Pubblicato lo schema della predicazione di padre Lorenzo Pasquini al ritiro dei preti di San Giustino

50 anni dal Concilio Vaticano II 

  1. “Far risplendere la verità della fede, che libera e che si costruisce nell’amore”
  2. “Cristo vive con noi e possiamo essere felici anche noi” (Ben. XVI, Omilia delle Ceneri)

Anno della fede: primato nella vita cristiana (“Dio al centro della vita” Benedetto XVI)

  1. Centralità della fede nell’esperienza religiosa dei discepoli di Cristo: è la fede che fa il cristiano (in At 2,44 i discepoli di Gesù, subito dopo la Pentecoste, sono definiti oi pisteusanteV)
  2. Paolo VI (1967), anno della fede x i contenuti (quae)
  3. Benedetto XVI: oggi è venuto a mancare è la fides qua, la fede con cui crediamo, la fede come fiducia, come atto umano in cui diventano possibili la speranza e la carità. Decisiva, nel clima di diffidenza della nostra epoca, la fede innanzitutto umana, quella senza la quale Dio non può innestare nell’uomo la fede come dono, come virtù teologale. o La fede-fiducia è un atto di libertà dell’uomo: è entrare in una relazione, in un rapporto vivo, uscendo da se stessi. È una realtà antropologica fondamentale senza la quale non ci può essere umanizzazione, il cammino per realizzare se stesso. 
  4. Abbiamo bisogno di mettere fiducia in qualcuno e di ricevere a nostra volta fiducia da qualcuno, perché non è possibile diventare uomini senza porre e ricevere fiducia.
  5. Prima di essere crisi di fede in Dio è crisi di fede come atto umano, come fiducia nell’uomo, nella vita, nel domani, nella terra, nell’amore.
  6. È sulla capacità di credere che si gioca il futuro dell’umanità: non si può essere uomini autentici senza credere, perché credere è il modo di vivere la relazione con gli altri. o Non è possibile nessun cammino di umanizzazione senza gli altri, perché vivere è sempre vivere con e attraverso l’altro. o La grande sfida del XXI secolo è di re-imparare a credere, affinché Dio possa innestare la fede in Cristo nei cuori degli uomini e delle donne di oggi. o Una comunità ecclesiale che sappia spandere fiducia, che sappia dare fiducia a quanti la frequentano, che sappia narrare la beatitudine della fede-adesione a Cristo, è già evangelizzatrice, è già impegnata in un’opera di trasformazione degli uomini che magari è poco appariscente, eppure vive la condizione più feconda per diffondere la buona notizia del Vangelo.

Sinodo sulla nuova evangelizzazione: frontiera urgente per tutto il popolo di Dio

  1. Il Vangelo prima di ogni forma di vita, prima di ogni ministero, prima di ogni missione.
  2. “Dio nessuno l’ha mai visto” (Gv 1,18). Dio riceve il volto da Gesù, che lo ha “narrato” visibilmente: Gesù, “immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), il vero uomo che Dio ha voluto, generato e inviato nella nostra carne.
  3. Chiamati a narrare Cristo (“Sarete miei testimoni”): assumere uno stile di vita veramente cristiano e per ciò stesso veramente umano.
  4. Il Signore ci accompagna nel ns. cammino… o
  5. Trasforma il kronoV in kairoV 
  6. Evangelizzare prima la propria vita. Per essere evangelizzatori occorre innanzitutto essere evangelizzati (Evangelii nuntiandi, § 15 – Paolo VI, 1975): impegno di una conversione cristiana, faticoso e impegnativo.
  7. “Francesco, restaura la mia casa”: la casa è, in primis, la propria persona.
  8. Il mezzo più straordinario ed efficace di evangelizzazione è la vita vissuta nella dinamica del comandamento nuovo di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 13,34; 15,12).
  9. Gesù ha promesso: “Là dove due o tre si accordano e pregano insieme, io sarò in mezzo a loro”, (cf. Mt 18,19-20). 
  10. L’ entolh kainh afferma: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

Declinazione nella Quaresima

  1. “Vivere in comunione, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti” (Benedetto XVI, Omilia delle Ceneri)
  2. Essenzializzare la vita.
  3. Svincolarsi dalle tentazioni: 1- L’uomo non si definisce per i suoi bisogni, i desideri, le sue realizzazioni, le conoscenze, gli equilibri raggiunti…: “non di solo pane vive l’uomo”). La vita nel tempo, con le sue necessità, è solo la base di partenza di un progetto più grande, un progetto di amore che avvolge tutta la ns. vita (Dio è interessato a noi… Pensati ed amati prima del tempo per essere santi, Lui ci cerca…). 2- Primato della relazione con Dio (“Lui solo servirai”). 3- Maturare un rapporto adulto con Lui (non miracoli eclatanti, ma farsi interrogare, nel percorso del deserto, dalle situazioni che Egli intesse intorno a noi): Dio non risolve i ns. problemi, ma li condivide. Accettare la ns. finitudine-creaturalità (il male ontologico, per liberarci dal quale è venuto il Signore: la ns. vocazione è diventare Dio, dice s. Basilio).
  4. Preghiera  
  1. Crescere nella percezione che è una cosa stupenda il ns. esserci in questo scenario: il meglio poi ha da venire!!!… L’altra riva.
  2. Il Signore Gesù ci aiuta a percorre e significare il tempo che Egli ci dona, condivide la ns. vita e resta con noi fino alla fine, nei sacramenti, nella Parola, nei fratelli. La realtà è una stupenda ricchezza di opportunità: gioire anche nella lettura del grande libro della creazione, che è superimmenso (17 mld di pianeti come la terra nella ns. galassia, mld di galassie nel ns. universo dal raggio di 13 mld e 700 mln di anni luce …)
  3. Nell’annuncio pasquale poi si proclama che, se grande fu all’inizio l’opera della creazione, ancora più grande è quella della redenzione: -> Figli di Dio, saremo simili a Lui.
  4. L’itinerario di preghiera (ars orandi e ars credendi) di Francesco: Signore, che devo fare?… Chi sei tu, Signore?… Deus meus et omnia: sintonia piena che il mio è anche il giorno di Dio.
  5. Liberarsi della mentalità dello schiavo (x il popolo di Israele il cammino è durato 40 anni, simbolo dell’intera esistenza), dell’accattone x assumere quella di figlio: quest’uomo era veramente Figlio di Dio”, come confessa di Gesù morto il centurione (ha sciolto ogni resistenza nell’affidamento a Dio, dopo aver vissuto come un super-dono anche la situazione più buia, aporetica del suo percorso nel tempo).
  6. Giungere a dare del tu a Dio, perché ci sentiamo amati così come siamo e crederlo sino in fondo è la via per scoprirci amabili ai nostri occhi e divenirlo anche con i fratelli.
  7. “Io lo so, Signore, che vengo da lontano… Avrò il coraggio di morire anch’io e incontro a te verrò col mio fratello, che non si sente amato da nessuno”.

È necessario lasciarci guidare dallo Spirito a percepire il vero volto del Dio rivelatosi in Gesù Cristo. Non è un cammino facile. Mi pare bello terminare con questo racconto dei padri del deserto, che certo conoscete

Un giorno un giovane monaco disse ad un anziano: “Abbà dimmi qual è l’opera più difficile del monaco”; e l’altro rispose: “dimmi tu quale pensi che sia”. Il giovane monaco disse: “forse la vita comune”; ma l’abbà rispose: “no, figliolo, prima o poi gli uomini, per cattivi che siano, a forza di stare insieme si vogliono bene”. L’altro riprese: “ma allora qual è, la castità?” “no figliolo, tu senti la castità come problema grosso perché hai trent’anni, ma aspetta qualche anno e tutto si acquieterà”. “Ma allora che cos’è, padre, l’opera più difficile del monaco?
Forse la teologia, studiare Dio, parlare di Dio?” L’abbà gli disse: “no, figliolo, guardati intorno: quanti ecclesiastici parlano di Dio dalla mattina alla sera””A questo punto dimmelo tu, abbà, qual è l’opera più difficile del monaco”.
“È pregare, pregare dando del tu a Dio”. E aggiunse: “ricordati che un uomo, tre giorni dopo morto, di fronte alla presenza di Dio prova ancora difficoltà a guardarlo in faccia, a dirgli padre e a dargli del tu: questa è l’opera più difficile”.

È necessario fare un lungo cammino interiore per accogliere il dono immenso della paternità di Dio, che ha dell’incredibile. Istintivamente, siamo soliti attribuire a Dio il volto che noi abbiamo su noi stessi. Pensiamo che Egli ci veda con gli occhi con cui noi guardiamo noi stessi. E sovente ciò che noi pensiamo di noi stessi è quanto è andato solidificandosi nel nostro cuore attraverso le esperienze che abbiamo vissuto con gli altri. Ed è abitualmente uno sguardo severo, esigente, mai del tutto positivo. Il Dio di Gesù è davvero il totalmente altro! Ed è solo con lui che abbiamo a che fare. Esercitarsi in questa fede, evangelizzarsi, x illuminare poi i fratelli, non è impresa da poco!