Figlie e figli carissimi,
Iddio ci dia pace
in questo giorno bellissimo
in cui diventiamo strumento di Dio,
perché un nostro fratello diventi padre e pastore del popolo cristiano.
- Come Gesù, per rispondere al popolo che anche oggi cerca parole di vita eterna
Caro Fra’ Andrea, in tempi ormai lontani i tuoi genitori ti portarono al Sacro Fonte perché tu diventassi cristiano. Certamente, l’efficacia del Sacramento dell’acqua ebbe immediato seguito, ma sappiamo tutti bene che altra cosa è essere battezzati, altra ancora è riuscire a mostrare la trasformazione avvenuta in ciascuno di noi, ad opera dello Spirito Santo. Essere parte del popolo di Dio è dono della Grazia divina. Imitare Gesù richiede una profonda mutazione: il dominio di sé e dell’egoismo innato, vincendo gli effetti del peccato d’origine. Come Insegna San Bonaventura: “colui che guarda attentamente il Crocifisso…compie con Lui la Pasqua, cioè il passaggio, affinché con la verga della croce attraversi il Mar Rosso, dall’Egitto passando al deserto, dove possa gustare la manna nascosta”[1].
Con la Professione Religiosa, hai manifestato alla Chiesa e al mondo il tuo impegno a fare del Vangelo la regola della tua vita. Sono entrambi percorsi iniziati che hanno necessità di essere perfezionati, perché chi incontra noi faccia un’esperienza di Cristo, per la somiglianza con il Salvatore che, in ciascuno, vogliamo che sia viva e presente.
Quest’oggi di più: tu chiedi a uno dei Successori degli Apostoli di farti partecipe del Sacerdozio Ministeriale di Gesù. Quanto sinora è avvenuto in te risponde all’antico adagio medievale: “agere sequitur esse”[2]. Da questa Santa Assemblea, adunata nei luoghi di Margherita – capace di riscattare, con la qualità, ogni carenza nel mondo –, tu uscirai diverso.
L’autore liturgico assegna a questa domenica XVII del Tempo Ordinario la meraviglia della moltiplicazione dei pani, preannunziata da Eliseo, cantata nel Salmo 144, testimoniata dal giovane Apostolo Giovanni, che ci dice come Gesù, che il popolo voleva fare Re visti i prodigi compiuti, non pensa a se stesso e agli onori del mondo, ma a quanti accorrono alla ricerca del senso della vita.
Una chiamata forte tu ricevi stasera a non pensare e non cercare l’affermazione di te, ma la risposta di Dio per tutti coloro che incontrerai.
- Sacerdos et victima[3]
È molto facile pensarsi e dirsi «sacerdote», ma, giacché siamo cristiani e, nel tuo caso, impegnati con voto alla ricerca della perfezione, nella via disegnata dal Serafico Padre Francesco, stasera si anticipa nel tempo la conformatio Christo, che tu hai riguardato fin dalla giovinezza come ideale di vita.
In obbedienza alla Chiesa, per anni hai vissuto la tua Consacrazione nella Santa Russia e in mezzo alle popolazioni un tempo parte dell’impero dell’Est. Poi, hai scelto il Primo Ordine di San Francesco e, in questo, pregando e studiando, hai chiesto a Dio di dare ulteriore forma alla tua vocazione al servizio dei poveri, con una vita regolata, con la preghiera e la carità praticata.
La divina Misericordia ha voluto che le mani di Cristo che spezza il pane sopravvivessero nelle nostre persone, perché il pane di Gesù seguitasse ad essere distribuito al popolo affamato di Lui, il Figlio di Dio, a cui Pietro riconosce di avere parole di vita eterna[4].
Da questa sera in poi, ti è affidato per il resto della tua vita di predicare il Vangelo, ma anche di sfamare il popolo che incontrerai, in cerca di essere illuminato di essere illuminato sul senso della propria vita.
Divenendo collaboratore degli Apostoli, tre tesori ti sono affidati: ascoltare e percepire i bisogni e le aspettative della gente, che cerca una Chiesa credibile, una Chiesa di Cristo capace di fermarsi per comprendere, di essere attenta la voce dei poveri, che è sempre voce di Dio.
Ti è chiesto d’ora in poi di aiutare, in ogni modo, la gente ad abbattere i muri di separazione e di costruire ponti di vicendevole dialogo. La Chiesa non ha nemici: l’unico che seguita, finché esiste il tempo, a tormentarla è l’angelo ribelle, il Satana che divide. Se sarai capace di far capire a quanti cercano Dio che è più cosa quanto ci unisce, di quello che ci separa, riuscirai a far calare l’utopia nella storia.
In mezzo al popolo adunato, sarà tuo compito, fin da questa sera, sempre e dovunque sarai, far scoprire la presenza di Dio. So bene che non esistono scorciatoie; so anche che la fede è capace di far muovere e di ricollocare gli alberi che credevano di essere ben piantati nel giardino del mondo: “In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”[5].
Tu ripeterai, nella divina Eucaristia, le parole di Gesù nell’Ultima Cena e la fede di tutto il popolo cristiano, nel pane che è nelle tue mani e nel vino che avrai disposto nel calice, riconoscerà la presenza reale del Cristo.
- Il Ministero Sacerdotale
Esiste un fortissimo legame tra il Vangelo e la divina Eucaristia, talché, fin dalle origini della Chiesa, il Martire Giustino afferma che il culto per eccellenza della Chiesa richiede il popolo adunato, il Vangelo ascoltato e interiorizzato e il pane eucaristico, che diventa strumento di comunicazione con Dio e tra di noi. Così, peraltro, il Nuovo Testamento descrive la Santa Agape: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”[6].
Quanto assumi stasera non è un privilegio, ma un servizio. Gesù Cristo è il sacerdote: “Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso”[7]. A chi vuol seguire le sue orme compete di adunare il popolo cristiano, che è un’operazione complessa, faticosissima, come far percepire a tutti che essere un popolo è come essere un solo corpo. Questo risultato si ottiene offrendo se stessi.
Il nostro sacerdozio non è una condizione di prestigio, ma la fatica di una vita spesa nella conformazione a Cristo, perché gli altri possano riscoprirsi parte attiva e consapevole del popolo di Dio.
Conficere Eucharistiam[8] non è seguire le rubriche del Messale, ma sforzarsi di vedere i bisogni altrui e di ascoltare gli altri in questo tempo in cui vi è una difficoltà di linguaggio, superiore a quella della Torre di Babele. La via maestra per ottenere questo frutto non è il fare, ma l’essere. Non basta fare gli atti sacerdotali; occorre essere come Gesù, pronto a spendersi totalmente al servizio degli altri. La misura è la carità di Cristo in Croce.
Per le vie d’Assisi, attorno ai luoghi francescani, si ricordano i nomi dei tanti memorabili frati che spesero la vita per aiutare chi era nel bisogno e riuscirono a fare opere che vinsero la loro stessa morte, come Fra’ Ludovico da Casoria, che primo al mondo si fece carico dei bambini nati con più di una disabilità.
Il martire del tuo stesso Ordine nel secolo scorso, Sant’Antonino Fantosati, di cui ebbi l’onore di essere postulatore, scriveva dalla Cina, in una delle sue ultime lettere ai suoi paesani di Trevi: Cosa ho fatto io di speciale? Ho fatto solo quello che ho visto fare fin da bambino ai miei frati: aiutare chi era nel bisogno, dar da mangiare agli affamati e illuminare con i rudimenti della cultura quanti neppure sapevano né leggere né scrivere.
Santa Margherita, nella cui chiesa hai voluto ricevere il presbiterato mostrò a tutti che la carità è più importante della nostra vita precedente. Preghiamo per te che ti riesca di giorno d’essere credibile cristiano, riconoscibile figlio di San Francesco, indefesso servitore del Vangelo in mezzo alla nostra gente.
[1] San Bonaventura da Bagnoregio, Itinerarium Mentis in Deum, VII 2, in Opuscoli teologici/1, Città Nuova Editrice 1993, pag. 565
[2] San Gregorio di Nissa, L’ideale perfetto del cristiano, PG 46, 283 286
[3] Cfr. Litanie Jesus Christi Sacerdotis et Victimae
[4] Cfr Gv 6,66
[5] Mc 11, 23-24
[6] At 2, 42
[7] Eb 7,26-27
[8] San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III° q. 82 a. 7 arg. 2