I quattro segni della Veglia pasquale sono il fuoco con la luce, la parola, il battesimo e l’eucarestia che esprimono la sintesi della vita cristiana e la spiritualità da recuperare nell’appuntamento annuale della Resurrezione del Signore.
È la liturgia che di per sé dura tutta la notte, il fuoco e la luce, il fuoco riscalda e dà tenore, trasformando quanto è inutile e dannoso nella vita quotidiana: i nostri piccoli e grandi fallimenti. Ci siamo raccolti alla porta della chiesa per dar fuoco a tutte le nostre miserie, alle meschinità. Invocando la Benedizione del Signore abbiamo acceso il cero pasquale che è segno dei nostri propositi; l’alfa e l’omega sono in riferimento alla fede nel Signore risorto che va concretizzata nel tempo. Nelle sue piaghe, Gesù si è fatto carico delle nostre mancanze e ci dà la Grazia di ricominciare da capo perché è davvero risorto ed è presente in mezzo a noi.
Vi chiederete perché il diacono ha cantato l’annunzio che il Signore è realmente risorto, perché questo è il tesoro della Chiesa, l’alternativa che dobbiamo far sapere a tutti, non come un dovere ma come il piacere che allevia e dà senso a una storia che, se diventa noiosa e lunga, triste e faticosa, è la misura della nostra poca capacità di comunicare. Non contiamo la gente che viene in chiesa, don Mazzolari suggeriva di contare i posti vuoti che sono i nostri limiti, quelli che non abbiamo raggiunto, quelli che non gli è importato di essere coinvolti nella Salvezza. Il canto del preconio vuole essere l’annunzio a tutti.
La parola è il secondo passo, da cui raccogliamo cinque esperienze. La prima: siamo il popolo. È bellissimo il libro dell’Esodo, perché di fronte al roveto ardente che bruciava e non si consumava mai, Mosè si fa carico della gente e salva tutto il popolo. Credo che valga la pena prendere la Bibbia, quando tornate a casa. Scoprite il cambiamento di Mosè, trasgressivo fino dalla sua infanzia, salvato da sua giovane sorella che rischia la vita pur di averlo salvo e poi via via una storia che è talvolta molto meschina, ma alla fine si rende conto che Dio gli chiede di cambiare vita.
Poi, era la prima lettura di stasera, viene in campo Miriam la sorella di Mosè, la quale dice basta con le storie complicate, le guerre e i carri, ora si canta e si balla. Noi non siamo più capaci di tirar fuori il senso della gioia di essere salvati e quei tentativi che di tanto in tanto si combinano sono di una noia pazzesca. Credo che dobbiamo invece renderci conto che Dio non ci abbandona anche se sbagliamo. Un’espressione molto bella è quella che Isaia mette in bocca al Signore “potrà mai un uomo dimenticare o non amare la donna del suo primo amore?”, così Dio non ci abbandona, non ci trascura, qual è la promessa? Certo, con un linguaggio molto semitico, è la città ideale. Questo è un tema molto di Pasqua, qual è la città ideale? Pensa ad Arezzo come potrebbe essere invece di quella che è? Qual è il progetto?
Il profeta Ezechiele dice che si tratta di un cambiamento di cuore, ci vuole un cuore nuovo, devi entrare nella Chiesa del Signore da innamorato e da innamorata. Non si tratta di fare delle cose, si tratta di essere diversi, con una pazienza verso se stessi. Ve lo dico per la mia esperienza, ma credo che anche i preti che sono qui sono d’accordo: ci vuole tempo e pazienza con se stessi per riuscire a cambiare il nostro stile di vita, non nel fare ma nell’essere, essere amici di Dio.
L’Apostolo ci fa riscoprire la nostra partecipazione alla vita del Signore, la nostra missione. La vuoi una chiesa bella? Non per le pietre, le luci, i canti. Una chiesa quando è bella? Quando su tutto prevale l’amore.
Il giovane uomo vestito di bianco dentro al sepolcro incontra Maria di Magdala, Maria di Salome e alle donne dice “non è qui tra i morti, andate a dire a Pietro” cioè alla Chiesa intera. Entra nel quotidiano nelle cose di tutti i giorni, vai in Galilea vuol dire ritornate a fare la vostra parte, uscite dalle visioni astratte e complicate, riprendete il vostro lavoro ma fatelo sapendo che Gesù ha sconfitto la morte. Non lo ha fatto per se stesso, ma lo ha fatto per tutti noi. Ci credi nella Resurrezione della carne e nella vita eterna?
Questa è la domanda fondamentale che porremo ai nostri amici che chiedono il battesimo: l’hanno chiesto per un lungo tempo, si sono preparati e ringrazio i catechisti che li hanno aiutati.
Come si fa a fare il nostro cammino di fede? Certo ci vuole l’aiuto della comunità intera, non basta quella aretina, serve quella del Cielo, si chiamano i Santi a raccolta. Poi, non vi faremo passare attraverso il Mare Rosso, ma un po’ di acqua sulla testa diventa efficace come quella del Mare Rosso ed esci cristiano. Esci con il segno del bianco, tanto complicato nel nostro tempo. Però attenti: c’è più innocenza di quella che pare, cerchiamo di non giudicare, di stimare il dono dello Spirito con il quale sarete segnati. Il popolo di Dio è il popolo di quelli che hanno il segno dello Spirito Santo, il segno di Dio.
Poi faremo di nuovo la comunione: se avete litigato con qualcuno cercate almeno mentalmente di proporvi di cambiare stile di vita, non siamo il popolo dei prepotenti, dei supponenti, abbiamo stasera l’occasione per migliorare.
Questi nostri amici che chiedono il battesimo ci danno l’occasione grande per ripensare a tutti noi chi siamo, cosa vogliamo, dove vogliamo andare e con quali mezzi raggiungere questo obiettivo.
È la Chiesa che si fa piccola di fronte al mistero, alla grandezza di Dio che ha avuto misericordia anche in mezzo a questa terribile pandemia. Il Signore aduna il popolo per riuscire a dare il senso vero e profondo di chi si fida di Dio e si avvia a fare meraviglie.