Ordinazione di don Aldo Manzetti, Omelia dell’Arcivescovo

21-10-2013
  1. La missione nella Chiesa diocesana

È la Giornata Missionaria Mondiale. Oggi la Chiesa intera è invitata ad accogliere la missione che Gesù ha affidato ai suoi: proclamare «il Vangelo ad ogni creatura»[1]. La Comunità diocesana oggi fa suo il mandato del Signore, che ci dà la gioia di ordinare presbitero Aldo Manzetti della nostra parrocchia di Moncioni. Sentiamo che ci appartengono le parole del Profeta: l’Altissimo ci dà «una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto»[2]. Gioite con me di fronte al dono di Dio.    

     Dopo avere a lungo pregato, la promessa si avvera nel sacramento dell’Ordine: la grazia di Dio ci concede di generare il nostro futuro. La potenza dello Spirito, la shekhinah, si posa su don Aldo, trasformandolo nella sua interiorità, nel suo essere, perché sia egli stesso un dono per la Chiesa che lo ha generato alla fede e al ministero. Al prete, infatti, è chiesto di essere, come Gesù, a un tempo «sacerdos et hostia – sacerdote e dono»[3]. Un dono per cosa, si chiederanno i tanti giovani presenti stasera in Cattedrale? Aldo dona la sua vita per questo popolo, consacrandosi a Dio, come ciascuno di noi sacerdoti il giorno della nostra ordinazione. Siamo commossi e grati a Dio, ma anche chiamati a verificare quanto la nostra promessa fu praticata nella vita, quanto riuscimmo a far trasparire il fascino oggettivo del sacerdozio. Siamo ministri della Parola e dei sacramenti. Predicando il Vangelo al popolo nasce la Chiesa, che è il Corpo di Cristo mistico, sacramento primordiale della Nuova Alleanza. Ci è affidato di fare l’Eucaristia, luogo della presenza sacramentale di Cristo. Gesù ha voluto continuare la sua presenza in mezzo a noi attraverso il ministero, che oggi partecipiamo al nostro fratello Aldo, perché diventi come noi «maestro della Parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità cristiana affidatagli»[4]. Nella fatica della predicazione e dell’apostolato, che talvolta è una grande croce con cui si fa scoprire la bontà di Dio a ogni generazione, nella pazienza della formazione delle coscienze alla fede, nella paternità che perdona in nome di Dio e accompagna alla vita eterna il sacerdozio cristiano prende forma e rinnova l’opera di Dio in mezzo al suo popolo.

Quest’oggi con Aldo, che è un dono di Dio per tutti noi, si riavvia il cammino verso la terra promessa, verso la novitas di Dio, che è sempre alternativo alle miserie del mondo, al peccato, alla schiavitù dei luoghi comuni: si riavvia nella virtù cristiana della speranza una sorta di esodo, di uscita dai mali che ci rattristano, una rinnovata promessa di Paradiso.

A voi preti di questa generazione giovane toccherà individuare e praticare forme nuove di presenza del sacerdote in mezzo al popolo di Dio, perché il Pastore sia sempre più vicino alle pecore, soprattutto alle novantanove che parrebbero fuori dall’ovile. Il Vangelo è perenne, ma l’organizzazione del servizio della Chiesa è sempre mutevole nel tempo, tenendo conto che prima vengono le persone da raggiungere, poi le istituzioni delle parrocchie e della diocesi.

2.Chiamati alla santità, nell’unità della Chiesa

     Oggi si compie nella grande assemblea la promessa del Signore. La vocazione soprannaturale che ha cambiato la vita del giovane uomo che ci sta di fronte, è ordinata a predicare il Vangelo a ogni creatura, perché davvero c’è bisogno di salvezza, come insegna san Paolo agli Efesini. Tanti davvero ne sentono il bisogno, molti chiedono al popolo di Dio, illuminato dalla sapienza del Vangelo, di fare da punto di riferimento nel turbinio della storia. 

     Questa grande preghiera è il luogo teologico dove si manifesta quanto Dio è fedele verso di noi. Attualizzando nella vita di ogni giorno il sacerdozio di Gesù, unico sacerdote della Nuova Alleanza, don Aldo entra a far parte del nostro presbiterio. Dona la sua vita nella promessa di collaborare con i successori di san Donato e con tutti i membri del presbiterio aretino, cortonese e biturgense. Sarà un prete credibile se gli riuscirà d’essere distaccato dalle ricchezze della terra, con una storia d’amore indivisa per questa Chiesa, nella pratica del celibato.

     Fratello e figlio carissimo d’ora in poi la tua vita appartiene a Dio e alla sua Chiesa, come insegna l’Aquinate: «Sacerdos propter populum – il sacerdote è per il popolo»[5]. Quello che assumi stasera in Duomo non è un lavoro, non ha orario; il sacerdote non bada a se stesso, al proprio interesse, ma al bene degli altri.

     Ci sono, invece dei tesori dei quali stasera ricevi la chiave. La certezza che Dio salva attraverso il tuo ministero, se saprai stargli vicino nella meditazione della Parola e nella preghiera quotidiana; l’esperienza che non vi è benefattore più grande del popolo che vivere bene da sacerdote, sul modello del Signore; la letizia e la pace di Cristo che nell’esercizio del sacerdozio potrai seminare il bene a piene mani, nel campo di Dio che è il mondo. Il prezzo che ti è chiesto per queste inestimabili ricchezze è che tu viva una vita conforme al Vangelo: non rincorrendo le mode del tempo, ma spendendoti ogni giorno come la candela che si consuma per fare luce: non per eventi, ma nel girotondo dei giorni.

     La santità sacerdotale si persegue nel servizio, con una scelta preferenziale verso i poveri, che comunque saranno sempre con noi: sia quelli che non hanno il necessario per vivere, sia quelli che credono di avere tutto e ancora non hanno scoperto Dio.    

     Il Santo Vescovo di Ippona ci insegna che saremo pastori veri del gregge di Dio «se non presumeremo dirvi cose nostre. Infatti, se diremo del nostro, saremo pastori che pasciamo noi stessi, non le pecore […]. Quanto al compito dei ministri, è di curare il bene del popolo […] non debbono mirare al proprio tornaconto ma al bene di coloro dei quali sono i servi»[6].

 3. Affrontare con fede il cammino verso la terra promessa

     «La messe è molta, gli operai sono pochi»[7]. La scrittura ci insegna che siamo servitori del popolo di Dio, non padroni: a tutti noi sacerdoti è chiesto di vivere per la missione, non di compiacerci in ruoli cristallizzati dalla consuetudine. Lasciamoci interpellare dal fatto che il rapporto con la gente è profondamente cambiato nella nostra cultura. Chiediamoci perché del sacerdozio spesso poco rifulge, anche nelle famiglie cristiane, il fascino e la bellezza. La stanchezza «ideologica» che alcuni manifestano non aiuta certo i più giovani a seguire l’esempio dei pastori: la Chiesa, nella persona e nel magistero del Papa ci chiede ancora entusiasmo: ci prospetta la croce del Signore, non privilegi umani. L’opera della nuova evangelizzazione del nostro territorio richiede di ritrovare nella preghiera e nella vicinanza al Signore il gusto di appartenere alla «Compagnia degli Apostoli» e a spendere la vita per Lui, Gesù Signore.

     Il sacerdozio non è una funzione, ma un modo d’essere; appartenere a quel filo d’oro che attraversa tutta la storia della Chiesa, dal Cenacolo di Gerusalemme alla nostra vicenda. Il Signore si fida di noi.

     Occorre leggere i «segni dei tempi»[8], anche quelli positivi. Ogni nuovo seminarista che si affaccia alla vita diocesana è un segno efficace della benedizione che il Signore effonde a piene mani sulle nostre fatiche e una speranza che si realizza. Prego che ogni comunità della nostra diocesi torni a scoprire qual grande dono sia avere tra i propri giovani chi, con generosità, si avvia alla sequela di Cristo Sacerdote.

     Insegna san Gregorio Magno: «Per una grande messe gli operai sono pochi. Di questa scarsità non possiamo parlare senza profonda tristezza, poiché vi sono persone che ascolterebbero la buona parola, ma mancano i predicatori. Ecco, il mondo è pieno di sacerdoti, e tuttavia si trova assai di rado chi lavora nella messe del Signore. Ci siamo assunti l’ufficio sacerdotale, ma non compiamo le opere che l’ufficio comporta».[9]

          Nella Chiesa di san Donato la proposta è palese: vivere il sacerdozio significa donarsi. Nella misura di questo servizio che intendiamo offrire a Dio, riuscirà far sperimentare anche a questa generazione come sia possibile «portare il lieto annunzio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri e promulgare l’anno di misericordia del Signore»[10].

          A questo don Aldo il Signore ti chiama, per la voce della tua Chiesa, gli occhi attenti sul tuo ministero, perché sia sempre illuminato dalla luce del Signore.

          La Santa Madre di Dio ti custodisca nella pace di Cristo e ti faccia ogni giorno felice del dono soprannaturale che stasera ricevi.



[1] Mc 16,15

[2] Is 61,3

[3] Cf. San Tommaso d’Aquino, Summa Theol. III, q. 83, a. 1, ad 3.

[4] Congregazione per il Clero, Il presbitero maestro della Parola, ministro dei Sacramenti e guida della Comunità in Vista del Terzo Millennio, Introduzione, 19 marzo 1999

5. Cf. San Tommaso d’Aquino, Summa Theol. III, q.82, a.3  «sacerdos constituitur medius inter Deum et populum. Unde, sicut ad eum pertinet dona populi Deo offerre, ita ad eum pertinet dona sanctificata divinitus populo tradere».

[6] Sant’Agostino, Discorso XLVI,3

[7] Lc 10,2

[8] Beato Giovanni XXIII, Cost. Ap. Humanae Salutis, indizione del Concilio.Ecumenico. Vat.II, n° 4

[9] San Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, Omellia XVII,3, Città Nuova, 1994, vol . II, p.201

[10] Is 61,1-2