San Francesco 2021

04-10-2021

Carissimi Frati,

Popolo Santo qua convenuto:

il Signore ci dia pace!

  1. Il rinnovamento è un atto di fede

Umiltà, semplicità e gioia[1]. Betlemme e la logica dell’incarnazione sono l’immagine a cui la Chiesa del nostro tempo ha bisogno di assomigliare. Anche la Chiesa del XII secolo, la Santa Madre Chiesa, come il Santo Serafico Padre Francesco amava chiamarla, portava con sé il tesoro del Vangelo e un millennio di esperienza. Il carisma, di cui i nostri Frati sono viventi testimoni, va raccolto anche nel tempo presente come gioiosa alternativa alle tensioni del mondo e delle sue ingiustizie.

Siamo chiamati a leggere le provocazioni della vicenda del poverello d’Assisi alla luce di Gesù, che: “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà[2]. I coetanei di Francesco gli rimproverarono di aver sempre scelto la parte migliore: prima nella spensierata vita cortese dei giovani figli di ricchi mercanti, poi nella sequela esemplare di Cristo. A La Verna mi piace cogliere dal Serafico Padre il coraggio della radicalità. Ci è chiesto di essere vicino alla gente e ad un tempo alternativi al pensiero dominante. Saprà questa Chiesa ritrovare il gusto della diversità?

Occorre farci carico delle generazioni nuove, che, almeno da noi, rischiano di fare superficiali esperienze del sacro, nei lunghi riti dell’iniziazione cristiana; poi nulla. C’è la consapevolezza di non chiuderci di fronte all’ambiente umano in cui ci è dato di vivere, ma al tempo stesso bisogna ritrovare la forza della profezia.

Anche la nostra Chiesa diocesana, che dopo decenni si è riadunata in Sinodo, vuole raccogliere questa sfida: senza possibilmente perdere le novantanove pecore conosciute, andare in cerca di chi manca all’appello[3]. Si tratta di figli di Dio, nostri fratelli, qualunque sia il colore della loro pelle, le condizioni sociali e persino se avessero ideologie non conciliabili con il Vangelo. Abbiamo dimenticato forse la festa di cui fu capace, come narra il Vangelo, il padre del figlio che si era allontanato: non si lasciò condizionare dalle proteste di chi era sempre con lui.[4]

La festa di San Francesco è un invito a porsi ancora in missione. La testimonianza semplice e la vita vissuta secondo il Vangelo furono efficacissimi e lo sono ancora. Cari Frati, in sedici anni, dal sogno di Spoleto al Capitolo delle stuoie, Francesco aveva messo insieme cinquemila giovani votati ai consigli evangelici.

La sua vita non fu priva di difficoltà. Conobbe la Croce nel suo corpo, ma anche nelle relazioni, come attesta “Ove è perfetta letizia[5]. Riuscì a capire che non basta la sequela, occorre imitare Cristo fino a diventargli conforme.

 

  1. Il carisma della fraternità

La Tradizione francescana dà al tema della fraternità una duplice valenza. L’esperienza delle relazioni vicendevoli all’interno del mondo francescano è ancora una provocazione. Dopo secoli, chiamare gli altri “fratelli” e “sorelle” è un modo alternativo di vivere la vita quotidiana. È anche una proposta e una sfida recuperare l’ideale dei rapporti, all’interno della famiglia umana.

Il mondo francescano fu sempre straordinariamente sensibile al tema della missione: portare il Vangelo a tutti. Il Serafico Padre Francesco, pur camminando a piedi, incontrò miriadi di persone e finanche il Sultano d’Egitto Al-Malik Al-Kamil. I primi frati dell’Ordine riuscirono a fare altrettanto, andando a incontrare culture diverse pur di raccontare Gesù a tutti. Mi piace ricordare la vicenda di frate Giovanni da Pian del Carpine, primo missionario in Cina. A evangelizzare le culture romano barbariche fu inviato il Beato Simone da Torgiano, tra gli “alemanni” non ancora cristianizzati. Mi piace ricordare il coraggio dei frati minori anche nei tempi moderni, che, attraverso la carità praticata, annunziarono Gesù ai popoli della Cina, come Sant’Antonino Fantosati, che, minimizzando il suo servizio ai poveri, scriveva semplicemente “non ho fatto nulla di nuovo, ho ripetuto quello che ho sempre visto fare ai miei frati in Umbria. Martire il 7 luglio del 1900, ebbi la grazia di esserne io postulatore.

Creare un mondo fraterno, sovvenire chi è nel bisogno, curare i malati, come i frati minori umbri stanno facendo nel grande ospedale di Perugia, sono testimonianze che l’ideale di fraternità del Serafico Padre è ancor vivo e praticato, forse poco conosciuto.

 

  1. Francesco maestro del rispetto del Creato.

Nel Documento finale il Capitolo generale di quest’anno ci ha offerto cinque inviti che costituiscono un itinerario per tutti noi: un invito alla gratitudine, un invito a rinnovare la nostra visione, un invito alla conversione e alla penitenza, un invito alla missione e all’evangelizzazione e un invito ad abbracciare il nostro futuro. Per i frati minori del nostro tempo tali inviti non sono facoltativi, ma si presentano come criteri necessari per perseverare in un cammino di fedeltà insieme alle cinque priorità dell’Ordine, già note a tutti[6].

Il celeberrimo Cantico delle Creature, ma anche la predica agli uccelli a Bevagna, quando gli uomini non lo ascoltavano[7] ci offre una dimensione alternativa del rapporto del poverello d’Assisi con il Creato. Il Papa, che del figlio di Bernardone ha voluto prendere il nome e la missione, ci ha recentemente rinnovato appelli alla solidarietà in un’opzione preferenziale per i più poveri.

Il Ministro Generale dei frati minori, con il suo Definitorio, in questa festa di San Francesco, ci chiede di essere umili: “Nel contesto della pandemia che stiamo vivendo come umanità, siamo invitati a cercare di fare uno sforzo per leggere la realtà, la storia, la cultura, l’economia e la Chiesa da dove vivono i poveri, i vinti, gli emarginati. In tal modo, con un nuovo sguardo profondo, credente, incarnato e teologico, possiamo abbracciare e lasciarci abbracciare dai poveri e dai vinti[8].

La difesa dei poveri chiama tutti noi non solo a uno stile di vita fraterno, ma anche agli studi adeguati, perché ci sia rispetto per tutti. I frati minori, nei secoli, hanno dato grande impegno a questo tema, come fra’ Luca Pacioli, biturgense, che, con i suoi studi, difese i più poveri dall’orrore dell’usura.

L’ecologia integrale è inseparabile dal bene comune. Il Papa, richiamando San Francesco, ci chiede di non separare la crisi sociale da quella ambientale. Occorre promuovere scelte solidali sulla base della difesa dei più deboli. Se vogliamo una società più giusta non basta celebrare Francesco Patrono d’Italia, se poi non muoviamo la responsabilità civica a farsi carico di quegli ideali di cui il poverello d’Assisi è esempio vissuto e bandiera per le generazioni future.

Credo che dobbiamo trovare il coraggio di condividere gioie e dolori in semplicità e letizia. Come i martiri di Abitene, dobbiamo cercare di combinare l’Eucarestia con la carità e, almeno poco per volta, noi stessi metterci in cammino in compagnia del Signore: “Sine Dominico non possumus[9].

Calcando con i nostri piedi le orme del Serafico Padre, egli ci ottenga la Grazia di progredire ogni giorno nella conoscenza di Cristo.

[1] Lettera del Ministro Generale e del Definitorio per la festa di San Francesco 2021

[2] 2Corinzi 8,9

[3] Cfr Lc 15,3-7

[4] Lc 15,11-32

[5] FF 1836

[6] Lettera del Ministro Generale e del Definitorio per la festa di San Francesco 2021

[7] San Francesco, Legenda maior, XII, 3

[8] Lettera del Ministro Generale e del Definitorio per la festa di San Francesco 2021

[9] Acta Saturnini, Dativi, et aliorum plurimorum martyrum in Africa IX