Vigilia di Pentecoste 2022

04-06-2022
  1. Il corpo di Cristo e le sue membra[1]

Cari amici, alla Veglia di Pentecoste, la vostra presenza nella Chiesa Madre – la Cattedrale – rende davvero manifesta l’opera dello Spirito Santo, rinnovando, in qualche modo, i due segni che avviarono, all’inizio, il percorso della Chiesa nel mondo.

Sì, voi ci fate sentire davvero cattolici, perché provenite da tante comunità diverse. In questa Assemblea si parlano un numero consistente di lingue, eppure siamo un unico corpo, che è la Chiesa.

Ci date modo, con la vostra vita e le vostre scelte, di esprimere il Vangelo in modo più comprensibile per un numero davvero alto di persone, qui in Arezzo e nel giro delle vostre famiglie nel mondo. Non si tratta infatti di un fatto puramente idiomatico, ma di rendere questa comunità più pienamente cattolica, perché ad essa stanno confluendo, attraverso le vostre persone, culture e stili di vita, di per sé, diversi.

Ci fate anche verificare la comune capacità di inclusione ecclesiale. In qualche modo, stasera si abbattono le barriere, i muri e si costruiscono ponti, nella misura che siamo capaci di esprimere la diversità, che è una ricchezza, senza venir meno all’unità. Questo è il progetto che la Chiesa vuole perseguire nel tempo.

 

  1. La scelta consapevole e libera di essere cristiani

Avete avuto la brillantezza di farvi avanti, da adulti, a chiedere a Dio il coraggio necessario per vivere da cristiani. Il giorno di Pentecoste, sugli Apostoli riuniti, scese lo Spirito del valore e della fortezza, della sapienza e del primato di Dio su tutte le cose.

Per il vostro tramite, stasera, sulla Chiesa aretina si riaccende la luce di infinite possibilità. La vostra Cresima è tutto fuorché un atto formale. Da cristiani adulti, sarete in grado di avvicinare un numero di persone notevole e di far vedere come la Chiesa, che da stasera siete anche voi, vuole fondare sul dialogo la propria storia comune, che, per essere vera, deve essere plurale.

L’immagine che dall’epoca di San Pietro esprime la nostra identità comune è una rete da pesca, che è uno strumento attraverso il quale garantire il cibo a moltissimi, ma è anche una storia fatta di solide connessioni al suo interno. Occorre sempre vigilare, perché non si strappi quello che stasera abbiamo annodato, con il dono dello Spirito Santo.

Abbiamo fatto questo Sacramento con la grande preghiera comune. Mi piace cogliere, tuttavia i segni di cui siamo vicini a servirci, per rendere manifesto ciò che nella preghiera stiamo chiedendo al Signore: in modo particolare, ricordo volentieri la “piccola croce” che tra poco farò sulla vostra fronte con il Sacro Crisma e il fatto che vi presentate accompagnati dai padrini, che sono espressione delle comunità che vi hanno accolto e si impegnano a favorire la vostra azione di cristiani.

Sì, tocca al successore degli Apostoli stendere sul vostro capo le mani, invocando, prima nel silenzio e poi nella preghiera, il dono dello Spirito che vi farà pienamente cristiani. Tocca alla comunità aiutarvi a che non sia una scelta puramente individuale quella che state facendo stasera.

Vi farò poi un piccolo segno di croce in fronte: portate con onore la Croce di Cristo con cui siete segnati. L’Angelo dell’Apocalisse, il giorno di Cristo, riconoscerà questo segno che vi fa cristiani, se sarete capaci di essere fedeli al Vangelo che vi affido.

 

  1. La forza identitaria dello Spirito Santo ci avvia a una storia nuova

Il Sacro Crisma esprime tre dimensioni che manifestano l’identità cristiana. Vi compete di essere liberi come i re e le regine di un tempo, che erano i soli a poter scegliere per se stessi. È il segno della libertà. Pensate che bello se vi riesce di essere donne e uomini liberi. La libertà non si acquisisce se non con un faticoso percorso di vita. Ogni giorno vale la pena confrontarsi con la fatica di astenersi dai compromessi e accettare di misurarsi con il peso delle relazioni, che anche quando sono segnate dall’amore non risultano sempre facili e comode. Cedere è più facile che resistere, tant’è vero che le nostre storie onorano la resistenza, mai la conformità.

Il segno del Crisma dice la profezia, cioè la capacità di esprimere, con tutto il nostro sistema personale di comunicazione, il progetto di Dio. Come fin da bambini siamo riconosciuti appartenenti a una famiglia per i tratti distintivi del nostro volto, che inevitabilmente richiamano quello degli antenati, così, con la forza identitaria dello Spirito Santo, ci è chiesto di rivelare nei fatti quotidiani di essere membri della famiglia di Dio: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri[2].

Uno dei passaggi più significativi della nostra identità cristiana ce la offrì Gesù nell’orto degli olivi. Mentre la turba dei servi del tempio gli metteva le mani addosso, Simon Pietro cacciò la spada e si avventò su Malco, tagliandogli l’orecchio[3]. Alla violenza rispondere con la violenza: Gesù contesta questo comportamento istituzionale perfino della Chiesa, che alla violenza è tentata sempre di rispondere con la logica umana. Gesù, rammentando le legioni degli angeli[4], ci insegna a non avere paura. Ti va davvero di essere cristiano di fronte alla violenza che, prima o poi, ti viene addosso? Rispondere ricordando la tua scelta d’amore: “Rimetti la spada nel fodero[5]. Vince chi ha paura o chi resiste, anche se costa sofferenza?

Ho provato a rilevare che il vostro gesto collettivo, che vi ha portato in Chiesa stasera, è ricco di significati. Questo è l’avvio di una storia nuova che proviamo insieme a far diventare “storia”.

[1] Cfr. 1 Cor 12, 12-27

[2] Gv 13, 34

[3] Cfr. Gv 18, 10

[4] Cfr. Mt 26, 53

[5] Gv 18, 11