Venerato fratello nell’Episcopato, cari sacerdoti
figli e figlie della nostra Chiesa in questa bella comunità del Sacro cuore:
pace a voi!
- Chiesa è partecipare: scopri il ruolo che Dio ti affida
Dopo tre giorni di lavoro e di riflessione assembleare in cattedrale, ci ritroviamo attorno all’altare, con sentimenti di fiducia nel Signore. Non è la presunzione delle nostre capacità a darci il coraggio di avviare le attività che abbiamo deciso di fare in attuazione del Santo Sinodo; l’esperienza della misericordia del Signore, fatta da ciascuno di noi nella vita, ci rasserena: Egli, il Signore, dirigerà i nostri passi e rimedierà gli errori che non sapremo evitare. Ci fondiamo sulla sua Parola: “insegnami i tuoi sentieri, fammi conoscere le tue vie… Ricordati Signore del tuo amore…la via giusta addita ai peccatori…” [1].
La certezza di fare la sua volontà è la nostra pace: a ciascuno di noi è affidato un compito nella Chiesa, un servizio. Nessuno degli operai inviati nella vigna santa è inutile e superfluo, nessuno può rimanere inoperoso. In questa divina Liturgia affidiamo la Comunità del Sacro Cuore al nuovo parroco, ma come lo Spirito Santo ci ha suggerito in Sinodo, questa è l’occasione perché ciascuno comprenda a quale servizio il Signore ci manda. È lui il padrone della messe; a lui solo compete provvedere: Lui, il cui nome, appunto è Provvidenza.
Di nostro mettiamo la fede: ci fidiamo di Dio. Questo popolo si fida di Dio: “continua, o Signore, ad effondere la tua grazia, perché camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna…”[2].
La nostra conversione si avvia se ancora una volta ritorneremo in umiltà all’ascolto della Parola di Dio: “Per evangelica dicta, deleantur nostra delicta”[3].
- Unità d’intenti, unità di metodo, unità d’azione
Nella significativa esperienza comunitaria di questi giorni nel Convegno Pastorale, abbiamo ascoltato, ci siamo confrontati, abbiamo discusso, abbiamo dovuto decidere come avviare l’attuazione di quanto deciso nell’assise sinodale: ci siamo impegnati a costruire una Chiesa tutta ministeriale. Vorrei che al Giotto riprendesse l’entusiasmo con cui, sotto la guida del Vescovo Franco. Oggi gli ho chiesto di farsi presente in questa liturgia, per ricordare a tutti come egli da questa parrocchia fece sperimentare il Concilio nel cuore dì Arezzo.
Volendo vivere quanto abbiamo deciso in Sinodo come un momento di ripresa e di grazia per il n ostro popolo, abbiamo scelto di manifestare la nostra unità, adottando tutti un metodo comune. Ogni comunità ha il suo parroco, ma un progetto comune, confrontato costantemente tra i presbiteri e i laici. Questo è il senso dell’Unità Pastorale.
Insieme è la Chiesa: ringrazio i parroci della nostra Unità Pastorale che, anche se a quest’ora di domenica sono sempre impegnati nelle comunità loro affidate hanno scelto d’essere qui presenti, per condividere di fronte al popolo la scelta di camminare insieme in questa parte della città e di fare in modo che anche i vicini si aggreghino con noi. Con “un cuor solo e un’anima sola” riprendiamo il cammino comune.
Il discorso sul metodo, fatto in questi giorni di affollato convegno ecclesiale nella Chiesa Cattedrale, significa porre i limiti entro cui si snoda la nostra strada; è la porta per addentrarci nel giardino ricco di frutti che il Signore ha preparato per noi. Da questa esperienza comunitaria giova passare per rinnovare il nostro tessuto ecclesiale. Dobbiamo avere attenzione verso tutti, ma non consentire che la pigrizia abbia il prevalere sulla qualità delle scelte, con il pretesto di aspettare chi si attarda sul cammino.
La nostra esperienza di Chiesa deve tornare ad essere il più possibile la testimonianza che rende credibile il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo in questa bella e amata città, dove naturalmente tutti riconoscono il centro della nostra Chiesa Particolare e questa è la nostra identità comune.
- Rispondere a Dio che ci interpella
Nella Parola che abbiamo ascoltato mi pare di scorgere tre parole chiave: grazia, giustizia e obbedienza. Come le gambe di una mensa ideale; meno di tre appoggi non ne può avere, altrimenti cade. Così le tre parole di oggi. La grazia di Dio ci fa giusti a condizione che sappiamo rispondere con obbedienza, alla proposta che viene dall’alto. E’ come dire che di nostro vi mettiamo l’obbedienza a Dio che parla. Egli assicura il suo aiuto, che è la grazia. L’effetto di questa combinazione è che noi siamo giustificati, diventiamo giusti, sono cioè non solo sono rimesse le nostre colpe, cancellati i nostri peccati, ma anche è assicurata qualità umana e dignità di persone al segmento di storia che ci tocca di scrivere e che vogliamo scrivere insieme.
Occorre mettere al primo posto l’obbedienza a Dio che parla. Questa scelta è, come qualcuno usa dire, una scelta di spiritualità diocesana. Vuol dire che noi metteremo al primo posto nella nostra giornata la Parola di Dio. La preghiera stessa vi si colloca dentro, ne è parte. Presuppone innanzi tutto l’ascolto verso Dio che parla. Dio è Parola. Dice Sant’Agostino. come potete immaginare che la Parola non si faccia capire?
Obbedienza non è solo adesione della mente alla proposta di Dio, ma dare riscontro effettivo e reale nei nostri comportamenti alla Parola che abbiamo ascoltato. Prima viene la fede, poi la morale. Invece di giudicare, occorre dare l’esempio. Così riparte la missione. È necessario far seguire le “opere”, i “fatti” alla nostra fede. O meglio onorare con i fatti la nostra fede, che passa dal proposito alla verità solo quando diventa storia: “Verum est factum“. “Porta Coeli”, secondo l’insegnamento dei Padri della Chiesa, è dare riscontro alla Parola di Dio nei comportamenti della nostra vita. Far diventare la nostra vita intera offerta gradita al Signore e cancellare in essa ciò che è contrario al santo volere di Dio.
Anche l’adesione alla Chiesa, alla nostra Chiesa, richiede di passare dalla logica dei propositi, ai fatti della nostra vita. Come abbiamo appena ascoltato nel Vangelo di Mt 21, si tratta innanzi tutto di Obbedienza personale: Sui figli che dicono di sì e poi fanno il contrario, non ci si può contare. Al dire “sia fatta la tua volontà” occorre che corrisponda il “fare” la volontà di Dio, che è insegnata dal Vangelo di oggi, con la similitudine di lavorare la vigna del Signore, che è questa città e il suo grande territorio.
Caro Don Basilio la Chiesa a te chiede quest’oggi di coordinare la porzione di popolo di Dio che ti è oggi affidata. Con l’aiuto dei tuoi nuovi parrocchiani oggi ti affido il tesoro più prezioso della nostra Chiesa: i bambini da avviare alla fede, gli adolescenti da sostenere nelle loro scelte verso la vita, i giovani che si avviano al matrimonio, perché siano affiancati dalla comunità nel difficile ministero coniugale di formare una famiglia cristiana. So quanto sei sinora stato sensibile verso i malati e gli anziani: cerca di tessere anche qui quella stessa rete di amicizie che hanno fatto rinascere in Sansepolcro la comunità di San Paolo.
In questa parte della nostra Chiesa potrai finalmente accogliere e stare vicino a quanti per scelta di vita e per professione segnano la cultura del territorio. La tua larga esperienza internazionale potrà essere valorizzata.
Ti affido in modo particolare i poveri. Mi piace ricordare Don Chiasserini, che qui fu parroco efficace e zelante nella qualità della predicazione, ma anche nella carità praticata, verso chi fu nel bisogno, ma soprattutto verso gli stranieri. Don Angelo fu tra i primi a intuire che chi viene da lontano può essere un grande dono, se accolto e coltivato.
Siamo gli amici di Gesù. Insieme con lui siamo forti. Di nostro c’è solo l’esperienza della debolezza che ci fa solidali con tutti gli altri: con gli uomini e le donne della terra che hanno esperienza di peccato. Attenti a non lasciare Gesù da parte: pregare è invitarlo ad accompagnarci lungo la strada, a fermarsi con noi, a condividere la nostra cena, sul modello di Emmaus.
Crescere nella grazia di Dio, è espressione tipica del Vangelo, ma è anche una serie di comportamenti cristiani: i Sacramenti sono in ordine alle virtù. Nella vita cristiana dobbiamo progettare un cammino che è superamento dei vizi e potenziamento delle virtù: la montagna dalle sette balze. Ti è chiesto Basilio caro di farti guida nel cammino spirituale di questo popolo, in quella umiltà che fa grandi.
Giustizia è dare a Dio il primo posto e al prossimo quello dovuto. Il modello di Gesù, in Filippesi è estremamente concreto: nei gesti: “…non cerchi ciascuno il proprio interesse ma piuttosto quello degli altri…”[4].
- Il “mandato” è espressione della fiducia di una Chiesa: di ogni mandato si deve rendere conto. Ricordatevi, fratelli e sorelle, che non siete voi a proporre voi stessi ma il nostro compito è di proporre il Signore. Siamo inviati a farci capire dai piccoli, dagli adolescenti, dai giovani: abbiamo il dovere di affinare il nostro linguaggio perché sia comprensibile.
Occorre mostrare a tutti lo splendore del Cristo che ha vinto il male e la morte. Questa Chiesa, ricca di ansie e di speranze, di luci e di ombre, ma soprattutto forte della Grazia di Dio, ne è testimone. Così Iddio ci aiuti!
[1] Sal 25,6
[2] Colletta della XXVI domenica per annum
[3] Giaculatoria che il sacerdote dice sottovoce dopo aver proclamato il Vangelo
[4] Fil 2,6-11
LITURGIA DEL GIORNO