Omelia per la Messa per il Papa Leone XIV

Omelia del Vescovo nella Cattedrale di Arezzo
05-06-2025

Viviamo questa celebrazione come rendimento di grazie per l’elezione del nuovo vescovo di Roma, il papa Leone XIV, come preghiera per Lui e il suo ministero petrino e si aggiunge anche la particolare intenzione di invocazione del dono dello Spirito santo in questi giorni che precedono la Pentecoste.
Abbiamo sentito anche noi l’azione dello Spirito nei giorni del Conclave e sappiamo che è lo Spirito a guidare la Chiesa.

La Parola di Dio proclamata tratteggia alcuni elementi della figura del pastore nella comunità, quindi in modo principale per il pastore universale, il papa.

Un primo elemento che emerge dalla pagina evangelica è il legame tra Gesù e il Padre di cui Gesù stesso parla. “Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”. E poco prima aveva detto: essi “contemplino la mia gloria”.
Si tratta di arrivare alla conoscenza del Padre e di annunciare l’amore del Padre attraverso una vera relazione con Gesù.
I pastori nella Chiesa, il papa sono chiamati a vivere in stretta relazione e intimità con il Signore, il Maestro, lasciandosi guidare da Lui nell’orientamento della vita al Padre.
C’è un primato che il papa deve vivere: il suo rapporto e riferimento al Signore Gesù. E’ Lui da ascoltare e seguire; è Lui da servire e amare; è Lui da annunciare e testimoniare.

La pagina degli Atti ci consegna un tratto della missione e della testimonianza di Paolo.
E’ un apostolo in catene, in procinto di essere giudicato. Eppure in questa condizione di privazione e di limite egli non smette di annunciare il Cristo: “sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti”.
E’ la predicazione che anima e accompagna tutta la missione di Paolo e anche le condizioni avverse e di prigionia non gli impediscono di annunciare. La contrarietà al vangelo, gli ostacoli, le difficoltà non impediscono all’apostolo di portare il vangelo e di esserne testimone.
Papa Leone dovrà promuovere e tenere vivo l’annuncio, la testimonianza nel tempo della Chiesa che sarà chiamato a guidare, senza lasciarsi intimidire da difficoltà e ostacoli che potranno presentarsi. C’è un primato e una forza dell’annuncio che attraversa i tempi e le vicende della Chiesa. Il papa è chiamato a testimoniare questo vangelo nel tempo di Chiesa che ci sarà dato.
E simpaticamente il riferimento finale della pagina degli Atti ci porta a Roma.
E’ la parola del Signore che viene detta per Paolo, ma che possiamo immaginare sia oggi ripetuta per papa Leone: “Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma”.
Sono parole per il papa: Coraggio; testimoniare le cose che mi riguardano; anche a Roma.

Un ultimo aspetto emerge dal vangelo ed è la preghiera di Gesù per l’unità dei cristiani: “che siano una cosa sola”.
Sappiamo come fin dal primo giorno papa Leone ha richiamato l’urgenza del tema della unità nella Chiesa e come egli interpreta in questo orizzonte il suo ministero di papa.
Gesù ci ricorda che la prima strada per l’unità è la preghiera. Egli stesso prega il Padre perché siamo una cosa sola.
Il ministero del papa è proprio l’essere principio di unità per tutta la chiesa, come colui che presiede nella carità tutte le chiese.
Non è un esercizio di potere questo, ma un servizio di carità, perché tutti siano uno.

Stare con Gesù, testimoniare il vangelo e la vita della Chiesa in ogni circostanza, con coraggio, pregare e lavorare per l’unità. Tutto questo sembra essere il programma del pontificato di papa Leone e questo gli auguriamo di vivere, accompagnandolo con la nostra preghiera.

Su di lui e su tutta la Chiesa invochiamo il dono della Pentecoste, dello Spirito santo perché sia Lui ad ispirare e guidare, confortare e inviare.

Così commenta Agostino a proposito dell’unità.
Come dunque vedete che esprime unità tutto quel che è stato fatto, così anche voi siate uno, amandovi, mantenendo l’unità della fede, l’unità della speranza, l’indivisibilità della carità. Quando questa cosa la ricevono gli eretici, ricevono una testimonianza contro se stessi, perché essi vanno cercando la divisione, mentre questo pane è segno di unità. Allo stesso modo anche il vino era in tanti acini e ora è una cosa sola; è uno nella soavità del calice, ma prima è stato spremuto nel torchio. E anche voi, dopo quei digiuni, dopo le fatiche, dopo l’umiliazione e la contrizione, ormai nel nome di Cristo siete confluiti in un certo senso nel calice del Signore. Siete dunque qui sulla mensa, siete qui nel calice. Tutto questo lo siete insieme con noi. Insieme infatti ne prendiamo, insieme ne beviamo, perché insieme viviamo. (discorso 229).

+ Andrea Migliavacca