Venerati fratelli nel Sacerdozio,
figli e figlie:
facciamo quattro passi insieme dentro
Con i colori dell’arcobaleno si avvia il percorso della Quaresima. Il Signore ha ridotto in cenere il nostro peccato: ha dato la sua parola di non abbandonarci. Ha fatto con noi un’alleanza (Gen 9,13). La sua forza è la nostra forza. Quali che siano le prove della vita, non ci perdiamo di coraggio. Sappiamo di poterci fidare di Dio: “Egli è la roccia; perfetta è l’opera sua” (Deut 32,4). I colori dell’arcobaleno sono i suoi santi e le grazie con cui in molti modi ci è vicino.
1. La vita dell’uomo è un pellegrinaggio
Come ai tempi di Noè, anche oggi tra la nascita e la morte il tempo è assai breve, non va sprecato: ogni persona ha un cammino da percorrere. Sta a noi decidere se la vita è solo un susseguirsi di giorni, oppure un pellegrinaggio. Dipende dalla meta che ci poniamo: lasciarci vivere, o metterci in cammino verso
I Quaranta giorni di Quaresima sono un ideale pellegrinaggio nel tempo, un’esperienza ricca di molte valenze. Sono il ricordo di quei quaranta giorni, in cui Gesù digiunò nel deserto (cfr Mc. 1,13); quaranta giorni ci separano dalla Pasqua. Sono memoria del tempo in cui il popolo di Dio, attraverso il deserto, fece l’esperienza dell’Esodo. Ricordate: l’Israele antico, liberato dall’Egitto dell’oppressione, impiegò quaranta anni per giungere alla terra della promessa: “per quarant’anni li hai nutriti nel deserto e non è mancato loro nulla” (Nee. 9,21). I quaranta giorni di Quaresima sono infine immagine della vita: per i cristiani la vita è una preparazione alla Pasqua eterna, quando il Signore ci accoglierà nella sua gran festa, alla fine dei giorni.
Nella misura che
2. Il cammino cristiano: dall’ascolto della parola, alla riforma della vita
Se vuoi fare spazio allo Spirito, al primo posto va l’ascolto: non dunque una Parola solo proclamata; c’è bisogno di interiorizzare
Ecco il senso di questa stazione quaresimale, il pellegrinaggio che fai per incontrare
Abbiamo ancora detto, nella preghiera d’inizio di questa Messa, che vogliamo testimoniare la nostra fede con una degna condotta di vita. I nostri ragazzi trovano difficoltà a fare i cristiani, perché difficilmente vedono nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle comunità, una corrispondenza tra le parole belle che si dicono e i fatti concreti della vita.
Il Papa ci chiede di esercitare anche noi la misericordia. Occorre cambiare il nostro stile di vita e farci carico dei più poveri e dei bisognosi: Siamo in una fase della storia in cui prevale l’egosimo. In questo tempo di difficoltà economiche molti sono tentati di pensare a sé. E’ necessario levarci qualcosa di nostro, qualcosa che hai “di più”, perché a chi ti è prossimo non manchi il necessario. Non è solo una questione di beni materiali, ma di sensibilità e di stile di vita: questo è parte della nostra cultura cristiana.
I ragazzi vanno educati alla diversità. Se noi stessi viviamo come i pagani e abbiamo come scopo della vita lo stesso di quelli che sono senza Dio, come potranno gli altri vedere che noi siamo il popolo di Dio? Santità è il nome cristiano della diversità. Questo tempo di Quaresima è l’occasione propizia per tornare ad essere autentici e credibili.
3. L’arca di Noè: il restauro della Chiesa che siamo noi
In varie parti della diocesi stiamo attenti a che le chiese e perfino le cappelle minori siano tenute in ordine e vengano restaurate dove ve n’è bisogno. La venuta del Papa tra di noi è l’occasione perché mettiamo mano ad un gran progetto di restauro interiore e umano.
Il mondo è lo specchio di Dio, ed è buono e ben fatto. Ma nelle nostre mani la creazione va a pezzi.
S. Pietro c’insegna che Dio anche ai nostri tempi è tanto paziente da intervenire perché non scoppi tutto ciò che esiste, come ai tempi di Noè, mentre il patriarca fabbricava l’arca (I Pt 3,18ss). Qual è il cantiere dove si costruisce l’arca? E’ dove noi, il popolo di Dio, facciamo cose giuste, e ce ne sono tante. Vorrei dirne qualcuna. Vorrei dire dei circa quattrocentocinquanta ragazzi che in coppia si sono sposati durante quest’anno. Mi direte: ma il matrimonio è una cosa giusta? Sì, amici, è proprio una cosa giusta avviare una famiglia. Vorrei ricordare tutti i bambini che sono nati. Dobbiamo ringraziarne il Signore e dire la nostra gioia ai genitori che hanno superato l’egoismo e si sono messi nella splendida avventura che è un figlio.
Con
Ancora, S. Pietro insegna che siamo stati tutti battezzati, cioè immersi, coinvolti. Ve la immaginate, una gran barca, come l’arca di Noè, se fosse rimasta fuori dell’acqua? Bisogna invece immergersi, non fare le cose per farle, ma farle per amore di Dio. Ritroviamo il gusto di essere cristiani, ritroviamoci tutti! E’ ancora vero, che se tu cambi quel pezzetto di mondo che è affidato a te, quel piccolo giro di amici, quelli che ti sentono al telefono, quelli con cui condividi lo stesso tetto, le persone che conosci: se ti dai da fare lì, tutto il mondo cambia e matura.
4. Questa quaresima è il tempo della nostra conversione
Il Vangelo è la nostra forza. Abbiamo ascoltato che Gesù si recò in Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “il tempo è compiuto. Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,14). Il tempo è compiuto. E’ questo il tempo della salvezza. Raccoglietela con me, stasera, la provocazione di Dio, che t’invita ora. Questa è per te l’ora di Dio. E’ questo il modo per prepararsi ad accogliere Pietro che viene a trovare Donato.
Ci vogliamo fidare di Dio? Ritroviamo il fascino d’essere fedeli a Dio. Come i nostri martiri occorre resistere alle logiche pagane che ci circondano. Il Regno di Dio è a portata di mano. Che è possibile praticare il Vangelo va detto a tutti, “sopra i tetti”, dice San Matteo (Mt 10,27): va detto anche ai nostri giovani che non trovano lavoro, che sono un po’ sbandati e demotivati. Bisogna rifare spazio al Vangelo, perché nel nostro tempo, nella nostra civiltà ce n’è rimasto poco, di tempo per il Vangelo. L’opinione pubblica ha bisogno di recuperare il profetismo dei cristiani.
Il Vangelo della riconciliazione è affidato a noi. Io vorrei che tutte le donne della nostra Chiesa stasera ritornassero a casa con la voglia di prendere ago e filo e di mettersi a rammendare, non i panni, ma gli strappi che ci sono, le divisioni della nostra società toscana che è intrisa di fede. Forse, c’è qualcuno dei tuoi parenti che non ti parla, e, se anche avesse torto, è Pasqua! Vogliamo rammendare questo strappo? Forse, c’è qualcuno cui, se tu glielo dicessi, si riavvicinerebbe al Signore; perché non ci provi? Probabilmente, nella tua famiglia hai perso il coraggio di dire la domenica: Andiamo a Messa?
C’è bisogno di cambiare il modo di pensare, questo dice il Vangelo. Convertirsi vuol dire cambiare il modo di ragionare. Noi ragioniamo con una mentalità mondana, siamo lontani dal Signore. Stasera siamo saliti in questa antica badia, presso San Torello, sulle orme dei vostri Padri, per ritrovare noi stessi: è molto bello vedere che, a forza di incontrarci, la nostra Chiesa torna a riunirsi, a comunicare, a interagire. Questa grande aula è il segno dell’unità.
Credere al Vangelo vuol dire fidarci di Gesù, prendere per vero quello che dice, avviarsi con lui nell’avventura cristiana, preparandoci intensamente perché il 13 maggio Pietro possa davvero incontrare Donato. Ci è dato di attraversare il deserto, è difficile e arida la nostra vita? Come Gesù, ci è chiesto dallo Spirito di avventurarci nel deserto, e ancora una volta, se sapremo resistere alle fiere della cattiveria, della tentazione, del maligno, ci saranno gli angeli pronti a servirci.
Questo è l’invito che, all’inizio della Quaresima, rivolgo al cuore di ciascuno di voi. Vorrei riuscire a parlare al cuore del popolo, per vedere di ritornare tutti insieme al Signore: