restaurare ‘le città desolate, devastate da più generazioni’, manifestando così il suo progetto e indicando il metodo per realizzarlo”.
“Fissiamo lo sguardo sulla famiglia di Nazareth, ha detto ancora il presule ai presenti, perché la loro fede riaccenda la speranza nelle nostre famiglie e illumini il percorso per venire a capo delle angustie del presente”. Maria prossima a partorire, san Giuseppe con Lei, non accolti da nessuno, costretti ad accontentarsi di una povera grotta, adibita al ricovero degli animali. “Sulle loro condizioni, umanamente difficili, fanno prevalere la fede in Dio: non disperando, vivono forse inconsapevolmente quella esperienza che è la fonte della gioia dell’umanità intera. E’ l’umiltà di Dio fatto bambino che si abbassa al limite della sussistenza umana pur di salvarci tutti. E’ il Verbo divenuto infante, cioè non parlante, che da allora parla da Betlemme, indicandoci la via d’uscita per quanti vogliono un mondo migliore di quello esistente”. 
Occorre fare silenzio dentro di noi per ascoltare la voce di Dio, ha ricordato il vescovo Riccardo perché “la via della interiorizzazione e dell’obbedienza alla volontà di Dio è la fonte della fortezza anche in questo tempo dove la superficialità è sovrana e la banalità si diffonde come un’eresia. La Madre di Dio ci insegna che di fronte alle prove della vita la risposta del credente sta nella paziente educazione della coscienza, nella pratica del discernimento, nella libertà dalle cose. Dio si rivela a chi lo cerca, parla al suo popolo. Per ascoltarlo occorre fare silenzio. La parola di Dio ha avuto il suo compimento in Gesù che è nato e la sua Rivelazione si conclude nella testimonianza degli Apostoli”, sottolineando che “Dio parla ancora per mezzo degli eventi e lo fa anche nel nostro tempo, purché ci rendiamo conto che il male non viene da Lui ma dalla mancanza di solidarietà fra di noi, dallo spettacolo sempre uguale che si ripete nella storia ad opera del maligno”. E l’insegnamento che San Giuseppe ci dà in questi giorni di Natale è proprio quello di agire come Dio ci chiede: con giustizia pietà e misericordia. 
Un grande richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi affinché “si torni a curare le persone anziché le cose: amore, relazioni educative, solidarietà, impegno per il bene comune. Sulla porta della Pieve di San Cristoforo (a Barga, Lucca) i cristiani del medioevo scrissero ‘piccolo il mio, grande il nostro’. Questa è la porta della misericordia”. “La nascita di Gesù nel presepe è il più grande atto di misericordia che Dio ha compiuto verso l’uomo – ha continuato il vescovo Riccardo -. In questo anno santo vogliamo metterci alla scuola della misericordia, cioè di chi ha a cuore i miseri e le povertà del nostro tempo, che non sono solamente materiali. Siamo miseri perché ci siamo fidati delle cose più che di Dio”.
Quindi, se vogliamo fare la scelta della misericordia nella nostra esistenza, dobbiamo adoperarci perché “concordia e pace tornino nelle famiglie, facendo cessare – dove ve ne sono – litigi e divisioni, conflittualità legata al possesso dei beni materiali”. 
L’invito a vivere questo anno Giubilare è allora “l’occasione propizia per tornare a far pace, a parlare, soprattutto con chi ha il tuo stesso sangue, ma anche con i vicini, contrastando l’indifferenza reciproca, che fa somigliare molti centri abitati del nostro tempo, più ad una giungla che ai borghi della nostra tradizione cristiana. Da qualunque Paese del mondo arrivino gli altri, meritano attenzione e considerazione. Si metta da parte la nefasta logica del competere, che avvelena le relazioni umane, trasformando la convivenza in un continuo e sterile conflitto. Non è questa la civiltà del Vangelo. Abbiamo bisogno di tornare a sentirci fratelli, ad avere rispetto del prossimo, a impegnarci per il bene comune”. 
L’invito a non chiudere gli occhi, ma a tenerli ben aperti “per accorgerci delle sofferenze del nostro prossimo”. “Vi sono famiglie che stanno vivendo storie di dolore, perché ferite nelle loro vicende d’amore e di matrimonio – ha sottolineato mons. Fontana -. C’è tanta sofferenza in queste concatenazioni di ferita umanità. La Chiesa deve farsi vicina, deve ritrovare il verso della misericordia e non il prurito del giudizio e il compiacimento del male altrui. Credo che sia necessario fare in modo di aiutare davvero, di fare di più, di fare meglio, aiutando con misericordia chi vuole tornare al Signore”.
Infine, non poteva mancare nell’omelia della Notte di Natale da parte dell’arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro un riferimento alla vicenda di BancaEtruria.
“In questo anno della misericordia voglio ben sperare che chi ha potere di aggiustare le cose, non si dimentichi di coloro che, senza colpa, hanno perso i loro modesti risparmi. Si riprenda verso, senza distruggere, indotti dall’emotività collettiva. Il nuovo che è sorto, comunque fonte di lavoro per centinaia di famiglie, non è saggio che sia danneggiato dalle sofferenze che lo hanno preceduto” e che “i segni della carità operosa che connotano la civiltà cristiana si costruiscono giorno per giorno, fino ad essere naturale riferimento per tutti, frutto del percorso che questa Chiesa vuole riavviare per l’Anno Santo”.
Con l’invocazione alla materna intercessione di Maria, in Arezzo invocata sotto il titolo di Madonna del Conforto, affinché renda fruttuoso questo anno di Grazia, mons. Fontana ha concluso la sua omelia.
Il 25 Dicembre, giorno della solennità di Natale, mons. Fontana presiederà la Messa solenne in Cattedrale a partire dalle ore 10.30; nel pomeriggio, il presule sarà a Sansepolcro per celebrare alle ore 18 la Messa vespertina di Natale.
Il 26 dicembre l’Arcivescovo sarà ancora in Val Tiberina, a Pieve Santo Stefano per festeggiare – nella chiesa che porta il nome del Protomartire Stefano – questa solennità alle ore 11.
Infine il giorno seguente, domenica 27 dicembre, il Pastore della nostra diocesi presiederà alle ore 18 una Messa solenne nel Duomo biturgense per celebrare la festa della dedicazione della Concattedrale di San Giovanni Evangelista a Sansepolcro.
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