Fratelli e sorelle carissimi:
il Signore ci dia pace,
in questo giorno santo!
- L’attualità della Pentecoste
Il giorno di Pentecoste a Gerusalemme nacque la Chiesa. Lo Spirito Santo, dono di Dio, discese sugli Apostoli e Maria Santissima, riuniti nel Cenacolo.
Avevano passato cinquanta giorni di timore. Erano incerti della loro sorte, avendo visto come Israele aveva trattato il Maestro. Maria aveva confortato la Chiesa nascente, invitando gli Apostoli a fidarsi di Gesù.
Come una colomba che ti piomba addosso, la prova di quei giorni fu raccontata attraverso alcuni simboli molto eloquenti per chi proveniva dalla cultura ebraica e conosceva la Scrittura. Ancora una volta l’esperienza dello Spirito che scende scuote le persone, come, appunto, una colomba che d’improvviso ti volasse vicina. Era già successo al Battesimo di Gesù nel Giordano[1], all’inizio della vita pubblica del Signore. La presenza di Maria, l’ancilla Domini grazie alla quale avvenne l’incarnazione, dava a quella Pentecoste il senso dell’inizio[2].
Il fuoco dei grandi eventi profetici[3], come quello che ad Elia aveva dato la certezza dell’intervento di Dio, esprime l’entusiasmo con cui Pietro e gli Undici riuscirono a farsi capire dalla gente, narrando le meraviglie del Cristo resuscitato e del suo Evangelo. Era il rovescio di Babele[4], dove i popoli avevano smesso di comprendersi vicendevolmente.
Il fragore[5] delle grandi occasioni nella Bibbia segna l’inizio di una predicazione semplice ed efficace che svela il progetto di Dio. Agli Apostoli si aggregano stranieri di ogni parte della Terra allora conosciuta. Erano Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Cappadocia, dell’Asia, dell’Egitto e della Libia vicina a Cirene; ma c’erano perfino dei Romani. E poi gli Arabi, i Greci, i Giudei.
Quando il dono dello Spirito Santo si unisce all’ardore degli Apostoli nasce la Chiesa, che per la via della carità è capace di farsi capire da tutti.
- Mandi il tuo spirito e rinnovi la faccia della Terra[6]
In questa complicata fase del mondo d’oggi, stravolto da un’infezione dilagante che si è sparsa nei mesi sovvertendo tutto, anche noi abbiamo bisogno del nuovo: un senso forte di attesa segna questa fase della nostra storia.
Oggi è Pentecoste: non già nel Cenacolo di Gerusalemme, ma in questa grande Basilica, che da secoli ne fa le veci in Arezzo, avviene qualcosa di simile.
Anche noi, con trepidazione, si riparte annunziando il Vangelo e invocando il dono dello Spirito. Un gruppo di amici venuti anch’essi da lontano, come gli uditori della prima predica di San Pietro, ci chiedono il Battesimo e di confermare la loro fede con il segno del Crisma. Li ammetteremo tra breve alla Santa Eucarestia. Due di loro hanno deciso di trasformare questa sera il loro matrimonio naturale, con il Sacramento nunziale.
Il nuovo avanza, purché ci liberiamo dal rimpianto di storie passate che non torneranno. Come successore di quegli Apostoli che erano nel Cenacolo, torno volentieri ad attestare a tutti che Gesù è veramente risorto, vivo e presente in mezzo a noi. Dio Padre non ha smesso mai di sostenerci e aiutarci in ogni fase della nostra storia. Come il dono dello Spirito fece avviare la Chiesa, io prego stasera che questi giovani adulti che chiedono i Sacramenti ci aiutino a scoprire la novità di Dio, la forza della sua Parola e la bellezza della Grazia.
- La Chiesa, Sacramento della presenza di Cristo nel mondo
Lo Spirito del Signore che fa nuove tutte le cose[7] ci chiede di cogliere quanto sta avvenendo nei segni sacramentali, che ci apprestiamo a compiere. Dio ci offre stasera la possibilità di costruire ancora una volta la Chiesa sulla fede e sulle opere.
A noi che siamo cresciuti nell’esperienza cristiana ci è chiesto di rinnovarci, rafforzati dallo Spirito nell’uomo interiore[8], per accogliere i nuovi arrivati e passare dalle parole a una carità concreta e vissuta.
Ai nuovi cristiani che usciranno stasera dalla Cattedrale chiediamo che, con la loro presenza nelle nostre comunità parrocchiali, ci aiutino a dal loro il buon esempio.
Il segno della Chiesa che vediamo rinascere per opera di Dio prende corpo se vorremmo dare ascolto al Signore, praticando il Vangelo e rinnovando le istituzioni con la giustizia; insegnando alle giovani generazioni che sono in mezzo a noi che fortezza e profezia vengono soltanto dall’uomo interiore che siamo chiamati a curare e a far crescere.
“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti”[9]. È la sera della vocazione, cioè tocca a ciascuno di noi cogliere cosa Dio ci chiede, per diventare capaci di ricostruire una società che sta diventando forse più povera di mezzi materiali, ma non necessariamente meno bella. Forse non appariscente, ma di alta qualità umana.
La tradizione ebraica di Shavuot, la festa delle sette settimane dopo Pasqua, che oggi ricorre anche per Israele antico, è per ricordare al popolo la certezza che Dio parla; è vicino e ci benedice. Non sono solo i frutti della Terra i segni di quella antica Benedizione del Monte Sinai e della Torah, ma la possibilità di costruire una storia tutta nuova nel segno della speranza. Dio è fedele e non ci abbandona, neanche stasera mentre il sole all’occidente, attraverso il grande rosone istoriato da Guillaume de Marcillat, riempie di luce diafana questa Cattedrale ricordandoci che stiamo per ricevere anche noi il dono dello Spirito.
È come un passafuoco che le generazioni antiche ci hanno tramandato, perché anche noi ritroviamo il gusto incantato di aver parte allo spettacolo multicolore che Dio non cessa di offrire agli uomini e alle donne d’ogni tempo, perché ci confortiamo vicendevolmente nell’edificare nella pace la “civiltà dell’amore”[10].
[1] Cfr. Mc 1, 9-11
[2] Cfr. At, 1, 14
[3] Cfr. 1Re 18, 28
[4] Cfr. Gen 11, 9
[5] Sal 77, 19
[6] Cfr. Sal 105, 30
[7] Cfr. Apoc 21, 5
[8] Cfr. Ef 3, 16
[9] 1Cor 12, 4-6
[10] L’espressione « civiltà dell’amore » è stata usata per la prima volta da Paolo VI il 17 maggio 1970, festa della Pentecoste