Stupore e meraviglia sono le prime reazioni degli Apostoli, quando le tre donne che erano corse al sepolcro per fare i riti consueti nella tradizione ebraica tornano e dicono che hanno visto un angelo. L’angelo ha detto che “Cristo è Risorto!” e gli ha comandato di dirlo a Pietro.
La liturgia, con il Salmo 117, canta in tutto il mondo “questo è il giorno che ha fatto il Signore”, esultate e testimoniate. La piccola comunità degli Apostoli, la madre di Gesù in mezzo a loro, le donne che avevano seguito e aiutato durante gli anni di predicazione si accorgono che toccava a loro. La meraviglia quando si rendono conto che, andando al tempio a pregare, incontrano uno storpio e, con la Parola di Gesù, lo risanano. Immagina se capitasse a te. Eppure siamo di quella compagnia. Sì, non soltanto nel giro delle cose straordinarie, come siamo abituati a cercare, ma a questa Chiesa, che a cominciare dal Vescovo è peccatrice, ha il potere di Gesù. In questi giorni, quante persone sono tornate al Signore a fare il Sacramento della Riconciliazione, quanti, sentendo dire che è Pasqua, hanno fatto una revisione della loro vita. Qual è il cambiamento?
Il frutto della Pasqua, la novità cristiana è che si prende coscienza che ora tocca a noi. Alla Chiesa di Colossi, Paolo dice “Risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”[1]. Ci sono tanti esempi, i nomi dei Santi, quelli antichi di quando eravamo bambini, ma ancora oggi se fai memoria di Giovanni Paolo II, di Paolo VI – il Papa del Concilio – della capacità di rinnovarsi che questa Chiesa ha mostrato, ripeteremo con la Liturgia: Surrexit Christus spes mea.
Tuttavia, su questa parola ci perdiamo spesso. Speranza vuol dire, anzitutto, attesa fiduciosa. Quanti personaggi, che sembravano invincibili, sono passati. Le prime testimoni della Resurrezione di Cristo sono le donne. La fede passa attraverso le donne, che sanno insegnare ai piccoli che Gesù Risorto arriva e si fa presente. Esultate e Testimoniatelo. Facciamo festa, perché Gesù è vivo. “Vi precede in Galilea, dove lo vedrete”[2]. La Galilea è il luogo quotidiano, è il lavoro di ogni giorno. A noi cristiani è chiesto di far vedere la potenza della fede, che si manifesta lungo il tempo – ecco la speranza – nelle cose di ogni giorno.
Pasqua, nella Chiesa Madre della Terra d’Arezzo, noi siamo qui nel Cenacolo a dire cosa posso fare per cambiare le paure della gente, le difficoltà che ci sono. Sapete, amici, il peggio sarà quando la gente avrà finito del tutto quei poveri risparmi. Quando ci sarà bisogno di solidarietà, occorre uscire dall’egoismo e ci farsi solidali a cominciare da quelli che abbiamo vicino e poi con tutti gli altri.
Pasqua è un progetto di carità grandissima. Non ci vogliono soldi, ci vuole cuore e di fare memoria delle grandi donne che hanno punteggiato il nostro tempo. Quando Santa Teresa di Calcutta è andata nell’antica India, curando i più poveri, ha stupito il mondo. Quando Francesca Cabrini, vedendo il Porto di Genova pieno di migranti, ha deciso di andare con loro, perché non perdessero la fede e il coraggio.
Ora noi ci piangiamo sempre addosso. È Pasqua amici, il nuovo sta qui, questa è la Galilea. Cerchiamo di capire un’Arezzo solidale dove si discute di tutto, ma al momento opportuno si è solidali.
Ancora, come al Cenacolo, ad ascoltare l’annunzio delle giovani mirofore, anche ad Arezzo, c’è Santa Maria, la Madre di Dio. Sarà il caso di ridare speranza alla gente con la quale oggi farai il pranzo di Pasqua? Questa è la Benedizione. Il Signore è veramente Risorto e ci precede in tutte le meraviglie che potremo e sapremo fare, se rispondiamo come Maria: “Sia fatta la tua volontà”.
[1] Col 3, 1
[2] Mt 28, 7