Permettetemi di salutare con riconoscenza l’Arcivescovo Fortunatus Nwachukwu. Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra. A lui si deve il gran dono di avere tra i nostri Chinonso, che a momenti ordineremo prete.
- “Chiamò a sé quelli che egli volle”[1]
La Chiesa aretina ha un motivo speciale per gioire in questa “Dominica Laetare”, la domenica della gioia. Chinonso, sinora uno dei nostri giovani seminaristi, per il ministero di questa Chiesa particolare, diventerà prete.
Il Vangelo stesso ci dice che questa nuova identità è voluta dal Signore. È un grande privilegio essere fatto partecipe del sacerdozio ministeriale di Cristo, al quale tu questa sera scegli di corrispondere generosamente. Caro Chinonso di tuo c’è certamente la disponibilità all’obbedienza verso Dio che ti chiama.
Non è soltanto una scelta di come farti presente nella società umana. Neppure è l’assunzione di un ruolo. È invece una grande grazia che stravolge la tua vita, orientandola a Dio e al prossimo.
Come Maria interpellata dall’Arcangelo Gabriele, così te per entrare nell’ordine soprannaturale avvii un triplice modo d’essere, come la scrittura ci insegna. Gli Apostoli furono e tutt’ora sono chiamati “perché stessero con Lui, per mandarli a predicare, con il potere di scacciare i demoni”[2]. Ci è chiesto di avere prima di tutto un rapporto continuo e forte con il Signore Gesù. Poi tocca a noi raccontare a tutti la bella notizia che Dio è Padre e ci ama, come abbiamo ascoltato nel vangelo di Lc 15. “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.”[3].
Ogni padre vero, come Dio, trova conforto con i tre segni del vangelo: l’anello dell’uomo libero, l’abito della festa e i sandali per riprendere il cammino, perché ciò che conta è andare avanti, non il male che viene dallo spirito del mondo. Per questo nella Chiesa alcuni di noi sono chiamati a presiedere la festa che è l’Eucarestia, piamente riconciliati se abbiamo sbagliato e chiamati a costruire il futuro. Stasera tutte e tre queste dimensioni le affidiamo a te, nostro giovane amico che diventi prete.
Ci è chiesto di dare la nostra opera da ministri del Signore per contrastare il male con la Parola di Dio ed educare il popolo che ci è affidato, per rappresentare con il servizio pastorale Gesù Buon Pastore.
- Un cambiamento profondo di vita: “Agere sequitur esse[4]
La riflessione del grande Tommaso d’Aquino, dalle brume del medioevo, torna ancora provvidenziale mentre stiamo pregando per fare uno dei nostri partecipi del ministero sacerdotale di Cristo.
Quando ero un giovane seminarista, avrei voluto essere subito pastore dei giovani, conforto degli anziani, sostegno dei bisognosi. Il mio vecchio parroco mi prese con garbo da parte e mi disse: “Stai attento! Alcuni giorni vorresti correre avanti, altri combini poco o niente. Fidati della Chiesa e fai con coscienza quello che ti viene chiesto: la Chiesa e i suoi ministri sono guidati dallo Spirito Santo, che è la sapienza che fa tesoro del cammino secolare del popolo di Dio e ci chiede di essere obbedienti.”
La grande tentazione del nostro tempo è concepire il prete in ordine a quello che fa o potrebbe o dovrebbe fare, meno a quanto la sua identità manifesti la vocazione santa, che coinvolge tutti i giorni della nostra vita.
Dio ci liberi dai preti autoreferenziali, piccoli signori di un piccolo popolo: la diffusa “ecclesiologia feudale”, dove ciascuno crede, nel suo ambito, di fare quel che vuole, cosa gli sembra meglio. La Chiesa è comunione. Se non si lavora insieme il Regno di Dio non cresce. Prima di essere parroco, assistente di un gruppo ecclesiale, responsabile di un servizio, bisogna ricordare ogni giorno che si è parte del presbiterio, la cui guida nella fede è affidata al successore degli Apostoli, non al più al più potente. Bisogna imparare ad ascoltarci e a stimarci vicendevolmente.
Il prete vero lo è a tempo pieno. Il riposo è necessario, ma quando scegli di essere ministro del Signore, rinunci a fare quello che vuoi, ad andare dove ti piace, a preferire le evasioni dal lavoro quotidiano, attraverso il quale tu mostri al popolo che ti è affidato l’amore che hai per ciascuno di loro.
Da cristiani dobbiamo imparare ad essere “sicut unum corpus”, la Chiesa. San Paolo ci insegna ad avere come stile di Chiesa, che il Signore ha voluto simile al corpo umano, nel quale ogni parte è necessaria per il bene di tutti. Ogni parte è un tesoro se sa mettere le proprie diversità al servizio comune, nel rispetto delle diversità degli altri.
- Al servizio della gente
San Marco dopo aver descritto quale sia la fonte del sacerdozio cristiano degli apostoli, ciascuno chiamato dal Signore al servizio del Vangelo e la loro missione, narra che Gesù cambiò loro il nome, che nel linguaggio ebraico significa cambiare perfino la propria identità.
- “Sacerdos propter populum”, non per sé stesso. Caro Chinonso, stasera ti impegni a pregare per la gente a cui sarai inviato. Fai in modo che il popolo ti riconosca attraverso il tuo impegno a sostenere ciascuna persona che ti è affidata con una continua intercessione presso il Signore. Ricorda sempre che la preghiera è efficace e aiuta tutti.
- Il Vangelo stesso ci insegna quale sia la virtù del pastore che va in cerca della pecorella smarrita. Il prete, nel tempo che stiamo vivendo, non è un dispensatore di servizi, ma egli stesso servitore degli altri e si fa carico della salvezza di tutti nel nome del Signore.
- La Chiesa è madre di misericordia, che esercita particolarmente attraverso noi, sacri ministri. Il nome cambiato, cioè l’identità sacerdotale da costruire o ricostruire giorno per giorno. Ci è chiesto di insegnare, non di giudicare il prossimo
- I tria munera ci chiedono di essere in continua conversione, cioè di guardare avanti. Sant’Ignazio di Loyola con molto realismo ci insegna che quando sbaglierai, non ti devi perdere di coraggio, ritorna al Signore.
- Finalmente il Signore ci dona ancora un prete
La nostra è una Chiesa bellissima, ma in questa fase della sua storia di 17 secoli, è fortemente povera di preti. Speriamo che questa preghiera di ordinazione, attraverso la quale tu lasci il seminario, per fare da prete, faccia muovere qualche giovane, che è qui presente in cattedrale, o che sentirà raccontare la grazia del tuo ministero, a rispondere al Signore che chiama.
Liberiamoci dai luoghi comuni che guardano con disappunto e con prevenzione la generazione nuova. Ci sono moltissimi ragazzi, sui quali la Chiesa può contare e deve farlo, per essere fedele al Signore.
Cerchiamo d’essere all’altezza del nostro ministero. Dio è certamente fedele e non lascerà che il suo popolo rimanga senza i necessari ministri.
Caro Chinonso, un pensiero particolare voglio rivolgerlo a tua madre e alla tua famiglia, soprattutto a quella che è lontana da qui. Dio li ricompensi per la tua scelta di missionario: hai deciso di accogliere l’invito di noi che siamo nel bisogno e ti abbiamo chiesto aiuto. La Chiesa è cattolica. Non contano le diversità etniche, ma la fede comune.
[1] Mc 3, 13ss
[2] Mc 3, 14-15
[3] Lc 15,20
[4] San Tommaso d’Aquino. Summa contra gentiles I, 43.2