Evviva Sansepolcro!
L’incontro con le realtà della vita religiosa, la festa dei giovani, la parola delle autorità anche civili, la presenza dei preti e diaconi di questa terra e tutti voi che oggi partecipate a questi primi miei passi a Sansepolcro e qui alla celebrazione eucaristica racconta per me un po’ del fascino del Natale. A Natale si vive l’armonia, l’amicizia e l’accoglienza, una preghiera più semplice e partecipata, il desiderio di fare pace e vivere l’incontro e la gioia di dare agli altri i nostri doni… Voi oggi con la vostra presenza mi state regalando tutto questo. E anche in questo modo inizio a muovere i miei passi nella nostra diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Un caro saluto ai fratelli vescovi presenti, il vescovo Luciano di Gubbio e Città di Castello e il vescovo Renato di Belluno-Feltre. E il grazie anche al vescovo eletto di Civita Castellana, il nostro Marco Salvi.
A tutti, da subito, il mio grazie. Un po’come i pastori che se ne tornarono da Betlemme “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto…”.
“Quello che avevano udito e visto…” racconta il vangelo del Natale.
Udire e vedere sono i verbi che emergono anche nelle letture di oggi, solennità di san Giovanni apostolo ed evangelista, patrono di Sansepolcro e liturgicamente anche il rinnovarsi della festa del Natale.
La seconda lettura, dalla prima lettera di San Giovanni, si sofferma sul tema della testimonianza e dell’annuncio. La Chiesa nasce proprio da questo annuncio. E l’autore fa riferimento a “quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono…, quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunciamo anche a voi…”.
La pagina del profeta Isaia, presentando la sentinella che custodisce il cammino del popolo Israele, annota: “Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, poiché vedono con gli occhi il ritorno del Signore in Sion”. E prosegue il profeta: “Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio”. Una profezia che ruota attorno all’esperienza del vedere.
Anche il vangelo riprende questi verbi.
È la mattina di Pasqua, un altro Natale della vita, è i due discepoli, Pietro e Giovanni, corrono al sepolcro vuoto. Giovanni arrivò per primo e “si chinò, vide i teli posati là…”. Anche Pietro, entrando, “osservò i teli posati là e il sudario…”. E infine l’altro discepolo, Giovanni, annota il vangelo, entrò e “vide e credette”. Il tutto era partito dall’udire la parola di Maria di Magdala che aveva gridato allarmata: “Hanno portato via il mio Signore dal sepolcro”.
La Parola di Dio in questo giorno natalizio che viviamo oggi nuovamente, accompagnati dal cuore di san Giovanni, ci parla di atteggiamenti quotidiani e ben definiti: vedere, udire, toccare… e quindi annunciare.
Il movimento di questi verbi, vedere, udire, attribuiti all’esperienza cristiana, che è sempre esperienza pasquale, annuncio del Cristo Risorto, anche nel mistero del Natale, del bimbo nato a Betlemme, ci consegnano un cammino di credenti e una avventura cristiana che è ben lontana da un eventuale spiritualismo e distacco dal mondo e dalla vita. L’esperienza cristiana è vedere, udire, toccare, cioè entra nella carne e nella storia della vita dell’uomo e della donna, nella nostra vita e si presenta come estremamente concreta e personale.
Il Natale che annuncia il Signore che viene, l’Emmanuele, il Dio con noi, è evento che tocca concretamente la storia e la vicenda umana, la nostra vita. Noi nel Natale siamo chiamati a vedere, udire e toccare: il Natale non è solo poesia e letizia, ma è l’accoglienza nella vita, nella nostra vita, della presenza di Dio. E allora egli viene a visitare le nostre famiglie, talvolta anche ferite, le attese della nostra vita, abita anche i nostri fallimenti e il nostro peccato e poi entra nelle nostre relazioni e nel nostro cuore… e ancora: visita il nostro mondo, i più poveri e gli emarginati, chi è nelle terre segnate dalla guerra e chi è di altre religioni… Egli viene ed entra nella concretezza della vita.
Il Natale è invito ad incontrarlo, ad ascoltare la sua parola, a vedere i suoi gesti, la sua vita, fino al dono della croce…
E allora… Nella tua vita? È venuto il Signore? Lui è nato, è natale, ma sei capace tu con la tua vita di vedere, udire, toccare questa presenza.
Oggi in questa festa ci è fatto appello a lasciarci vedere, udire e toccare dal Cristo, Gesù bambino,perché sia Lui a visitare la nostra vita.
Vedere, udire e toccare è poi soprattutto l’esperienza di Giovanni, il discepolo amato. Così egli viene indicato nel vangelo, il discepolo amato e non si tratta di un posto di predilezione, quasi fosse il migliore o colui che era il preferito, ma questa definizione indica il posto di tutti agli occhi di Gesù, al vedere, udire e toccare di Gesù. Giovanni è il discepolo amato; noi… io, te… siamo il discepolo amato. E il cammino di fede consiste proprio nella scoperta di questo: tu sei il discepolo amato.
Giovanni è colui che si è sentito davvero visto, ascoltato e toccato… cioè amato.
Allora cosa hanno visto Pietro e Giovanni? Cosa ha visto Giovanni nel suo essere testimone?
Vedere, udire e toccare… l’amore per te, come Gesù ti ama, che per te ha riservato questo posto davanti a Lui, il discepolo amato.
Ed è annuncio da portare, è l’annuncio che desidero condividere, forse gridare io con voi: tu sei il discepolo amato, così ti guarda Gesù e dunque… vedi, ascolta, tocca il suo amore per te.
La pagina di Isaia e anche le parole di san Giovanni ci ricordano che dall’incontro con il Signore, dal Natale, nasce l’annuncio, la testimonianza… “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunci” e… “quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto… e che le nostre mani toccarono… noi lo annunciamo anche a voi”.
E come si può vivere l’annuncio? Si tratta solo di usare parole, di fare prediche e proclami? Non solo certamente… Vedere, udire, toccare indica lo stile della missione. Portare il vangelo richiede di portare parole, sguardi rinnovati, un modo nuovo di vedere e soprattutto di toccare il fratello, quel toccare che è la carità.
In sintesi si potrebbe dire che udire, vedere, toccare è il linguaggio dell’amore. Così si testimonia, così si ama. Cosi, amici, potete essere voi testimoni del vangelo e quindi amare.
Così diceva san Francesco: “Predicate il vangelo e se è proprio necessario usate anche le parole”.
Carissimi, proprio un mese fa iniziavo il mio ministero episcopale nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e proprio oggi muovo i miei primissimi passi proprio qui, a Sansepolcro.
Mi accompagna oggi san Giovanni apostolo ed evangelista, mi lascio prendere la mano da Lui.
San Giovanni è anzitutto apostolo, cioè amico di Gesù. Sento che mi invita ad essere amico di Gesù, in mezzo a voi, vescovo, come l’amico di Gesù. Il Signore, Gesù è lo sposo della Chiesa e noi, anche il vescovo, siamo gli amici dello sposo, di Cristo. Lui è lo sposo…
San Giovanni è evangelista, annunciatore. Egli quindi mi invita a non trattenere nel mio cuore la buona notizia, ma di mettermi in cammino e per le nostre belle vallate della diocesi portare l’annuncio più bello, quello dell’amore di Dio e raccontare a tutti: tu sei il discepolo/a amato/a.
Buon festa Sansepolcro! Buon Natale Sansepolcro…